Lætitia Jacquetton: ascoltare le rocce

L’artista francese naturalizzata a Murano realizza sculture di vetro e pietra, seguendo l’antica arte giapponese del suiseki

Lætitia Jacquetton - Photo © Linus Ricard
Lætitia Jacquetton - Photo © Linus Ricard

Quando ci sentiamo, in una calda giornata di luglio, lei dev’essere appena tornata da una mattinata in fornace: è evidente che, ancor più con queste temperature, s’inizi a lavorare presto nei forni dove si soffia il famoso vetro artistico di Murano. È qui che Lætitia Jacquetton completa le sue opere, lavorando a stretto contatto con le squadre di artigiani che si tramandano da decenni i segreti per la soffiatura del vetro. Lætitia Jacquetton è nata a Digione nel 1970, ha iniziato la sua traiettoria professionale come designer nel campo della moda, fino a quando, cinque anni fa, è arrivata la passione per il vetro e per una speciale combinazione di materiali che vede il vetro soffiato abbinato alla pietra naturale.

Taranaki, design Lætitia Jacquetton
Taranaki, design Lætitia Jacquetton
MontEgmont, design Lætitia Jacquetton
MontEgmont, design Lætitia Jacquetton

Questa passione, che già la portava a passeggiare in montagna nel sud della Francia per cercare le pietre più adatte per le sue sculture, l’ha portata prima a fare un corso a Murano per poi continuare a studiare al Cerfav (Centro Europeo di Ricerca e di Formazione per le arti vetrarie), a Vannes-le-Châtel, una cittadina nell’est della Francia, zona storica dedicata alla lavorazione del vetro – vicina alla manifattura Daum e dove sono fiorite aziende come Gallé e Lalique, e dove si trovano anche le manifatture di Meisenthal e la cristalleria di Saint-Louis. Finchè questa sua attrazione per il vetro l’ha portata, addirittura, a trasferirsi da Parigi a Murano, in pieno lockdown, nel 2021.

Solides collection by Sinople, design Lætitia Jacquetton
Solides collection by Sinople, design Lætitia Jacquetton

«Oltre che per il mio affetto per l’Italia e per gli Italiani, ho deciso di vivere a Murano perché è più facile per me sviluppare le mie opere stando vicina al luogo dove vengono prodotte. E tra i tanti atelier per la soffiatura del vetro che ho visitato, quelli di Murano sono i migliori sul piano del risultato finale». Non dev’essere stato semplice per lei abbandonare la scena artistica della capitale francese per trasferirsi su un arcipelago della laguna veneta che conta 5.000 abitanti. «Mi mancano la comunità di artisti e miei amici parigini», confessa. «A volte scappo sulla terraferma o a Venezia, ma l’aspetto positivo di vivere a Murano è il fatto di restare molto concentrata sul mio lavoro. Mi piace sentirmi parte della comunità dei makers qui, so che qualsiasi difficoltà io debba affrontare nella mia pratica, troveranno un modo per aiutarmi. E li ringrazio per tutto quello che hanno portato a me e alla mia pratica, che si è sviluppata più qui che in Francia».

Lætitia Jacquetton, Murano workshop
Blowing glass in Murano

L’originalità delle sculture di Lætitia Jacquetton risiede quindi nell’accostamento tra sassi, da lei scelti con cura, e il vetro soffiato. Grazie alla capacità dei maestri vetrai, il vetro, ancora caldo, viene adagiato sulle rocce e, solidificandosi, ne prende la forma. «Lavoro con sassi che vado a cercare in montagna, uno per uno», spiega la designer a proposito del suo metodo di lavoro. Seleziona personalmente i sassi che compongono le sue opere, ascoltando l’energia che emanano. In questa attitudine è stata influenzata dal suiseki giapponese, un’arte poco conosciuta in Europa che consiste nel gesto di ammirare i sassi.

Solides collection by Sinople, design Lætitia Jacquetton
Solides collection by Sinople, design Lætitia Jacquetton
Solides collection by Sinople, design Lætitia Jacquetton
Solides collection by Sinople, design Lætitia Jacquetton

«Ho scoperto che avevo un modo di guardare i sassi simile ai fan del suiseki», racconta. «Quando vedo una roccia, ascolto la sua energia. Una parte importante di questa disciplina risiede proprio nell’ascolto dell’energia che è all’interno della roccia stessa.» Non è un caso se il Giappone è sempre stato un mercato importante per le opere di Lætitia Jacquetton. In quell’area del mondo l’hanno conosciuta principalmente grazie a Lauren Manoogian, l’amica e stilista che per prima ha creduto nel suo lavoro, esponendo alcune sue opere all’interno del suo showroom newyorkese dallo stile minimalista, molto apprezzato dai clienti nipponici che così sono venuti in contatto con il suo lavoro.

Concrezione≠1, design Lætitia Jacquetton
Concrezione≠1, design Lætitia Jacquetton
Concrezione≠3, design Lætitia Jacquetton
Concrezione≠3, design Lætitia Jacquetton

Il tema dell’impatto ambientale del suo lavoro è un aspetto con cui la designer ha sempre dovuto confrontarsi molto da vicino. «Rispetto la natura e anche le rocce», afferma. «Ho usato spesso le pietre che trovavo in natura, sulle Dolomiti, per esempio, o nel sud della Francia. Ho sempre cercato di evitare le cave, dibattendo molto con me stessa, perché spesso sono causa di disastri ambientali. Ora, però, che la mia produzione è aumentata, mi sembra eticamente più corretto usare per i miei lavori i materiali di scarto delle cave. Ne ho trovate alcune che governano in maniera corretta il problema ambientale.

Diapir I, design Lætitia Jacquetton & Chauncey Flay
Diapir I, design Lætitia Jacquetton & Chauncey Flay

L’ultimo è stato un anno importante per il percorso di Lætitia Jacquetton: dopo aver esposto nel settembre 2022 alla Venice Glass Week e poi, in autunno, a Parigi, prima alla Sinople Paris, la sua galleria permanente, e poi, durante Paris Art Basel, con Private Choice Paris di Nadia Candet, ha inaugurato lo scorso maggio una mostra alla galleria Casica di Tokyo – mentre di solito in Giappone espone con la galleria Escapers, più orientata all’artigianato artistico. Ora appena tornata da una residenza di due mesi a Karaka, vicino ad Auckland, in Nuova Zelanda, invitata dalla galleria Fœnander. Durante il periodo di ricerca in Nuova Zelanda, ha realizzato nelle fornaci locali, in particolare grazie alla collaborazione con l’artista Chauncey Flay, un corpo di 14 nuove opere alcuni lavori. All’orizzonte, vede la mostra all’edizione di settembre della Venice Glass Week, dove quest’anno presenterà il progetto Anthropocene, che mescola pietre naturali e mattoni da forno con il vetro soffiato.

Photo © Charlotte Debauge, LFHQ Studios