Francesca Sarti | Design conviviality

Architetta prestata al mondo della tavola, Francesca Sarti ha cambiato in oltre vent’anni di professione il modo d’intendere quello che siamo abituati a chiamare food design

Francesca Sarti
Francesca Sarti

Negli ultimi vent’anni il contesto che ruota attorno al consumo e alla preparazione del cibo è cambiato notevolmente, e oggi possiamo dire che gli ingredienti, i prodotti, i rituali e gli spazi che ruotano attorno al cibo sono per la maggioranza di noi una vera ossessione. Il settore alimentare è in grande ascesa, così come è anche in aumento il tempo e l’attenzione che dedichiamo al modo in cui ci nutriamo. 

Protagonista di primo piano di questo cambio di passo, Francesca Sarti, fondatrice del collettivo creativo Arabeschi di Latte, racconta questa evoluzione. «Il cibo è una materia duttile, e quindi in continuo cambiamento. Inoltre, il contesto è cambiato molto negli ultimi anni, e oggi il cibo include una serie di connotazioni culturali e anche estetiche che sono molto più diffuse di prima

Bitossi showroom, Milan - Photo © Pietra Studio
Bitossi showroom, design Francesca Sarti – Milan – Photo © Pietra Studio

Francesca, che oggi vive a Londra, nasce a Firenze nel 1979, e, dopo essersi laureata in Architettura ha iniziato a guardare al cibo come materiale creativo e da allora il cibo l’ha sempre accompagnata, oggi le sue installazioni sono richieste da marchi quali Fendi, Bitossi, Molteni&C e Gaggenau e insegna in diverse istituzioni e i suoi lavori sono stati esposti in diversi musei nel mondo. «Quando ho iniziato a sperimentare con il cibo, non volevo usare la parola food design», racconta, «perché richiama l’idea del disegno industriale del cibo, mentre il mio lavoro focalizzava la convivialità, la socialità e l’esperienza.» Questa espressione inglese, però, poi nel tempo è cambiata e ha cominciato a includere sfaccettature e approcci diversi, e oggi non indentifica soltanto il design della forma del cibo, ma include anche il concetto di convivialità, e l’utilizzo del cibo come strumento di comunicazione. 

Gaggenau
Gaggenau, design Francesca Sarti

Arabeschi in sé si è evoluto questo motivo scatenante è questo aspetto sociale e il tema della convivialità. Recentemente ho iniziato a usare il termine Design conviviality per definire il mio lavoro. Il momento conviviale che tiene insieme lo spazio, il dettaglio, gli ingredienti. 

Nei primi progetti Arabeschi di Latte, era molto viva l’idea della scomposizione del tavolo: il momento formale dello stare a tavola veniva trasformato in qualcos’altro. Il cibo veniva allora appoggiato per terra con un cous cous collettivo, o presentato in piccoli chioschi o servito sui carrelli. Pensiamo, per esempio, al pic-nic notturno organizzato per la Galleria Biagiotti di Firenze, in occasione della mostra di Nico Vascellari, nel 2003. «Quel momento», ricorda Francesca Sarti, «è stato fondamentale perché è stato il primo evento in cui Arabeschi ha presentato un evento collettivo dove il classico cesto da pic-nic conteneva del cibo, un’idea che adesso non è innovativa ma allora lo era».

Maison Matisse
Maison Matisse, design Francesca Sarti

Questo è un aspetto che oggi evidentemente è cambiato perché, mutate le abitudini e le mode, è, invece, tornata presente la riflessione sull’idea di tavolo. Poi c’è stato, per segnare altre tappe del percorso di Arabeschi di Latte, il momento dei BQ interactive dinner, intono al 2007, in cui si coinvolgevano le persone nel preparare il cibo, creando un momento conviviale di incontro e di scambio: c’era un grande tavolone collettivo dove ognuno lavorava con strumenti basici per preparare il cibo. Il gesto del condividere e il gesto del fare hanno costituito un momento fondamentale per la traiettoria di Arabeschi: se il pic-nic aveva reso meno convenzionale il momento del cibo, il BQ interactive dinner – a cui poi sono seguite altre installazioni come gli gnocchi bar e i pastifici, dove le persone facevano la pasta o gli gnocchi – hanno sottolineato il potere del cibo di avvicinare e mettere in relazione le persone. 

