Il rapporto tra spazio e tempo, la relatività e la fisica quantistica sono i temi alla base del suo lavoro, che unisce arte, fisica, cosmologia e informatica. Attraverso le parole dell’arte, cerca di rendere visibile l’invisibile per fare in modo che lo sconosciuto non diventi un antagonista, ma piuttosto un’occasione di stupore o di poesia. Luca Pozzi (classe 1983) è l’artista interdisciplinare italiano che si è aggiudicato il primo VDA Award – il premio interamente dedicato all’arte digitale Italia promosso da Var Digital Art by Var Group con “Rosetta Mission 2022”, e che ha da poco completato una commissione per un collezionista privato trasformando una chiesa sconsacrata del Seicento lombardo in un tempio laico cross-disciplinare che esplora le frontiere tra arte contemporanea, gravità quantistica e antiche pratiche divinatorie orientali.

Laureato in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, si specializza in Computer Graphics e Sistemi. Collabora con comunità scientifiche visionarie, studiando gravità quantistica e fisica delle particelle che traduce poi in installazioni ibride con sculture magnetiche, oggetti in levitazione e realtà aumentata. Esponendo in musei e gallerie in tutto il mondo, Pozzi è noto per immagini stranianti che suggeriscono un senso di tempo sospeso. Tra i suoi lavori più noti, la serie fotografica “Supersymmetric Partner”, l’utilizzo di tecnologie a levitazione elettromagnetica e installazioni immersive in ambienti storici.

Nel 2022, ha fatto parte della rosa di artisti della 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano, all’interno della mostra Unknown Unknows. An Introduction to Mysteries, curata dall’astrofisica Ersilia Vaudo insieme all’architetto Francis Kéré – Pritzker per l’architettura 2022. I lavori in mostra portavano al pubblico, sotto diverse forme, il mistero di ciò che non conosciamo, dei processi invisibili di una natura parallela, e lo facevano cercando una via poetica, anche attraverso le parole dell’arte.

In quell’occasione Luca Pozzi ha presentato l’Arkenian Mirror, un’opera che cercava di rendere visibile il linguaggio del cosmo: uno specchio da tavolo ingegnerizzato con un rilevatore di particelle, realizzato in collaborazione con l’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) di Torino. Un semplice specchio, presente nelle case di tutti, che è stato trasformato in un piccolo alieno con due puntini che si accendono quando la particella proveniente dalla stratosfera (muone) tocca la sua superficie. Uno sciame che ci attraversa costantemente e di cui non ci rendiamo conto.

Se l’opera Rosetta Mission 2022 era una vera e propria stele di Rosetta digitale, in grado di costruire un ponte tra la cultura classica e quella digitale contemporanea, un meta-luogo immersivo virtuale che teletrasportava i visitatori in uno spazio oltre i confini geografici, anche “Third Eye Prophecy Temple” crea una cerniera tra mondi che sembrano non poter comunicare. «È un’opera che nasce in un contesto privato», racconta l’artista, «e che inizia il suo sviluppo partendo da un rapporto di amicizia con il collezionista e proprietario dello spazio in cui sono intervenuto per creare il luogo in cui saranno custodite le ceneri di tutta la famiglia.»

Ubicato all’interno di una tenuta privata nella provincia di Lodi, il tempio creato dall’artista è l’evoluzione di una Chiesa sconsacrata del Seicento lombardo. Mantenendo l’aura sacrale del luogo, Luca Pozzi ha creato un luogo che potesse ospitare cerimoniali non per forza religiosi, ma a cavallo tra pratiche di divinazione e meditazione orientale molto antiche, interconnesse a suggestioni che vengono dal mondo della fisica teorica e sperimentale contemporanee. E che avessero anche a che vedere con un luogo adibito all’arte.


Il risultato è uno spazio di contemplazione che conserva l’architettura esterna originale mentre all’interno sono state apportate modifiche rilevanti. L’altare originale in marmo è stato equipaggiato con uno scintillatore muonico. Un LED blu ad alta intensità si accende quando una particella subatomica proveniente dallo spazio collide con le sue superfici. Il tabernacolo ospita strumenti per attivare un antico cerimoniale divinatorio.

Le pareti e il soffitto sono stati ripristinati ripristinando l’asse di simmetria tra l’ingresso e il centro dell’altare. Sono stati convertiti in un dispositivo per rintracciare i 64 esagrammi dell’I CHING. Un tappeto a collage digitale trasforma il pavimento del tempio in un cielo stellato, con simboli galattici e astrofisici.


Al centro del “buco nero” è installata una piattaforma a levitazione elettromagnetica che tiene in fluttuazione perpetua una sfera di neominio. Sotto la piattaforma, incastonata nel pavimento, c’è un vano cilindrico che ospita un’urna di ceramica parzialmente immersa in sfere di vetro bianche, predisposta per accogliere le reliquie della famiglia.
