Progettato da Alessandro Mendini nel 1998, il Museo Alessi custodisce una collezione di oltre 25.000 oggetti tra prototipi, stampi, progetti non realizzati, prime versioni, disegni e schizzi che raccontano la storia dell’azienda fondata a Omegna nel 1921 da Giovanni Alessi, e specializzata nella lavorazione artigianale del legno e del metallo. Per celebrare i 25 anni di storia del suo Museo e rendere omaggio alle persone e alle idee che ne hanno plasmato la storia, Alessi ha allestito, nello showroom milanese, una piccola e preziosa mostra, che resterà aperta fino al 30 settembre.
Più che essere una mostra di oggetti, “25 Stories, the 25th Anniversary of Alessi Museum”, è una raccolta di storie. Ogni serie di oggetti in esposizione, infatti, è stata scelta per la storia che, ancora oggi, è in grado di evocare. «Il nostro Museo è uno straordinario contenitore di storie che ancora oggi, nonostante i molti anni di lavoro, continuo a scoprire», afferma Francesca Appiani, curatrice del Museo Alessi. «È l’aspetto più affascinante della nostra collezione: i materiali che custodiamo sono documenti vivi che parlano di un’opera collettiva, l’oggetto di industrial design, frutto dell’incontro tra il progettista e tutte le competenze professionali presenti nell’azienda. Basta entrare al museo e mettersi ad ascoltare».
Nella seconda metà degli anni ’90, Alberto Alessi, attuale Presidente di Alessi, si era messo in mente di fare un museo per raccogliere gli esperimenti, prototipi e disegni che anno dopo anno e con un ritmo sempre più accelerato, stava ricevendo dai designer di ogni parte del mondo. Così ha cominciato a parlarne ad Alessandro Mendini, che ha pensato al progetto architettonico. Da qui, è nata l’idea di fare il museo, che oggi viene celebrato con questa mostra.
L’esposizione include oggetti iconici (disegnati da progettisti come Ettore Sottsass, Michael Graves, e Michele De Lucchi), esperimenti e perfino flop, con una parte dedicata ai progetti che non hanno funzionato, cold case o progetti congelati, a dimostrazione del fatto che per innovare è necessario percorrere sentieri inesplorati.
Nel 1983 Alessi presenta gli esiti di un’operazione di progetto intitolata “Tea & Coffee Piazza”. Coordinata da Alessandro Mendini, l’operazione desiderava esplorare sperimentalmente il mondo dell’architettura internazionale per ricercare nuovi talenti capaci di rinnovare il linguaggio del design degli oggetti casalinghi. Dieci gli architetti coinvolti: Michael Graves, Hans Hollein, Charles Jencks, Richard Meier, Paolo Portoghesi, Aldo Rossi, Stanley Tigerman, Oscar Tusquets, Robert Venturi, Kazumasa Yamashita e lo stesso Mendini. Gli autori sono chiamati ad affrontare il progetto di un servizio da tè e caffè in termini molto liberi, non condizionati dalle logiche della grande serie. Il tema proposto è frutto di una precisa scelta culturale: una “micro architettura” da tavola, dove il vassoio circoscrive uno spazio, una “piazza”, nel quale si dispongono gli elementi del servizio come micro edifici. I servizi vengono realizzati a mano, in argento: la libertà espressiva lasciata agli autori ha portato a forme straordinarie, ma non producibili mediante un processo industriale.
