Bias House, Hawaii - Photo © Matthew Millman
Bias House, Hawaii - Photo © Matthew Millman
DATA SHEET

Architecture: de Reus Architects
Interior design: Philpotts Interiors
Landscape design: David Y. Tamura Associates
Structural engineer: Kahiau Design Group
Furnishings: Sun Valley Bronze (dRA design line), Fleetwood Windows and Doors, Texture
Photo credits: Matthew Millman

Le Hawaii. Un paradiso circondato dall’oceano Pacifico, un arcipelago dove la natura si rivela in sorprendenti forme e colori, libera di esprimersi e dominare gli spazi a cui l’opera dell’uomo amabilmente si adatta. Qui anche lo splendore e la grandezza di una residenza privata come Bias House non si sottraggono a questo imperativo. La villa si inserisce anzi con discrezione nel panorama, lo asseconda, modellandosi per entrare in sintonia con esso. Lungo la costa meridionale di Kohala, nella Big Island (la più grande delle Hawaii), Bias House si staglia con i suoi 10.361 piedi quadrati proprio accanto a una secolare colata lavica risalente al 1801.

Lo studio di architettura de Reus ha voluto enfatizzare l’eccezionale posizione orientando l’abitazione non direttamente verso il panorama dell’oceano, ma lungo una diagonale così da creare differenti scorci costieri e, al suo culmine, rendere visibili allo stesso tempo la cornice lavica e il mare, con una migliore prospettiva. Per ottenere tale risultato, ha di certo aiutato la scelta dello studio, guidato da Mark de Reus, di organizzare la residenza e le sue stanze come una serie di hale, o padiglioni, ispirati direttamente all’architettura tipica dell’isola.

Una sequenza inclinata di aree interconnesse fra loro ma separate, che accrescono la relazione fra la casa e la natura, fra l’architettura e la cultura locale, come a creare una residenza diffusa. L’esterno, il giardino, diviene in questo modo parte integrante dell’abitazione, eletto a corridoio fra una stanza e l’altra.

“Gli spazi risultanti tra gli hale diventano importanti per l’esperienza quanto gli hale stessi. Questa esplorazione del vuoto, che i giapponesi chiamano “Ma”, mette  a fuoco il valore di tale spazio, il nostro rapporto con esso e ciò che resta.”, spiegano dallo studio.

Influenze hawaiane e anche giapponesi, dunque, danno forma alla Bias House conferendole un’estetica che i suoi autori definiscono “minimalismo tropicale”, tanto nella struttura quanto nell’interior, dove a queste culture se ne aggiunge una terza, quella indonesiana, ad arricchire ulteriormente l’influenza stilistica.

All’esterno, si rintracciano materiali durevoli ma anche essenziali, tali da accrescere il senso generale di calma e quiete: la pietra naturale, l’intonaco di cemento, l’acciaio verniciato, l’alluminio nero per telai; i tetti a capanna ricalcano le sagome delle più tradizionali hale e sormontano i padiglioni, mentre tetti piani fungono da collegamento fra essi e al contempo nascondono i pannelli solari. Tutt’attorno, il paesaggio verdeggiante progettato da David Tamura rimarca – con semplicità – la scenografia esotica, rispecchiandosi lungo le piscine riflettenti che attorniano la casa, con un evidente tocco “zen”.

Questa atmosfera naturale e sensoriale fluisce facilmente all’interno e si mostra dapprima nelle finiture: pavimenti in pietra e teak, soffitti in quercia bianca, la grande isola della cucina in granito, la curvilinea parete doccia del bagno principale in marmo Calacatta, schermature scorrevoli in legno con effetto brise soleil che filtrano l’illuminazione generando privacy – e una buona dose di magia.

Il progetto di interior design, firmato da Philpotts Interiors, traduce poi fra le pareti il sapiente mesh up culturale che ha definito l’architettura e l’outdoor. Tornano gli accenti locali, omaggi al Giappone e prestiti da Bali.

A partire dalla scultura contemporanea in legno che domina il soggiorno e che è stata reperita a Bali, così come le testate dei letti, e ancora, il tavolo da pranzo custom e i tavolini in legno di litchi; numerosi mobili in teak sono stati intagliati con pattern tipici della tapa polinesiana, e le pareti in pietra retrostanti il letto della camera principale e la cucina ispirate a un motivo grafico da kimono.

Pezzi d’autore costellano infine la residenza, in un delicato connubio di arte e artigianalità. Una rassegna a cui partecipano anche le variopinte tavole da surf di Firewire/Sig Zane Design nella hale degli ospiti, una longboard customizzata in legno di albizia e koa firmata Gary Young, e una rara tavola da surf in legno “ulu” realizzata a mano da Tom Pohaku che ha cavalcato le onde prima di essere appesa: a ricordarci esattamente dove ci troviamo.