Lo stile è anche provocazione

Fratelli Boffi si avvicina ai 90 anni di vita, quali sono le eredità in termini di esperienza e di proposte?
Il nostro DNA risiede nell’arte della lavorazione del legno. L’azienda nasce nel 1928 come scuola di intaglio e noi oggi ne rappresentiamo la terza generazione. All’epoca non si vendeva il prodotto finito, ma solo il pezzo intagliato e si lavorava fortemente ispirati dagli stili francesi: la Lombardia è infatti sempre stata influenzata dai vari “Luigi” che si sono susseguiti. Quando poi decidemmo di realizzare il prodotto finito, la cultura dell’intaglio è rimasta sempre con noi.

Accostamento di collezioni di lusso, ma sobrie, a pezzi “provocatori”: come nasce questa tendenza?
Dagli anni ‘50 la nostra azienda ha sempre collaborato con il mercato americano e i suoi department store, da Bloomingdale di New York a Marshall Field a Chicago. Gli store americani   realizzavano due volte l’anno delle “modern rooms”, camere campione dove venivano inseriti pezzi innovativi. Dagli anni ‘60 fino al 1985 abbiamo preso parte a questi progetti, che hanno certamente fatto crescere l’azienda. Il loro interesse per la sperimentazione è entrato nel nostro modo di pensare. Quello che si è fatto tra gli anni ’70 e ‘80 è stato un capitolo molto importante, ma quando il mercato USA ha cambiato strategia (andando a ricercare mercati dove spendere meno), ci siamo trovati nella condizione di cercare altre strade. Mal a vocazione per la sperimentazione ci è comunque rimasta. Abbiamo quindi iniziato negli anni ’80 con Ugo La Pietra e abbiamo cooperato con lui per 15 anni; era il periodo in cui prendevamo parte ad Abitare il Tempo, manifestazione che univa arte e arredamento, installazioni creative una accanto all’altra, come una sorta di piccole “modern rooms”.

Fratelli Boffi oggi, trade e progetto?
L’area project rappresenta ormai il 70% del nostro business, il retail vale il restante 30%. Se poi guardiamo la geografia del nostro giro d’affari, il 95% del fatturato viene realizzato all’estero e il 5% in Italia: quest’ultimo deriva da progetti realizzati in collaborazione con studi di architettura. Attualmente siamo impegnati in un grande progetto residenziale in Qatar nato dalla sinergia che ci lega a Design 2000. Stiamo anche lavorando con il management dell’Hotel Schweizerhof di Zurigo, struttura che avevamo già ‘firmato’ cinque anni fa, che ci ha ricontattato per il rinnovamento delle camere. È importante per la nostra azienda avere delle valide referenze per presentare il nostro lavoro a nuovi architetti, progettisti, developer e interior decorator. Tutto questo desideriamo che avvenga nei nostri punti vendita che sono attrezzati per la relazione con i progettisti. In sintesi, il contract stimola il retail, che a sua volta incoraggia nuovi contract.

Quali sono i Paesi che vi danno le maggiori soddisfazioni e dove vorreste svilupparvi?
Fino a due anni fa il mercato trainante per noi era quello russo che però negli ultimi tempi ha avuto una flessione; attualmente le percentuali di mercato tra Europa e Medio Oriente si bilanciano. Recentemente abbiamo aperto uno showroom a Baku. Dopo un primo incontro con il potenziale partner al Salone del Mobile, abbiamo attivato un accordo dove la Fratelli Boffi si occupa degli arredi e il socio dello spazio. Abbiamo inaugurato questo flagship store a marzo, dopo ben due anni di lavori. Nel futuro prossimo l’obiettivo principale è quello di consolidare i rapporti con i retailer già presenti nei mercati in cui siamo attivi. Parallelamente stiamo tessendo un network di nuovi rapporti con partner locali che dovrebbe portare a future aperture, ma al momento si tratta ancora di progetti in fase embrionale. La modalità in ogni caso sarebbe comunque quella già sperimentata in Azerbaijan, in accordo cioè con operatori locali che conoscano il mercato e le sue dinamiche.