Addio, Rodolfo Dordoni

È mancato Rodolfo Dordoni. I suoi oggetti equilibrati e gentili sono sempre stati capaci di definire un ambiente e la sua atmosfera, scrivendo la storia del design italiano degli ultimi trent’anni

Rodolfo Dordoni – courtesy Minotti
Rodolfo Dordoni – courtesy Minotti

La cifra che l’ha sempre contraddistinto era una discrezione di stampo milanesissimo. Rodolfo Dordoni è morto l’1 agosto, dopo una malattia con cui conviveva da anni, lasciando un vuoto nel mondo del design. Il suo modo di essere, sobrio e riservato, sempre distaccato dai palcoscenici della mondanità, si traduceva in uno stile elegante e raffinato che è stata la voce di grandi marchi del settore. Art director da sempre, dopo la laurea in Architettura nel 1979, ha iniziato a lavorare accanto al suo compagno di studi Giulio Cappellini, che iniziava in quegli anni un processo di rinnovamento del marchio di famiglia. Tra le sue prime collaborazioni quella con Minotti dal 1997, un sodalizio duraturo che non si è mai interrotto nel tempo. E poi con Roda, Artemide, Molteni&C, Cassina, Poliform, Kettal, Foscarini, solo per citarne alcune.

Chi l’ha conosciuto sapeva che amava i cani. Lo si incontrava spesso, la mattina presto, in Brera, con il suo cane Ottone, uno spinone italiano color cognac, che lo accompagnava per il resto della giornata, nel suo studio di via Bramante, una manica lunga in un bellissimo cortile, che condivideva con il socio Luca Zaniboni. Nel suo ufficio, Ottone si adagiava sui divani in pelle, e ascoltava incontri, riunioni, progetti e interviste. Una volta, in questo interno dal gusto squisitamente borghese, ci aveva detto: «Abbiamo la fortuna di vivere in una condizione dove il gusto e la bellezza fanno parte della nostra quotidianità»; e proseguendo: «di conseguenza, credo che il nostro lavoro di designer non sia soltanto frutto di elaborazione, intuito e studio della funzione, ma il risultato di attenzione e concentrazione».

I suoi oggetti sono sempre stati capaci di dare la percezione di un luogo. Disegnando collezioni di mobili, Dordoni si è sempre ritrovato a lavorare più sul contesto che sul singolo oggetto. La somma dei suoi singoli pezzi era in grado di definire un ambiente e la sua atmosfera, con un alto grado di riconoscibilità. Un lavoro frutto di attenzione e sensibilità, che varcava i confini dello stile e della funzione. Un linguaggio fatto di dettagli e percezioni tattili, di forme e di dimensioni che solo l’esperienza sul campo poteva restituire.

Iscritto nell’Olimpo dei Maestri, Rodolofo ci mancherà.