Natura Morta - Photo © Tom Mannion
Natura Morta, design Francesca Sarti – Photo © Tom Mannion

Siamo invece nel 2011, quando il progetto Natura Morta con Faye Togood segna un momento diverso, in cui il cibo è stato avvicinato alla natura, ed è stato introdotto un aspetto estetizzante dell’esperienza, non solo legato all’accessorio e al cibo, ma al gesto primordiale del cibarsi. «La materia cibo era presentata in maniera più brutale, senza gli orpelli e gli accessori con cui invece avevamo giocato tantissimo nei 10 anni precedenti», spiega la designer. «Il primo progetto che l’ha mostrato è stata la natura morta realizzata per Faye Togood in cui il cibo era offerto direttamente insieme al blocco di terra e uno si cibava direttamente dal suolo». A questo filone risale anche l’istallazione concepita per Gaggenau nel 2019 in cui era molto evidente l’esaltazione della materia, con la presentazione di un formaggio che veniva fatto tradizionalmente nel gesso e i blocchi blocchi di gesso venivano offerti al pubblico che quasi non capiva che all’interno c’era del cibo. 

Keeping Life by CIAM, design Francesca Sarti - 2019 - Alcova, Milan
Keeping Life by CIAM, design Francesca Sarti – 2019 – Alcova, Milan

Qui entra in gioco un altro progetto fondamentale per Arabeschi che è stata la Edible Material Library, concepita da Francesca Sarti nel 2017: «Volevo che le persone si chiedessero “È cemento o è cibo?”, “È resina o pane?”, avevo, infatti, iniziato a giocare con il cibo come se fosse un materiale, come in una sorta di astrazione», racconta. L’esito di questa ricerca è stato esposto alla mostra sul food design a The Grand Hornu, a Boussu, in Belgio. 

The Vinil Factory, design Arabeschi di Latte - 2014 - Photo © Alejandro Tamagno
The Vinil Factory, design Arabeschi di Latte – 2014 – Photo © Alejandro Tamagno

Partita da presentare il cibo contestualizzandolo in un ambiente inconsueto, passando per l’opening di una galleria che diventa un happening, attraverso la riflessione sugli strumenti legati all’azione del preparare il cibo e dell’essere coinvolti nel fare, fino a una vicinanza anche più misteriosa al tema della natura e a un’immagine del cibo che diventa materiale astratto e non sembra neanche cibo. 

The Beauty of Scarcity manifesto, design Francesca Sarti
The Beauty of Scarcity manifesto, design Francesca Sarti

E ora? Ci sarebbe da chiedersi: What’s next? Il manifesto scritto per Dezeen, nel 2020, sembra tracciare la strada del percorso futuro di Francesca Sarti e del suo collettivo sempre in trasformazione. «Mi ha chiamata Marcus Fair, e mi aveva chiesto “Come immagini che potrebbe evolvere il tuo settore nei prossimi 15 anni?”», racconta Francesca. «Per rispondere a questa domanda, ho scritto The Beauty of Scarcity, un breve saggio che propone un ritorno all’essenziale, vuole abituarci alla scarsità e ad avere abitudini più moderate di consumo».

Water tasting, design Arabeschi di Latte - Photo © Metz+Racine
Water tasting, design Arabeschi di Latte – Photo © Metz+Racine

«Negli ultimi anni, questo ritorno all’arte della tavola ha riportato una certa abbondanza visiva. Come Arabeschi, ci sono sempre andata cauta, il mio gusto è più margeliano, anche se in alcuni progetti, un po’ di opulenza ci può essere stata, ho sempre cercato di essere cauta perché nell’abbondanza c’è il seme dello spreco».

The Water Bar by Selfridges, design Arabeschi di Latte - Photo © Andrew Meredith
The Water Bar by Selfridges, design Arabeschi di Latte – Photo © Andrew Meredith

«Il cibo però si occupa di momenti di felicità», conclude Francesca Sarti, e quindi mi chiedo sempre come sia possibile non perdere questo senso di piacere di cui, lavorando con il cibo, non si può fare a meno. Come far sì che queste occasioni di piacere possano mantenere un senso più morigerato. Pur avendo sempre guardato al minimalismo, all’arte povera o al fai da te, a dinamiche non opulente, non sono ancora riuscita a fare molti progetti in cui questo idea sia evidente».

Anche se tutti nella nostra vita quotidiana siamo abituati alla celebrazione dell’abbondanza, di progetti che sappiano coniugare il piacere con la sostenibilità ne abbiamo davvero bisogno.