Mario Pedol & Massimo Gino
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Portrait photo: Courtesy of Nauta Design
Projects photo: Giovanni Romero (Azzam 180), Carlo Borlenghi (Nautor Swan), Tom van Oossanen (Nilaya Royal Huisman), Giuliano Sargentini, Rob Kamhoot (Southern Wind), Nauta Design (Project Light, Dune, Moonflower)

Semplicità come approccio progettuale costantemente perseguito, ma anche come espressione del bello. L’obiettivo e l’istinto di cercare innovazione, bellezza ed eleganza pur nella grande diversità delle moltissime barche progettate dal 1985, dallo yacht di 180 metri, come l’Azzam della Lurssen, alle barche a vela di 34 piedi. Una “ginnastica del bello” e della massima funzionalità esercitata da sempre nella barca a vela, “l’oggetto navigante più bello che esista”, e praticata con costanza e successo anche sugli yacht a motore. In una storia progettuale, professionale e umana che trova il proprio filo conduttore nella passione per la navigazione in qualsiasi modalità e la propria missione nella ricerca della migliore qualità dell’esperienza in mare. Di un’esperienza sempre di più a stretto contatto con il mare.

Pardo GT75 by Cantiere del Pardo

Lavorate insieme dal 1985, come raccontereste la storia del vostro studio volendo ripercorrerla in momenti salienti?
Mario Pedol: All’inizio eravamo tre soci. Io ho trasferito la mia esperienza di navigazione (anche transatlantica), fatta sugli Oyster in giro per l’Italia, poi ai caraibi, dove ho vissuto per 8 mesi, e che mi ha aiutato a rendermi conto di quali sono le cose importanti su una barca a vela. Massimo poi è una macchina da guerra nell’organizzazione, ha una bellissima mano nel disegno, nella grafica, nel design. Abbiamo unito le forze complementari e iniziato partecipando al nostro primo Salone Nautico di Genova nel 1986.
Massimo Gino: Partecipammo nel padiglione dedicato ai progettisti. Allora lavoravo con l’aerografo per preparare disegni e illustrazioni del nostro primo progetto per un 54 piedi. L’anno dopo siamo andati con la barca realizzata.

Mario Pedol: Un 54 piedi da vendere solo con disegni e con un modellino, wishful thinking, abbiamo fatto l’investimento in cinque soci per realizzarla noi e portarla al Salone.
Massimo Gino: E’ andata bene e al  Salone di Genova abbiamo venduto la n. 2. In tutto ne abbiamo fatte 15 fra 54, 65 e 72 piedi come produttori in 6 anni. I ruoli sono rimasti più o meno  gli stessi, Mario come figura fondante che si occupa dei rapporti con i clienti, io sulla progettazione e produzione. Recentemente,con l’aumento della mole di lavoro, abbiamo fra i 20 e i 25 progetti in corso contemporaneamente, tra custom, semi-custom e produzione di serie, come ad esempio i progetti per Oceanis e Lagoon, e per Grand Soleil e Pardo Yachts.

Pardo GT75 by Cantiere del Pardo

Project Light by Fincantieri Yachts

E negli ultimi anni la parte megayacht a motore è diventata molto importante nel vostro lavoro.
Mario Pedol: Avevamo già fatto negli anni ’90 un paio di esperienze nel mondo delle barche da diporto di serie a motore, progettando interni per la Bertram, un marchio storico americano, e nel 2003 per Toy Marine. Poi un’esperienza di apprendistato concentrato in un anno e mezzo, portati a braccetto da un grande partner di ingegneria navale come Fincantieri Yachts, per il Project Light, uno yacht di 80 metri per un cliente italiano, un’icona per noi.

Commessa che purtroppo si è bloccata a causa della crisi finanziaria del 2008, ma che ci ha portato alla commessa per Azzam, 180m costruito da Lurssen Yachts. Con Fincantieri, il più grande cantiere navale italiano abbiamo collaborato anche per gli aspetti regolatori, dei registri legati agli standard di costruzione e alla bandiera, quelli normativi di sicurezza e di operatività della nave, oltre a tutte le problematiche strutturali di una nave in acciaio e alluminio. Un’esperienza fantastica che ci ha permesso di essere preparati e avere un precedente da mostrare quando è capitata l’occasione di progettare Azzam.

