Annibale Colombo, classicità in evoluzione

Quella di Annibale Colombo è una storia con radici profonde, scandita da passaggi fondamentali…

Sì, è una storia antica, iniziata circa 200 anni fa grazie alla volontà della mia famiglia che, in un contesto rurale, inizialmente restaurava mobili per la nobiltà milanese, per poi espandere l’attività a città limitrofe.

Il lavoro è stato da subito impostato su alti standard qualitativi e questo ha portato a incrementare sempre più le aree di specializzazione. La vocazione al bello e l’attenzione al dettaglio ha indirizzato naturalmente l’attività verso un costante affinamento delle lavorazioni, permettendo l’integrazione di produzione e progettazione. Da qui l’assunzione graduale di una diversa autorità professionale e l’inizio della realizzazione di mobili di nostra produzione.  La prima espansione commerciale si è rivolta al mercato italiano, ma dopo la fine della seconda Guerra Mondiale sono stati instaurati dei primi rapporti con Berlino: un passo importante, che ha determinato l’orientamento dell’azienda verso il mercato tedesco prima, europeo poi e mondiale oggi.

Come definirebbe lo stile che oggi vi caratterizza?

Sicuramente oggi prediligiamo un classico rivisitato in chiave moderna. Nel nostro catalogo cerchiamo di mantenere un equilibrio elegante e sobrio tra una produzione ricca, ma sempre senza eccessi, e una più contemporanea. In un mercato sfaccettato come quello odierno diventa ormai difficile diversificarsi.

Per questo trovo molto interessante per il nostro comparto la reinterpretazione dello stile classico con contaminazioni moderne, attraverso attente e interessanti combinazioni di pezzi o materiali inusuali. Del resto anche da parte delle aziende di design c’è oggi una tendenza alla contaminazione con spunti classici. Tendenza che potrebbe portare – come io auspico –  a fare sistema, almeno fra realtà dello stesso standard qualitativo.

Sempre in primo piano, comunque, sono il gusto e le indicazioni che arrivano dai clienti.

Come nel caso, ad esempio, del Prince Palace di Abu Dhabi, dove l’ampiezza degli spazi e l’opulenza degli ambienti hanno richiesto un arredamento ricercato e ricco, che ben si adattava a quel contesto.

Cosa pensa del nuovo padiglione xLux, inaugurato a questa edizione del Salone?

Penso che rappresenti l’esigenza di una fascia anche molto ampia di pubblico che ama circondarsi di un certo tipo di ricchezza: forme, colori e dettagli luxury che, in particolare nelle aree emergenti come Cina e Russia, sono molto apprezzati.

In Cina, ad esempio, si tende all’affermazione di un determinato status che, se prima era rappresentato dalla moda, ora ha lasciato il passo ai brand dell’arredo. 

La Cina è uno dei mercati su cui state puntando?

Sicuramente si tratta di un’area di gusto interessante e che sta dando dei risultati incredibili.

Nell’ultimo periodo, l’Italia ha superato la Germania nell’esportazione di mobili, anche classici, in quest’area, è questo è per noi un segnale particolarmente importante.

La Cina è un mercato da non sottovalutare, con radici e tradizioni forti che dobbiamo rispettare e conoscere. Non credo che i Cinesi vadano educati al nostro gusto né che gli si debba insegnare come arredare le loro case.

Penso invece che vadano accompagnati nelle loro scelte, realizzando insieme progetti che creino un connubio fra la loro cultura e la nostra.

Quest’anno al Salone viene presentato il progetto  Before Design: Classic. Può essere uno stimolo per un nuovo approccio al classico?

Sicuramente sì. È espressione di una nuova visione del  classico contemporaneo. Quest’anno Federlegno Arredo Eventi ha finalmente deciso di investire maggiormente nel nostro comparto. Abbiamo quindi pensato a un modo nuovo per coinvolgere le aziende, e abbiamo voluto farlo con un taglio accattivante e non tradizionale. Da qui l’idea del cortometraggio di Matteo Garrone e della mostra-evento che insieme hanno voluto interpretare il nuovo classico. Un progetto molto coinvolgente, che farà il giro del mondo e di cui personalmente sono molto contento. Un riconoscimento doveroso e, spero, l’inizio di una valutazione diversa di un comparto che non è affatto irrilevante!