Al Vitra Schaudepot di Weil am Rhein ha appena aperto una mostra che tocca un tema accattivante, il rapporto tra design e l’idea di futuro. Science Fiction Design – From Space Age to Metaverse (fino all’11/05/2025), con la direzione artistica del designer Andrés Reisinger, espone più di 100 oggetti dalla collezione del museo, dagli anni ’60 a oggi.
Il design da sempre si confronta – più o meno consapevolmente – con il futuro, al quale contribuisce a dare forma. Agli inizi del Novecento, quando l’architettura dell’acciaio inizia a permettere nuove forme agli edifici, le sperimentazioni diventano più ardite: perché se cambiano le case, cambiano anche gli oggetti al loro interno.
Il vero innamoramento per il futuro però arriva nel secondo dopoguerra, con i primi lanci di satelliti spaziali. L’immaginario collettivo si infiamma, la fantascienza – genere letterario diffuso già dall’Ottocento – diventa popolare: su carta ma ancora di più su pellicola.
Tanti designer – Eero Aarnio, Luigi Colani, Joe Colombo e Verner Panton – iniziano a pensare ambienti di vita che non solo hanno un aspetto futuristico, ma riflettono anche un ripensamento generale degli stili di vita moderni. Trovando ispirazione nella tecnologia dei viaggi spaziali, il lavoro di questi designer finisce spesso in produzioni cinematografiche: le sedute Djinn di Olivier Mourgue in 2001: Odissea nello spazio (1968) di Stanley Kubrick; lo specchio Ultrafragola di Ettore Sottsass nello sceneggiato A come Andromeda trasmesso dalla tv di stato italiana nel 1972.
Le possibilità offerte dalla progettazione assistita dal computer e dalla stampa 3D hanno contribuito alla rinascita di un’estetica futuristica, dalla quale sono emersi nuovi classici, come la Aluminum Gradient Chair (2013) di Joris Laarman, la prima sedia in metallo stampata in 3D. Poi è arrivato il metaverso che, per una nuova generazione di giovani designer, sembra evolversi in ciò che il cosmo rappresentava negli anni Sessanta: un nuovo spazio per proiezioni ed esperimenti, un luogo per il libero pensiero che può essere riempito di idee e concetti nuovi. Uno dei rappresentanti più brillanti di questo gruppo è proprio Andrés Reisinger, argentino, autore del primo arredo che dal mondo digitale è passato a quello reale: la Hortensia Chair (2018), sviluppata inizialmente come NFT e poi messa in produzione dall’azienda olandese Moooi.
«Non appena sono stato invitato dal Vitra Design Museum a lavorare a questa mostra, sapevo che avrei voluto toccare alcuni temi cari allo scrittore fantastico argentino Jorge Luis Borges, che ammiro da sempre», spiega Reisinger. «Un motivo centrale della sua opera sono gli specchi, simbolo di portali per realtà alternative. Ho deciso di rendere omaggio a Borges rendendo gli specchi i punti focali della mostra, utilizzandoli per riflettere ed evocare realtà multiple e linee temporali che si intrecciano, creando una nuova dimensione all’interno del nostro mondo contemporaneo. Sono felice di ciò che abbiamo ottenuto con questa mostra, che parla di un tempo e di uno spazio che non conoscono né tempo né spazio».
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