Il design è un’esperienza viva

Paolo Casati, 46 anni, è protagonista da oltre vent’anni del Fuorisalone, la kermesse che per una settimana trasforma la città Milano in un colossale evento di design diffuso. Lo abbiamo incontrato in pieni preparativi per l’edizione 2024

Studio Labo, BDD23, - photo © Chiara Venegoni

Nel 2001, con Cristian Confalonieri hai fondato la piattaforma Fuorisalone.it, e nel 2009 Brera Design District, un progetto che oggi è diventato un brand internazionale. A questo si aggiunge Studiolabo, il vostro studio di design della comunicazione. Facciamo un viaggio nel tempo. Mostraci una fotografia immaginaria del tuo primo Fuorisalone. Cosa vediamo?
La fotografia è della metà anni ’90 e ritrae il mio incontro con i designer Philippe Starck e Ross Lovegrove. Siamo da Driade, in via Manzoni. All’epoca frequentavo la Scuola d’Arte per Architettura e d’Arredamento a Cantù, città culla del design; d’estate facevo l’apprendista nella bottega del maestro ebanista Pierluigi Ghianda. Con mio padre, anche lui ebanista, visitavo il Salone del Mobile e Milano: in quel periodo i designer erano delle star, quasi inavvicinabili. Il Fuorisalone rappresentava l’opportunità di entrare in contatto con loro, il networking: una parola chiave che definisce il successo e il valore di Fuorisalone, un fenomeno che non ha potuto prendere piede in altre capitali allo stesso modo, proprio perché si basa su un concetto anche molto culturale e di relazione, tipicamente italiano.

Paolo Casati

Quando hai capito di volere far parte di questo scenario?
Dal 1996, alla facoltà del Design del Politecnico di Milano, ho iniziato ad appassionarmi alla storia del design, a incontrare i designer — che erano anche i professori; tutti noi aspettavamo la design week, il nostro carnevale, un momento epico di celebrazione. Tutto il mondo veniva in città e c’era l’opportunità di incontri, conoscenze, divertimento: la dimensione della festa era fondamentale. Per me inizia qui la percezione del desiderio di volerne far parte, da cui poi è nata la piattaforma Fuorisalone.it. 

Con Fuorisalone.it, che è stata anche la tua tesi di laurea, siete diventati una parte attiva dello scenario.
Io e Cristian eravamo all’interno di una facoltà al momento giusto e al posto giusto, in cui si iniziava a parlare di digitale e comunicazione: unendo due competenze, quella sul design e quella relativa a comunicazione e digitale, nel 2000 abbiamo sviluppato un progetto attorno al tema «Perché Milano non ha un Museo del design?» La nostra riflessione fu che un museo del design non aveva senso, poiché il design è un’esperienza viva, che si vive attraverso le relazioni: il Fuorisalone era il museo del design. Da qui è nato il primo sito ufficiale lanciato nel 2003, strutturato come agenda degli eventi e mappatura della città. L’iniziativa ha attirato i primi sponsor, e ci ha portato a essere coinvolti da Zona Tortona: qui abbiamo iniziato ad affrontare le sfide del marketing territoriale, per esempio: cosa vuol dire dare a una zona una marca e comunicarla durante la design week?

 

Iniziano per voi anni fondamentali e ricchi di tappe significative: dopo Tortona, lavorate su Porta Romana, poi Mecenate e Bovisa, approdando a Brera nel 2010. Perché avete scelto di fermarvi e di fare base qui?
Abbiamo semplicemente applicato il metodo dell’osservazione del territorio, della mappatura. Si parla di numeri: a Brera, nel 2010 c’erano 70 showroom permanenti, e la prima edizione di Brera Design District al Fuorisalone 2010 contava 47 eventi. I 70 showroom ci hanno fatto pensare che il distretto fosse il posto giusto dove fermarsi per sviluppare un progetto. Dopo un riconoscimento da parte della Camera di Commercio siamo partiti: 15 anni dopo, quei 70 showroom sono diventati 196, gli eventi 260. E rendono Brera il più importante distretto del design al mondo.

Quali sono a tuo avviso i valori che rendono Brera Design District un evento unico e profondamente identificativo della città?
Non esiste un altro luogo nel mondo che concentri in un’area geografica così ridotta la stessa densità e qualità di marchi internazionali di design. Tutto il mondo del design vuole essere qui durante il Fuorisalone, perché Brera è una delle 10 parole che più connota Milano nel mondo, e a detta di tutti, è l’unico quartiere della città rimasto più fedele a sé stesso: il suo mix di connotazione geografica, anima artistica, commerciale, lifestyle e ristorazione lo rendono una vetrina unica e speciale. Il nostro lavoro è stato definire la settimana del Fuorisalone come Brera Design District, trasformarlo in marca che edita la Brera Design Week, che ora ha una casa nel Brera Design Apartment, e una piattaforma di servizi operativa tutto l’anno su eventi e lanci (Brera Location). A chiusura del cerchio, la novità è il lancio di un nuovo magazine cartaceo semestrale che racconta il quartiere.

Non esisterebbe il Fuorisalone senza il Salone del Mobile. Oggi si parla di un calo di adesioni alla fiera da parte delle aziende, quasi a suggerire che i compratori si indirizzino verso gli eventi in città. Cosa ne pensi?
Il Salone del Mobile è fondamentale. La Milano design week unisce due dimensioni: la fiera, e l’evento cittadino. La fiera è guidata da un ente organizzatore con obiettivi definiti, mentre la città si rigenera spontaneamente, senza una direzione centrale. Il Fuorisalone ha portato innovazione e imprevisto, risultando da iniziative non controllate o pianificate. Si è evoluto con la creazione di distretti e progetti unici, come Alcova e Capsule Plaza, sviluppatisi indipendentemente. Ma il dialogo con il Salone del Mobile è stato fondamentale, tanto che per il secondo anno proporremo un percorso guidato attraverso gli eventi della città, sia all’interno che all’esterno della fiera. L’obiettivo è mantenere il valore che entrambi portano a Milano.

Nel tuo percorso, quanto è stato incisivo il tuo background di designer, l’avere alle spalle l’esperienza con quel tipo di mestiere?
E’ stato fondamentale. Avere un metodo progettuale e applicarlo in maniera molto chiara aiuta a fronteggiare le sfide. Questo è ciò che nasce nella bottega di un artigiano. Torno a citare Pierluigi Ghianda: da lui arrivavano Ettore Sottsass, Gae Aulenti, Vico Magistretti, ognuno con una sfida; solo attraverso metodo, lavoro, persistenza, dedizione, si arrivava a un risultato. Il designer agisce come regista in processi complessi, dialogando con attori diversi per proporre soluzioni spesso non richieste dal cliente. Questo è l’approccio con cui cerchiamo di lavorare, sia come Studiolabo, sia nello sviluppo di tutti i nostri progetti.