La visione progettuale di Andrea Branzi viene raccontata da una mostra alla galleria Friedman Benda di New York attraverso un corpus di opere in cui si percepisce la sua evoluzione artistica e creativa di questa voce protagonista del design italiano, co-fondatore dello studio Archizoom Associati, voce tra le più interessanti del periodo a cavallo tra anni ’60 e ’70.
Il fascino per l’interazione tra uomo e oggetto, esplorata da Branzi attraverso concetti radicali e poetici dello spazio domestico, si esprime con arredi che non sono definiti solo dalla loro funzionalità, ma dai modi in cui ricreano uno spazio, fisico o immateriale, presente o “nella memoria”.
«La sacralità degli oggetti è legata alla sacralità dell’uomo: continuano a vivere oltre lo scopo e il tempo del loro uso quotidiano. Non hanno conoscenza della notte perché nella notte sopravvivono, immobili, immutabili, vivi anche dopo la loro stessa morte», afferma l’architetto e designer.
Un percorso che culmina a metà degli anni ’80 nel “neoprimitivismo” – movimento fondato da Branzi per ridefinire il legame tra industriale e naturale – ed espresso nella serie “Animali Domestici” realizzata con tronchi, bastoncini e ritagli in legno.
Una visione progettuale narrata nella mostra Contemporary DNA (aperta fino al 22 aprile 2023) in cui protagoniste sono le nuove esplorazioni del designer, la tensione tra gestuale e metodico, paesaggio e architettura, mercificato e naturale, artigianale e industriale.
Ne sono un esempio la serie Roots, composta da bastoncini e legni galleggianti, simbolo di ciò che è stato abbandonato ed è ora conservato come una reliquia, protetta in una gabbia;
Germinal Seats realizzata in bambù colorato, evocazione di un’architettura che appartiene al pensiero; Buildings, cabinet concepiti come contenitori per gli oggetti di uso quotidiano – dai libri ai piatti alle pentole – emblema della filosofia del designer secondo cui la vera esperienza urbana non è narrata dall’architettura, ma da microambienti della memoria umana.
Spiega Branzi: «In ogni opera cerco di combattere il senso del buon gusto e spingere
proporzioni più oscure. Non ci sono linee rette o angoli perfetti. L’imperfezione è lo standard».
In scena anche la serie Erme commissionata originariamente per Villa San Michele ad
Anacapri, immersa nel fascino della luce emanata dalle lampade in carta ideate ora con accenti in bambù e foglie d’acero: «Un corpus di opere – conclude Branzi – che non è mai stato corrispondenza razionale, ma sempre esplorazione primitiva».