Intervista a Matteo Nunziati

Ha conquistato mercati difficili, ha fatto scoprire il design a ricchi investitori arabi e ha educato al Made in Italy di qualità lo staff del Presidente Trump, ma è il progettista che non ti aspetti: Matteo Nunziati è un architetto e designer che ha imparato a essere manager dei propri progetti e a trasformare in energia la propria dichiarata insoddisfazione. Semplice, gentile e sorridente sia che parli di una sedia o che racconti un masterplan

Il tuo sito recita “progettare tra bisogni funzionali ed esigenze esistenziali”, cosa significa in pratica?

Consiste nel mettere l’Uomo al centro, con i suoi bisogni primari e con il desiderio di bellezza. Ho sempre un certo grado di insoddisfazione quando progetto, sono sempre alla ricerca del dettaglio perfetto e penso che il miglior lavoro sarà il prossimo. A volte dedico una giornata per scegliere il colore di una tenda e rifletto sul rapporto con il tempo e se sia giusto dedicarne così tanto per una tenda, ma un dettaglio può contribuire allo stato d’ainimo di coloro che vivono quell’ambiente.

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FRASER SUITE Doha
Il design Made in Italy coniugato nelle aree comuni
con architetture d’interni dalla raffinata eleganza
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FRASER SUITE Doha
Il design Made in Italy coniugato nelle aree comuni
con architetture d’interni dalla raffinata eleganza

Fermo restando che probabilmente il bello assoluto forse non esiste, riesci a creare un bello soggettivo su misura per quel cliente?

Direi di no, i progetti meglio riusciti sono quelli dove si crea una relazione tra cliente e designer, cerco di selezionare i clienti con cui lavorare e verifico l’esistenza di una visione estetica comune. Quando ho incontrato la proprietà delle Fraser Suite mi è stato detto “desidero spendere poco, tu fai un bel concept e poi io vado in oriente a comprare gli arredi”. Ho invitato il cliente al Salone del Mobile, l’ho portato negli showroom delle aziende, ha visto la differenza tra un originale e una copia, ha vissuto in diretta le lavorazioni: questo ha cambiato il suo livello di percezione. La stessa cosa è successa con la Fraser Trump di Pune: Gia Pirolo, braccio destro di Ivanka Trump, non sapeva cosa fosse il Salone del Mobile, adesso non ne perde neanche un’edizione. Esiste in Italia un sistema del design che è unico al mondo, ogni anno il lifestyle cambia, la comunicazione è raffinata a cominciare da come si fotografa un prodotto. E’ tutto molto difficile da copiare, alcuni ci provano, ma basta pochissimo per essere deludenti. Milano è unica e inarrivabile.

Ti occupi anche di masterplan con un grande progetto in Arabia Saudita, come procede?

Funziona, il concetto è quello di prendere una villa e moltiplicarla per migliaia di ville, ma al tempo stesso di far sembrare quell’insieme armonico e non ripetitivo: abbiamo scelto di realizzare le facciate modulari, come si faceva nel Medioevo, in modo che l’irregolarità dell’architettura muovesse il paesaggio. In questi progetti il partner locale è fondamentale, a Jeddah abbiamo la Sak Consulting.

Non tutti i progettisti inseriscono nei propri servizi la sigla FF&E (Furniture, Fixture & Equipment), tu invece lo specifichi chiaramente.

Il concetto di interior non può prescindere dalla realizzazione, seguiamo un progetto dall’inizio alla fine, è molto dispendioso, occorre preparare dei disegni tecnici con delle specifiche estremamente precise: i dettagli riducono la possibilità di libere interpretazioni da parte dei contractor locali. Per le Fraser Suite Giuseppe Nigro ha vissuto a Doha per due anni, coordinando lavori e fornitori e il risultato finale è un progetto che porta con sé delle unicità, soprattutto perché realizzato in Qatar, nazione tagliata fuori dalla comunità internazionale, senza voli da e per Dubai. Nonostante tutto questo l’hotel è sempre al completo, non è mai esistito un hotel così a Doha, chi lo prova ci torna.

Dal progetto al prodotto, quel è il presente e il futuro di Natevo?

Natevo è nato con l’idea di integrare la luce all’interno dei mobili, nell’appartamento che abbiamo realizzato a City Life non esistono luci tecniche, tutto è integrato nei mobili, il progetto è piaciuto, abbiamo fatto dei lavori all’estero (in Canada), ma non bastava. Avevamo bisogno di far crescere Natevo come l’espressione di Flou per l’area living. Questo concetto è molto interessante, anche rispetto alle scelte di importanti aziende nord europee (ma alcune stanno sterzando verso questa direzione, com Vitra per esempio) dove il singolo pezzo di design è il centro del set, perché con Natevo abbiamo un vero progetto di lifestyle italiano.

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Tavolo e sedie TEKTON per NATEVO
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La nuova poltroncina per TONON
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Libreria CONTINUUM per NATEVO

Cosa significa lavorare sui progetti con Molteni e Lema?

Lema e Molteni, oltre ad essere maniacali nella realizzazione dei prodotti, sono in grado di supportare i grandi progetti perché hanno una significativa capacità produttiva, sanno come declinare i prodotti utilizzando magari materiali alternativi a quelli inizialmente specificati, per non tradire il design e per incontrare le esigenze di budget del cliente. Ma forse la caratteristica che fa più la differenza quando lavori con loro su grandi cantieri (le Fraser Suite sono state realizzate tutte da Molteni) è il management che mettono a disposizione e che è in grado di risolvere in tempo reale i problemi che nascono sul posto.

Progetti e prodotti in arrivo?

Cinque anni fa abbiamo iniziato a collaborare per le Trump New Delhi (4 anni), abbiamo un progetto importante con Qatar Airways. Per quanto riguarda i prodotti presentiamo al Salone un nuovo sistema di ante per Selecta di Lema, uno scrittoio per Molteni, integriamo Natevo Flou con dei nuovi complementi e per Tonon abbiamo disegnato una collezione di sedute.