“Considero la Alessi un laboratorio industriale di ricerca dedicato a una continua mediazione tra la immensità del possibile creativo e i bisogni, o meglio i sogni del pubblico. Nella nostra attività di ricerca hanno lavorato con noi alcune centinaia di designer tra i più stimolanti delle varie epoche che abbiamo attraversato. Il loro lavoro è documentato da migliaia di disegni e prototipi conservati nel nostro museo.” Con queste parole Alberto Alessi descrive l’azienda e come la sua pratica sia documentata dai materiali custoditi nel Museo. È affascinante seguire attraverso i disegni e i prototipi il processo che ha portato da un’idea al prodotto, scoprire come un oggetto è stato concepito inizialmente, il suo progressivo definirsi, i ripensamenti e le battute d’arresto. La caffettiera espresso 9090, disegnata da Richard Sapper nel 1979, ha una storia esemplare di questo processo. Nata dal desiderio di creare una caffettiera che potesse aprirsi con un semplice gesto, è stata inizialmente concepita con una forma completamente diversa da quella definita al termine del suo sviluppo.
La metafora del buon giardiniere – sensibile, attento e paziente – permette di comprendere la pratica della Alessi. Il buon giardiniere semina quello che crede giusto, ma dissoda bene il terreno per accogliere le nuove piante ed è pieno di sollecitudine quando spuntano i primi germogli, profondendosi in cure per consentire di esprimere il loro potenziale. Sa inoltre di poter contare anche sui semi inaspettati portati dal vento. I buoni progetti arrivano quando vogliono loro: è difficile fare opere d’arte su ordinazione, nonostante tutti gli sforzi, seguono ritmi spesso imperscrutabili e non programmabili. Una conseguenza diretta della natura artistica degli oggetti Alessi è che i buoni progetti non si possono ordinare a piacimento: bisogna che ci sia la giusta sensibilità e ispirazione, e se questa non arriva occorre aspettarla. Il Museo contiene una moltitudine di progetti che testimoniano questo processo, come lo spremiagrumi Juicy Salif, uno degli oggetti più noti prodotti da Alessi, che arrivò come risposta alla richiesta del disegno di un nuovo vassoio.
In un allestimento che celebra i 25 anni del Museo Alessi non può mancare un omaggio al suo progettista, Alessandro Mendini. La collaborazione fra questo indimenticabile autore e la Alessi non si riduce al solo Museo, ma è stata talmente sui generis che risulta difficile descriverla in poche parole. Autore nel 1979 di Paesaggio casalingo – una ricerca storica sulla produzione Alessi nell’industria dei casalinghi dal 1921 –, e di altri volumi, Mendini è stato lo storiografo ufficiale dell’azienda. In qualità di designer ha ideato oggetti divenuti iconici, come il sorridente cavatappi Anna G.. In veste di architetto ha progettato la facciata e due ampliamenti della fabbrica Alessi a Crusinallo di Omegna, nonché diverse mostre temporanee dedicate alla storia e alla ricerca dell’azienda. Infine, come design manager, ha ideato e coordinato alcune operazioni di progetto che hanno trasformato la Alessi in un vero e proprio laboratorio di ricerca nel campo delle arti applicate.
L’operazione Tea & Coffee Towers riprende, vent’anni dopo, le stesse intenzioni del Tea & Coffee Piazza. Ventidue gli architetti invitati: Vito Acconci, William Alsop, Wiel Arets, Juan Navarro Baldeweg, Shigeru Ban, Gary Chang, David Chipperfield, DentonCorker-Marshall, Dezsö Ekler, Massimiliano e Doriana Fuksas, Future Systems, Zaha Hadid, Toyo Ito, Tom Kovac, Greg Lynn, Morphosis, MVRDV, Jean Nouvel, Dominique Perrault, SANAA, UNStudio e Alessandro Mendini, nuovamente coinvolto anche come coordinatore del progetto. Uguale il tema scelto: il servizio da tè e caffè, definito da Mendini “emblematico, denso, cerimoniale, esemplare nella storia dell’oggetto casalingo. Un tema adatto a traslare ed innescare nella piccola scala, le visioni del mondo, i linguaggi, le suggestioni di materiali, luci, colori, tecniche e processi che quegli architetti pongono a grande scala”. Identica anche la libertà lasciata nell’affrontare il tema proposto, che si riflette in ventidue progetti ricchi di inediti stimoli culturali, estetici, antropologici e tecnologici.