Fondata da Maria Dolores Uribe e Laura Abe Vettoretti nell’idea di riconquistare il patrimonio culturale e intelletuale che unisce i popoli latinoamericani – il nome UNNO si ispira alla parola spagnola uno – la nuova digital design gallery mette in scena opere di design da collezione.
UNNO è un nuovo modo di esporre l’arte e il design
senza la necessità di uno spazio fisico,
capace di attraversare i confini geografici e individuali
Arredi fatti a mano in cui l’imperfezione diviene l’impronta della loro unicità e rarità, aggiungendo autenticità e vita; pezzi in edizione limitata che trasformano l’artigianato in autentica fucina del contemporaneo, mantendo intatta la saggezza e la maestria, la memoria e la cultura. «Le creazioni delle civiltà che hanno abitato il nostro continente – raccontano Maria e Laura – non sono statiche reliquie, ma una fonte continua d’ispirazione per il design».
Attraverso la decostruzione e la ricomposizione di importanti momenti culturali segnati da una fertile creatività, il design in UNNO si fa portavoce delle radici latinoamericane attraverso lo sguardo degli artisti di oggi. Una perfetta commistione e sintesi tra arte e artigianato che sfocia in pièces uniques in cui il genius loci diviene protagonista, plasmato in forme nuove e inedite. «Dal momento che siamo tutti cittadini del mondo, il progetto si propone di condividere con ognuno di noi, indipendentemente dalla nostra nazionalità, il potenziale della creatività contemporanea latinoamericana, oltre alla saggezza millenaria e alla maestria che influenzano il loro lavoro…. Come orgogliosi eredi della loro visione del mondo, miriamo a ricreare la forma e la sostanza che costituisce la vera anima della creazione dei miti» spiegano Maria e Laura.
E nella convinzione che sviluppare un nuovo modo di “esporre” l’art design sia fondamentale in un mondo globalizzato, UNNO è una design gallery digitale, priva di uno spazio fisico, accessibile in ogni città e in ogni parte del mondo. Perché il design e la creatività non hanno confini.
Photo © Ana Hop