Baxter al MUDEC

Il ristorante del tre stelle Michelin Enrico Bartolini al MUDEC si rinnova e sceglie Baxter per creare un’armoniosa miscela di food & design

Enrico Bartolini, Mudec, Milan - Photo © Fabrizio Cicconi
Enrico Bartolini, Mudec, Milan - Photo © Fabrizio Cicconi

Arte, design, gusto. Non manca alcun ingrediente per creare un’esperienza sensorialmente stimolante e indimenticabile all’interno del ristorante del tre stelle Michelin Enrico Bartolini al MUDEC – Museo delle Culture di Milano. Ancor più se la location si mostra con una nuova veste rinnovata firmata Baxter.

Interpretando la volontà di dare il calore degli spazi classici, familiari, a un ambiente estremamente contemporaneo, Baxter ha creato un’oasi di convivialità, immediatamente percepibile fin dal salotto d’ingresso: l’alternarsi di librerie, divani, poltrone e tavolini (tra cui il sofa Belt e le soluzioni componibili di Libelle), e persino di materiali come legno, cuoio, morbide pelli in calde tonalità, crea un’atmosfera domestica dall’eleganza senza tempo.

Il carattere più formale è destinato alla sala interna, e tradotto progettualmente nell’ampia boiserie, nei contrasti cromatici di una palette più fredda, orientata verso le sfumature dell’avio e del mirtillo. Questo è il regno delle leggerissime sedute Gemma.

A spezzare il rigore, ci pensano però i richiami artistici alle pareti, uno pittorico e due fotografici. Se infatti allo chef Bartolini piace che la tavola dove si mangia abbia la sua “uniforme”, quindi la tovaglia stirata e il tovagliolo adatto, l’importante – sostiene – è non fermarsi alle imposizioni del galateo: “ben venga la scarpetta, quando è fatta di gusto, perché mette l’ospite in confidenza con me e con il luogo”.

L’esperienza, gastronomica e di stile, prosegue nel patio che pare immergerci in una foresta tropicale, a cui ben si accosta la collezione outdoor di Baxter rappresentata dai pezzi in iroko di Himba e Hakuna Matata, le texture ruvide e naturali, a contrasto con le laccature di Dharma. Un eclettismo che sancisce l’affinità fra l’azienda e lo chef.

Photo © Fabrizio Cicconi