Un linguaggio estetico che visivamente si identifica in un “trapezio dagli angoli smussati”: ama la linearità Federico Peri, la stessa che ha contraddistinto i suoi esordi e lo stile Bauhaus che ammira, ma nel suo cammino evolutivo – veloce e di di successo – si è lasciato “addolcire” da nuove esperienze e materiali, che lo hanno ben presto accompagnato verso una poeticità delicatamente sinuosa. Con questo tratto interpreta panorami di interior quanto universi d’arredo – di brand come Baxter, Wall&decò, FontanaArte, Purho Murano, Salviati, Nilufar – da cui si lascia ispirare e che ispira.

Milano – Parigi – Milano: il tuo esordio è un percorso fatto di contaminazioni. Quali sono stati gli stimoli più significativi e che oggi ti porti ancora appresso?
Terminati gli studi allo IED di Milano, ho vinto una borsa di studio di residenza per artisti a Parigi. Mi sono quindi trasferito e ho trovato uno spazio dove lavorare, ideare, progettare e in parallelo ho avuto la mia prima esperienza lavorativa presso uno studio di architettura. Sarei rimasto a vita a Parigi, ma sentivo la necessità di stimoli differenti, soprattutto sul tema della qualità del progetto.

Zen by Wall&decò, Design Federico Peri

Zen collection by Wall&decò

Fontanella by FontanaArte, Design Federico Peri

Fontanella by FontanaArte

Ho avuto l’opportunità di un colloquio lavorativo con Claudio Saverino, dello studio Vudafieri Saverino Partners, che era stato mio docente e con cui ero rimasto in contatto. Mi hanno preso nel loro studio e sono quindi tornato a Milano. Con il loro team ci dedicavamo alla progettazione di interni, che era peraltro la mia formazione, soprattutto nel campo retail e fashion store dove per la maggior parte si trattava di creare tutto su disegno. Questo sicuramente ha fatto la differenza, dopo che tra il 2010 e 2011 ho aperto il mio studio e ancor più quando nel 2014 ho iniziato a dedicarmi molto al prodotto.

Tutto inizia quando la Nilufar Gallery ti “scopre” al Fuorisalone…
Sì, esatto. Nel 2015, forte dell’esperienza positiva dell’anno precedente al circuito Ventura Lambrate, dove avevo esposto i miei primi pezzi, mi sono ripresentato al Fuorisalone con nuove proposte: Nina Yashar della Nilufar Gallery le ha viste e ha acquistato l’intera collezione che avevo creato in quei due anni. Da lì è iniziata una collaborazione che mantengo ancora oggi, disegnando pezzi ad hoc per la galleria. Non posso nascondere che ero e rimango entusiasta: Nilufar era una galleria che seguivo con attenzione fin dai tempi dell’università! Il 2014 e il 2015 sono quindi stati uno spartiacque per la mia carriera, quando ho iniziato a dare al product design una rilevanza maggiore. Fino ad oggi, in cui mi dedico sia agli interni che al prodotto.

Federico Peri collection by Nilufar Gallery - Photo © Studio Rocci

Federico Peri collection by Nilufar Gallery – Photo © Studio Rocci

Calici collection by Salviati, Design Federico Peri

Calici collection by Salviati

I prodotti che disegni per Nilufar sono stilisticamente distanti da quelli che realizzi per le aziende del design: adotti approcci differenti?
Nei progetti per la galleria sono più libero di interpretare e rappresentare me stesso perché non ci sono vincoli di mercato da rispettare. A volte le aziende richiedono la tua massima espressione artistica, altre volte invece necessitano una certa tipologia di prodotto quindi occorre lavorare su un brief definito. E ovviamente si aggiunge un discorso economico: con le aziende è importante non sforare i budget e ottimizzare i costi di produzione, mentre con le gallerie c’è più apertura, trattandosi di edizioni limitate (solitamente 20, 30 pezzi al massimo) o customizzate, quindi ogni prodotto diventa una storia a sé. Infine c’è la questione dei materiali: ho attenzioni diverse per i diversi materiali a seconda dell’interlocutore finale, se ad esempio sto disegnando per FontanaArte, che ha come materiale principe il vetro, o Baxter, che predilige la pelle. La galleria non è invece vincolata da specifici materiali, dipende da ciò che penso e creo in quel preciso momento.

