NFT tra arte e design, Bruno Pitzalis: «La rivoluzione non si fermerà»

Abbiamo chiacchierato con un esperto italiano di CryptoArt e ci siamo fatti spiegare in che modo blockchain, criptovalute e NFT cambieranno il nostro mondo. Anche quello del design

La poltrona Hortensia di Andrès Reisinger, ideata come concept digitale e poi realizzata “materialmente” da Moooi

La domanda che gli fanno più spesso da qualche mese a questa parte è «Che lavoro fai?». Bruno Pitzalis, 41 anni quest’anno, un passato tra arte, comunicazione e tecnologia, oggi è esperto di CryptoArt, un mestiere che certo suscita molta curiosità e, per qualcuno, ancora un po’ di perplessità.

Glielo chiedo anche io, allora, Pitzalis: lei che lavoro fa?
«Il mio è un po’ un ruolo di “ponte”: cerco di collegare un nuovo modo di realizzare e vendere arte in digitale ai circuiti più convenzionali».

Mi faccia un esempio.
«A giugno 2021, in collaborazione con Cambi Casa d’Aste Milano, ho organizzato la prima asta di opere NFT in Italia». Sul mondo NFT leggi qui

E come è andata?
«Ben 16 dei 18 pezzi selezionati appositamente per l’asta e fruibili esclusivamente in un metaverso (cioè in una realtà virtuale, ndr), realizzati tutti da artisti italiani, sono stati venduti. Anche a collezionisti “tradizionali”».

Ossia coloro che un quadro lo compravano per esporlo in casa. Oggi qual è l’interesse ad acquistare beni non tangibili?
«Innanzitutto la pandemia ha cambiato la nostra percezione degli spazi domestici: i più grandi collezionisti al mondo, soprattutto in Asia, oggi passano molto più tempo in casa e preferiscono circondarsi di pareti “pulite” e bianche. Non vogliono più quadri da appendere».

L’esperto di CryptoArt Bruno Pitzalis (foto da Facebook)

Virtuali sì, però.
«Perché al giorno d’oggi anche la nostra presenza “digitale” conta: non siamo più solo persone reali, ma abbiamo un “noi” virtuale da sviluppare, curare, esporre e condividere. È questo che è importante per i collezionisti di criptoarte: la loro reputazione online passa dalle opere acquisite in un contesto digitale».

Ma queste opere poi dove vengono “esposte”?
«In questo periodo “di transizione”, anche i social giocano un ruolo importante: Twitter, ad esempio, sta tornando in auge proprio grazie agli NFT. Di recente ha introdotto una funzione che permette di caricare la foto del profilo in formato Nft, contraddistinta da una forma esagonale. Una volta caricata l’immagine chiunque potrà cliccarci per ottenere informazioni sulla provenienza dell’opera, sull’autore, la collezione e sulla piattaforma di vendita, oltre che per verificare l’autenticità dell’opera».

In generale si dice che NFT e blockchain saranno il futuro del web, e che grazie a esse il web sarà un “luogo” nettamente più sicuro di adesso. Perché?

«Internet è una creatura relativamente giovane e il suo sviluppo negli ultimi quindici anni è stato rapido ma anche piuttosto sregolato: in cambio dell’interazione sui social e della velocità nelle transazioni abbiamo ceduto alla rete una enorme quantità di dati sensibili, tra foto, password, codici di carte credito ecc… Quello che sta già facendo il web 3.0 è correggere tali distorsioni».

In che modo?
«Decentralizzando il sistema: nelle blockchain non c’è un server centrale ma tanti server sparsi che quindi renderebbero poco vantaggioso effettuare un attacco hacker: farlo costerebbe più che non farlo. In più, ogni utente qui va a crearsi un proprio ID digitale dotato di un “wallet” di criptovalute con il quale interagire direttamente tra i vari siti: non sarà quindi più necessario inserire ogni volta la propria carta di identità e/o la carta di credito per effettuare un pagamento».

Rispetto al settore di arredo e design che cosa si sta già muovendo in questa sorta di “universi paralleli” che sono i metaversi?

«Al momento ce ne sono due che stanno spopolando: Sandbox e Decentraland. In entrambi è partita la corsa all’acquisto di terre edificabili, in cui creare e costruire esperienze destinate agli utenti. La differenza sta tutta nella grafica: quella di Sandbox è piuttosto geometrica, mentre in Decentraland il design è bello e molto vicino al mondo reale. C’è molta libertà e le opportunità di creare nuovi oggetti sono infinite».

A questo proposito: finora, l’opera NFT di design più importante è stata la poltrona Hortensia di Andrés Reisinger. Ideata come concept digitale, è divenuta in poco tempo virale ed è stata poi realizzata “materialmente” da Moooi. Il passaggio da digitale a fisico non è un po’ un “tradimento” della cryptoarte?
«Secondo me sì, e davvero non ha più senso. Fino a 4-5 mesi fa per le opere NFT c’era poco mercato, mentre oggi il mercato è in espansione e funziona benissimo. Convertire un’opera digitale in un’opera vera – come spesso chiedono anche gli artisti che creano quelle opere – è un po’ come darsi la zappa sui piedi, far vedere che non si crede fino in fondo al movimento a cui si appartiene. Questo movimento invece è forte e corre velocissimo, anche dal punto di vista economico, e non credo che si arresterà».