Project Light by Fincantieri Yachts

Azzam by Lurssen Yachts

Azzam, uno yacht di 180 metri con un approccio progettuale che è quello di una nave, comprese le problematiche legate a regolamenti e normative.
Mario Pedol
: Dal 2013, quando è stata consegnata, Azzam è tutt’ora lo yacht più lungo al mondo che ancora naviga con performance rilevanti. È stato un biglietto da visita importante per entrare nel mondo dei megayacht a motore sopra i 50 metri.  Il nostro approccio nel progettare il Light 80 fu altamente innovativo, introducendo il contenuto di piacevolezza di una vita a bordo più a contatto con l’acqua, tipico delle barche a vela.

Per riassumere il grande salto, abbiamo quindi rivoluzionato il rapporto fra interni ed esterni, in termini di metri quadri dedicati agli uni e agli altri, ad esempio aumentando gli spazi aperti a poppa, con meno sovrastrutture e più spazio all’aperto, invece di chiudere tutto all’interno. Adesso è una costante ma allora era un’innovazione. Quando l’armatore di Azzam vide il progetto per Project Light, vide qualcosa di nuovo, e in due settimane arrivò il contratto firmato. L’elemento di innovazione era il rapporto 50:50 fra interni ed esterni invece dei consueti 75:25, con riduzione drastica delle barriere visive fra interno ed esterno e finestrature molto ampie.

Azzam by Lurssen Yachts

MY Song ClubSwan 80 by Nautor Swan

In seguito avete introdotto l’idea della poppa apribile.
Mario Pedol: Per un altro progetto di 75 metri, Dune del 2017, l’armatore voleva essere più vicino al mare con un lower deck molto basso, e ci venne l’idea di fare l’ultima parte dello scafo apribile in modo da aumentare la superficie piana, togliere le barriere laterali per poter circolare attorno senza interruzione fra la poppa e le due piattaforme laterali. Abbiamo ridotto le barriere verticali e aperto il più possibile la vista verso l’esterno e il panorama, le murate sono abbattibili per ottenere un grande spazio/spiaggia in parte scoperto, in parte coperto con zone ombreggiate, tutto è interconnesso e lo spazio disponibile a poppa è più che raddoppiato.

Un altro passaggio importante è stato il brevetto  di The Island.
Mario Pedol: Abbiamo ritenuto che i contenuti di estetica e funzionalità introdotti con questo innovativo beach club con le piattaforme laterali apribili, dove lo spazio interno e quello esterno sono completamente interconnessi in un percorso circolare che apre lo sguardo sull’infinito dell’orizzonte e unisce direttamente l’uomo alla natura circostante, avessero requisiti di unicità e originalità importanti. Abbiamo quindi brevettato questa inveznione nel 2017, e successivamente, nel 2022, anche il suo nome: The Island.
Massimo Gino: Abbiamo lavorato molto in questa direzione anche nella vela. Ad esempio, l’ultimo 154 appena varato da Royal Huisman, Nilaya, ha un nuovo layout di poppa apribile e una zona beach club sul main deck.

Nilaya by Royal Huisman

Nilaya by Royal Huisman

Anche nel settore delle imbarcazioni a vela l’evoluzione è stata notevole, in particolare dal punto di vista degli interni, dove si applica al meglio la relazione fra forma, spazio e funzione.
Massimo Gino: Dipende dalle taglie delle barche. Nelle più piccole ci sono incastri di volumi, funzioni, superfici particolari e difficili perché occorre sfruttare tutti i centimetri senza crescere troppo verso in altezza per mantenere un aspetto sportivo ed elegante. E’ più difficile trovare gli incastri giusti, che sono fondamentali sia per circolare a bordo, sia per sfruttare al meglio il volume disponibile. Mano a mano che si sale di taglia questo vincolo diventa meno stringente, perché si hanno ponti separati. Prima del design degli esterni occorre disegnare l’architettura, definire i ponti e le altezze, collocare le funzioni, e solo sulla base di questo lavoro poi si ‘veste’ la barca in modi differenti. Sono due attività di progettazione che vanno di pari passo, interdipendenti tra di loro.

Mario Pedol: La fase iniziale è molto più demanding per mettere d’accordo forma e funzione, perchè tutte le funzioni abitative sono molto concentrate in uno spazio piccolo e devono funzionare anche a barca sbandata di 30°. La barca a vela però è uno degli oggetti galleggianti più fascinosi che esistano, in rada o in navigazione sono oggetti di grande bellezza per la loro forma slanciata. Abbiamo iniziato da un 54 piedi, ma la seconda era già un 72 piedi, denominato Nauta 70, che è tuttora un capolavoro di equilibrio fra estetica e funzione. La vela è l’apoteosi di una progettazione che unisce forma, funzione e bellezza. E che consente di amplificare il contatto con la natura.

