Le interviste di IFDM: Philippe Starck

Doppio incontro (di persona e per telefono) con il più famoso dei designer francesi contemporanei. Per parlare di futuro, smaterializzazione, emozioni, sentimenti. E di “bionismo”, un concetto che gli è molto caro

Philippe Starck
Philippe Starck

Che cos’è il buon design oggi?
Se parliamo di “buon design” credo che dobbiamo coinvolgere anche l’acquirente. Prima di acquistare un prodotto bisogna chiedersi se se ne ha davvero bisogno, altrimenti si rinuncia. È il più grande gesto ecologico di cui abbiamo bisogno. Tutto ciò che non viene utilizzato non può essere “buon design”. Detto questo, il buon design è il prodotto giusto, per la persona giusta al momento giusto, con il materiale giusto, al prezzo giusto, con la distribuzione giusta. E a questi parametri possiamo aggiungere quello della longevità.

In quali direzioni dovrebbe andare?
Verso una visione più grande, più alta, più lontana: è questo che garantisce una buona creatività. La visione va poi esaminata attraverso il filtro dell’onestà, della necessità, della longevità, dell’Economia (con la E maiuscola) e poi si possono aggiungere, se si vuole, il proprio umorismo, i sentimenti, l’immaginazione. A patto che questi tre elementi non siano in contraddizione con quelli già citati.

Mariya collection by Andreu World, design Philippe Starck
Mariya collection by Andreu World, design Philippe Starck

Lei ha parlato spesso di smaterializzazione. Pensa a un mondo senza oggetti?
Ne parlo da quarant’anni, ma quando si è troppo avanti non bisogna mai perdere la calma (o la fiducia). Basta aspettare semplicemente che il tempo ti raggiunga. La dematerializzazione non implica un mondo senza oggetti. Oggi, nel migliore dei casi, gli oggetti sono progettati per una necessità. È per questo che esiste il design: per rendere accettabili e piacevoli gli oggetti obbligatori. Sono questi quelli che scompariranno. Il calore, il suono, la luce verranno dalla vernice o dalle finestre. Sarà come se una bomba fosse stata piazzata al centro di una stanza e avesse schiacciato tutti gli oggetti nelle pareti, nel soffitto, nel pavimento. Altri oggetti si trasformeranno, saranno incorporati in qualcosa, saranno raggruppati. Un esempio che vediamo già oggi è lo smart phone, che racchiude centinaia di funzioni. Rimarrà così spazio per le sensazioni personali: sarò felice di vedere qualcosa che ho fatto con le mie mani, un pezzo di legno raccolto sulla spiaggia e intagliato. Qualcosa di puramente emotivo.

Mob House hotel, Paris, design Philippe Starck
Mob House hotel, Paris, design Philippe Starck

Come sarà la casa del futuro?
Sarà come la vogliamo noi, vuota e sovraccarica di oggetti “sentimentali”. Ci siamo resi conto che la materia, che pensavamo fosse liberatoria, in realtà ci imprigiona. Abbiamo agito come apprendisti stregoni, credendo di poter creare oggetti che ci sarebbero stati utili. E infine, nel XXI secolo, abbiamo capito che siamo noi a servire gli oggetti.

Mob House hotel, Paris, design Philippe Starck
Mob House hotel, Paris, design Philippe Starck

Secondo lei, tra 30 anni ci saranno ancora designer industriali?
Ce ne saranno sempre alcuni. Ma pochi. Il designer di domani sarà il trainer, il dietologo, lo psichiatra. Sarà l’era che io chiamo del “bionismo”. In meno di cinque anni tutto quello che facciamo con il nostro telefono, grazie a chip sempre più piccoli, sarà all’interno del corpo. Quindi questo corpo deve essere in buona forma. Noi siamo la macchina.

Mob House hotel, Paris, design Philippe Starck
Mob House hotel, Paris, design Philippe Starck

Cosa pensa che sia il “buon gusto” oggi?
È un misto di arcaismo, di lentezza e di difficoltà di comprensione, di moralità e di paura. Tutto questo insieme crea il “buon gusto”, cioè un gran numero di persone che si mettono in riga per paura di essere giudicate. Ognuno ha il diritto di avere il proprio gusto: che gli altri lo considerino buono o cattivo non ha alcuna importanza. Evito di parlare di bellezza o di gusto. Qualsiasi momento, progetto, oggetto, luogo, musica è bello se ha un’armonia. Abbiamo generato armonie osservando il ritmo delle onde o quello delle dune, la proporzione delle montagne, il modo in cui crescono le piante. Ma questo non ha alcuna relazione con il buon gusto: perché non è soggettivo ma reale.

Too Hôtel restaurant, Paris, design Philippe Starck
Too Hôtel restaurant, Paris, design Philippe Starck

Ultima domanda: qual è il contributo più importante della tecnologia al design?
Il miglior contributo che possiamo dare al prodotto è la fine dell’avidità, del cinismo, delle mode. Sostituite dall’onestà, dal senso del tempo e dalla longevità. In termini di materiali, è l’arrivo delle plastiche organiche. Che ci permetteranno di dare i comfort più semplici a chi ne ha bisogno, a prezzi accessibili.