Matali Crasset vs Patrick Norguet: due stili a confronto

Per Concrete Lcda hanno ideato due nuove collezioni che interpretano il cemento e lo raccordano con l'interior design. I progettisti francesi si raccontano

Lei sembra un fumetto d’autore, con gli occhiali grandi neri e la frangetta corta che è diventata il suo tratto distintivo. Lui invece, look meno pop, fin da piccolo ha sempre preferito i quaderni per gli schizzi ai libri di testo, una passione quella per il disegno evidente nel suo approccio grafico ai progetti.
Stiamo parlando di Matali Crasset, industrial designer, originaria di Châlons-en-Champagne e nota per le sue idee sopra le righe, ludiche e innovative, e Patrick Norguet, anche lui francese, precisamente di Tours.

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Matali Crasset

Entrambi lavorano con Concrete Lcda, azienda francese che in pochi anni è diventata un punto di riferimento per il mondo dell’architettura e dell’interior. Nella collezione Made in Haussmann, Matali Crasset esplora il lato decorativo del cemento e cita gli interni degli appartamenti francesi: “Di solito mi ispiro osservando la vita. Il sociologo Marc Augé ha definito la mia pratica “design antropologico”.

Matali Crasset, Saule et les hoopies
Matali Crasset, Saule et les hoopies
Matali Crasset, Saule et les hoopies
Matali Crasset, Saule et les hoopies

Inoltre, mi baso sui riti e costumi per sviluppare progetti. Il mix moderno che ho creato per Concrete Lcda prende in giro i codici dell’interior design e integra modanature e decorazioni borghesi francesi nella modernità del cemento, creando una sorta di assorbimento dei codici decorativi in un linguaggio contemporaneo: un ossimoro decorativo”.
Matali Crasset, celebre per aver ideato il primo hotel self-service senza personale, l’Hi Matic, parte dalle regole per allontanarsene con l’obiettivo di creare nuove tipologie di oggetti e di modi di vivere: “Dietro ogni progetto c’è un intento. In When Jim comes to Paris, il letto arrotolabile progettato nel 1995, l’intenzione era di restituire ospitalità alla casa. La forma non mi interessa, è solo la conseguenza dell’intenzione, proprio come la materia. Penso in termini di spazio e uso, non in termini di colori, materia o forma. Certo, gli oggetti hanno una forma, ma la loro forma non è ciò che guida il mio lavoro. Spero che la forma sia piuttosto la conseguenza dell’intenzione. Partendo da uno scenario, diciamo che faremo questo e quello, e l’oggetto ci darà una funzione o un’altra. Creiamo quindi un’idea specifica e la forma, la materia e il colore seguono semplicemente e logicamente le specifiche date”.

Matali Crasset, Condotti Melies
Matali Crasset, Condotti Melies

Patrick Norguet invece è celebre per il suo approccio grafico al progetto, dal prodotto alle superfici, e a proposito della collezione per Concrete Lcda, racconta: “E’ un progetto prima di tutto sensoriale, un lavoro sul cemento, materiale negli anni nobilitato da nomi del calibro di Le Corbusier e Tadao Ando. Ho voluto trascinare questo materiale a un pubblico più ampio, democratizzarlo rendendolo più accessibile e introducendolo all’interno di un appartamento. Così ho lavorato sulla capacità di stampaggio del cemento per dargli una struttura, un rilievo e una texture materica. Il risultato è una superficie che cattura la luce”.
E continua: “Mi piacciono gli oggetti ben costruiti e ben disegnati perché sono convinto che sia ciò che li rende senza tempo. Un iter che richiede molto lavoro: per ogni progetto passo il tempo a cercare l’idea giusta, l’idea che mi consentirà di costruire l’oggetto e dargli l’opportunità di esistere. Questo passa attraverso molti passaggi che non sono cartesiani, ma sono il risultato di un viaggio caotico dove il caso e il rigore a volte si confrontano. Una volta raggiunto questo equilibrio, devo tenerlo fino all’industrializzazione del prodotto: è un passo decisivo per non perdere la genesi”.

Nicolette poltroncina, Patrick Norguet
Nicolette poltroncina, Patrick Norguet

Un approccio evidente nei progetti contract, come negli Okko Hotels, caratterizzati da un mix a contrasto di materiali e colori. Ma non c’è una formula standard: “Non ho “ricette”, non conservo molto dei miei lavori, Alcuni designer archiviano anche il disegno più piccolo nella speranza di lasciare una traccia… la paura di morire? (ride, ndr). Seriamente, cerco di ideare oggetti e luoghi di vita con cui è facile interagire, sono felice quando vedo come i miei prodotti si evolvono con l’uso che ne facciamo”.
Secondo Norguet il lavoro del designer sta diventando più radicale: “Riflette un bisogno di efficienza senza perdere poesia ed eleganza, ma in un mondo saturo di oggetti mi sembra importante concepire prodotti utili e soprattutto che abbiano un senso”.

Infine, sui progetti futuri anticipa: “Lavoro su soggetti diversi tra loro, e soprattutto su continenti molto differenti e sto imparando molto. Ho la sensazione di essere in un periodo di transizione e il mio lavoro mi pone molte domande. Vedo tutte queste aziende che si sforzano di produrre oggetti che i “vicini” hanno già nel catalogo, saloni in cui troviamo gli stessi oggetti, la stessa ispirazione, i designer che li copiano… È tempo di inventare il domani”.

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