Moonflower 72 by Wider Yachts

Moonflower 72 by Wider Yachts

Massimo Gino: Per quel che riguarda lo stile, occupandoci di barche da 33 piedi a 180 metri, a vela, a motore, di serie, one off, con committenze, costi, materiali, tempi diversi, c’è sempre molta sinergia e tanto travaso in un approccio open-minded  tra settori assai diversi.

Considerate le diverse tipologie, dimensioni e modalità di navigazione, se si volesse individuare un punto di collegamento nel vostro lavoro è la qualità dell’esperienza che riuscite a creare sulle vostre barche? Un’ideale di bellezza?
Massimo Gino: Si, dai 33 piedi in su, pur considerando che la vela e il motore sono modi diversi di vivere il mare, il trait d’union è proprio la qualità dell’esperienza a bordo, il rapporto e la connessione con il mare.

SW 96 GT Nyumba by Southern Wind

SW 96 GT Nyumba by Southern Wind

Mario Pedol: Ogni tipologia ha le proprie potenzialità di qualità, che varia secondo le dimensioni, l’utilizzo, lo scopo. L’esercizio di coltivare l’eleganza sull’oggetto navigante più bello che esista, che è la barca a vela, è una ginnastica del bello, significa abitudine costante alla ricerca del bello, e il mercato negli anni ha riconosciuto questa qualità nella nostra calligrafia di yacht designers  Avere l’occhio per riconoscere e ottenere la bellezza delle forme è un talento naturale, e la nostra storia e cultura è un humus fondamentale.

Massimo Gino: Bellezza degli esterni significa anche attenzione a essere sobri, equilibrati, a non eccedere mai nel ricercare l’effetto wow a tutti i costi, che in breve tempo stanca.
Mario Pedol: Per noi il bello è nella semplicità, siamo convinti che “simplicity is the essence of good design”. Non è razionale, è un fatto istintivo di gusto, della calligrafia di ciascun designer.

SW 96 GT Nyumba by Southern Wind

Quanto conta la ricerca sui materiali? Soprattutto negli interni.
Massimo Gino: Per gli interni la ricerca e la scelta si muove nella  direzione di materiali sobri e naturali, finiture a olio, a cera, con trattamenti naturali, per poter vivere in un ambiente piacevole al tatto. E anche qui c’è molto travaso fra i diversi settori, ad esempio per una prima realizzazione di un bagno in stucco epossidico con resine caricate con sabbia si cerca la migliore spatolata, un livello di qualità elevato in modo da diventare replicabile. C’è molta ricerca sui materiali e sulle finiture, perché devono essere fattibili e riproducibili, occorre trovare una soluzione realmente utilizzabile su una barca. Per questo nei vecchi mobili di archivio che una volta raccoglievano i disegni originali A1 dei progetti oggi conserviamo i campioni di materiali, un material board di ciascuna barca.

Rispetto al tema della propulsione ibrida, l’evoluzione è reale e in corso?
Mario Pedol: È molto reale nella vela. Ad esempio il SW 96 GT Nyumba per Southern Wind varata a inizio 2023, ha propulsione ibrida con due generatori da 125 cavalli, motore elettrico sulla linea d’asse con passo variabile. In modalità produzione, ovvero in navigazione a vela a 16 nodi, si attiva l’elica che rallenta la velocità di crociera di un solo nodo ma che consente di produrre 31 kW di energia elettrica, la più verde che esiste prodotta con il vento. In un oggetto che è uno fra i più green al mondo, è un modo per accumulare l’energia prodotta dal vento con un sistema ibrido inverso, come una pala eolica ma in acqua.

Con quei 31 kW e il banco batterie di 90 kWh la barca può navigare in silent mode per 8 ore di seguito. In teoria se si presta attenzione a ricaricare, il motore potrebbe anche non essere acceso, anche in uscita e in ingresso nei porti o in rada. Ci sono molti sistemi utilizzabili, la cosa più complicata resta mettere a punto un sistema di gestione che sia di facile utilizzo in modo che i capitani si sentano sicuri nel portare la barca. E anche il SW 108 in costruzione è ibrido, perché sta aumentando la consapevolezza della tutela ambientale e del risparmio energetico. Nel motore è in corso una sperimentazione sull’utilizzo dell’idrogeno, come per l’automotive, anche se si è ancora un po’ indietro. Tuttavia con combustibili come il metanolo per le fuel cell si cominciano a vedere degli spiragli.