C’è stata un’evoluzione stilistica del tuo tratto dagli esordi a oggi?
In linea generale cerco sempre un tratto asciutto e di far parlare il materiale rispetto al tratto stesso. Non a caso un binomio di stili che mi piace tantissimo e da cui traggo ispirazione è il Bauhaus e il periodo della Secessione viennese. Ma credo che un’evoluzione in effetti ci sia stata. Nei miei primi lavori il materiale predominante era il metallo (lo è ancora, ma inizialmente molto di più). Questo perché sono cresciuto a contatto con la mia famiglia e i miei nonni che avevano una fabbrica di scaffalature industriali, dove durante l’infanzia mi rifugiavo e passavo molto tempo a giocare e maneggiare i pezzi di metallo che trovavo. I primi prodotti che ho realizzato sono tutti legati quindi a questo materiale, sia perché volevo che rappresentasse il mio percorso fin dal principio, sia perché era il materiale che conoscevo meglio tra tutti. E il metallo ti porta ad aver linee molto rigorose, nette, squadrate, fatte di tubolari e superfici piane: uno stile quindi secco e preciso come il mondo Bauhaus. Ora sento che quel tratto è sicuramente rimasto in me, ma avendo sperimentato molto anche altri materiali come il vetro o pelli e tessuti negli imbottiti, mi sono avvicinato a forme leggermente arrotondate (ma nulla di organico, che un concetto in cui non mi riconosco). Sono quindi in una fase in cui mixo una parte delicatamente morbida con una parte più netta e precisa che mi porto dentro da tempo.

Il materiale che oggi prediligi quindi?
Il metallo resta il primo in classifica! Ma ultimamente sto lavorando molto con il vetro soffiato, recandomi anche a Murano nelle fornaci, grazie anche a collaborazioni con Salviati, Purho Murano e talvolta Nilufar: è un materiale che offre infinite possibilità, anche di colore e sfumati – al contempo grandi limiti come le dimensioni e il peso o la fattibilità, perché soffiare una sfera di 60cm di diametro diventa un’impresa. Ma mi piace perché richiede un gesto istintivo: puoi anche progettare un prodotto su carta in studio, ma quando vai in fornace e ti confronti con il Maestro vetraio o vuoi modificare un dettaglio al momento, il materiale ti impone di prendere una decisione immediata, altrimenti il vetro si fredda e non puoi più modellarlo.

Incisioni Collection by Purho Murano, Design Federico Peri

Incisioni collection by Purho Murano

Belt by Baxter, Design Federico Peri

Belt by Baxter

Stone by Baxter, Design Federico Peri

Stone by Baxter

Quali novità quest’anno metterai in scena?
A inizio anno c’è stata un’anticipazione della collezione 2021 di Wall&decò per la quale ho disegnato tre carte da parati; sono poi state appena presentate due lampade che ho realizzato per Purho Murano. Ma sono in cantiere altre novità con Baxter e Nilufar. Sul fronte progetto, sta per inaugurare un boutique hotel in centro Milano di cui firmo l’interior design, Amabilia Private Suite.

Puoi allora raccontarci di questo progetto?
Non vedo l’ora sia concluso, è un vero gioiello: conta solo quattro camere fronte Duomo. Quando m hanno chiesto di progettare l’interior, il cliente non aveva una chiara direttiva, quindi ho pensato, vista l’eccezionale posizione, che dovessimo raccontare Milano. Come a dire: “Questa è Milano, e poi c’è Duomo che trovate lì fuori”. Ogni camera quindi ospita un tema, con una struttura di base molto simile, differente invece per colori e materiali: La Scala, con riferimento al teatro; Monte Napoleone, che ha affinità con la moda; Apertitivo, non inteso come happy hour ma come rituale sociale sobrio e milanese, dai colori cognac; e Triennale, un omaggio al design e alla storia del design milanese; qui troveremo quindi un divano di Cassina, una lampada Flos e una sedia di Gio Ponti.

Spazi dal prodotto all’interior: cosa non hai ancora disegnato che vorresti realizzare?
Mi piacerebbe dedicarmi a una linea di abbigliamento. Ho iniziato con l’interior design, ora sono più focalizzato sul prodotto (anche se in questo campo ci sono molte tipologie che non ho ancora approcciato), ma l’abbigliamento si discosta dal mio percorso tradizionale e questo mi incuriosisce e affascina.