Decreto ‘Cura Italia’. Netta bocciatura da FLA

Approvato dal Consiglio dei Ministri e firmato dal Capo dello Stato Sergio Mattarella, è in vigore dal 17 marzo il nuovo decreto legge ‘Cura Italia’ per far fronte all’emergenza Coronavirus. Punti di forza e di debolezza sugli ammortizzatori sociali messi in opera per imprese e lavoratori. Con una stroncatura: quella sulle scadenze per i pagamenti alla Pubblica Amministrazione

Gli interventi straordinari adottati dal Governo e contenuti nel maxi decreto ‘Cura Italia’ per far fronte all’emergenza coronavirus toccano i nervi scoperti delle imprese. Nel bene e nel male. Stanziati 25 miliardi, di cui oltre 10 a sostegno dell’occupazione e per la difesa del lavoro e del reddito. Un “modello italiano per quanto riguarda la strategia e la politica economica” a detta dello stesso Ministro del Consiglio Conte, e non solo. Anche se, appena entrate in campo, alcune misure sono già oggetto di profonda critica, soprattutto nel settore arredo costituito da un tessuto di aziende al 60% medio-piccole supportato da una filiera di artigiani. “I politici non vivono nel mondo reale” – è l’amara dichiarazione a caldo di Emanuele Orsini, presidente FederlegnoArredo – federazione in rappresentanza dell’importante filiera industriale del mobile e dell’arredo – e imprenditore in prima linea con Sistem Costruzioni, sul differimento delle scadenze.

 width=Un’esternazione condivisa, dato che in questo momento ciascun imprenditore, oltre a cercare di mettere in sicurezza le proprie aziende per garantire beni indispensabili a tutti, sta trattando con i fornitori per spostare i pagamenti e con le banche per avere linee di credito aperte. E soprattutto, sta chiedendo sacrifici ai propri dipendenti. “E lo Stato cosa fa? – replica Orsini – Ci concede solo 4 giorni in più per ottemperare ai versamenti nei confronti della pubblica amministrazione.

Partiamo dal ‘pacchetto’ che lega imprese e lavoratori. Via alla cassa integrazione in deroga fino a 9 settimane per tutto il territorio nazionale e per tutti i settori produttivi, anche per le imprese escluse dagli ammortizzatori sociali. Autorizzati la Cig ordinaria anche per le imprese che già si trovano in Cig straordinaria e un assegno ordinario fino a 9 settimane per quelle che hanno in corso l’assegno di solidarietà. Anche le aziende con meno di 5 dipendenti hanno a disposizione la nuova causale ‘Covid-19’ per le stesse settimane. Per incentivare la sanificazione degli ambienti di lavoro, è riconosciuto alle imprese un credito d’imposta per il periodo 2020 nella misura del 50% delle spese sostenute, fino a un massimo di 20mila euro, con uno stanziamento massimo di 50 milioni di euro. Resta l’incognita, però, dovuta al non automatismo dell’operazione: bisognerà infatti attendere istruzioni da parte del Ministero dello Sviluppo economico su come il credito sarà spendibile, presumibilmente con la dichiarazione dei redditi presentata nel 2021.

Ma le note più dolenti per le imprese restano le scadenze per i pagamenti alla Pubblica Amministrazione che slittano dal 16 al 20 marzo, con una comunicazione ufficiale avvenuta il 17 dello stesso mese. Alla luce del fatto che, per non ricorrere in sanzioni, sembra che quasi il 90% delle aziende abbia già provveduto all’attivazione dei versamenti, in un clima di crisi generale conclamata, un tale provvedimento suona come una beffa che si aggiunge al danno. Chi ha pagato, non ha diritto al beneficio.

Resta un lume di speranza per le imprese con ricavi non superiori a 2 milioni di euro, i cui versamenti di autoliquidazione (iva, ritenute dipendenti e contributi previdenziali) che scadono tra l’8 e il 31 marzo sono sospesi: tali versamenti sospesi dovranno essere effettuati in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020, oppure a rate (fino a un massimo di 5) a decorrere dalla stessa data.

È ora estesa al settore privato, oltreché a quello pubblico, l’equiparazione al periodo di malattia l’assenza dal lavoro per quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria per coronavirus. Scatta, invece, un extrabonus di 100 euro per i lavoratori dipendenti che continuano a prestare servizio in azienda durante il periodo di emergenza (quelli con un reddito complessivo non superiore a 40mila euro). Per quanti – e sono molti – sono alle prese con la gestione dei figli (fino a 12 anni) rimasti a casa per la sospensione delle lezioni, sono previsti un congedo parentale per un periodo di 15 giorni, con indennità pari al 50% della retribuzione, oppure un bonus di 600 euro per acquisto di servizio di baby-sitting. Anche qui, rimane un punto di sospensione: il tutto è riconosciuto da datore di lavoro, sulle modalità operative sarà necessario attendere istruzioni dall’Inps.

“Sinceramente mi sembra di vivere su un altro pianeta – continua Orsini -. Su un pianeta in cui la classe politica non sta capendo fino in fondo quello che sta succedendo all’economia del nostro Paese”. Se qualcuno mi chiede di convincere i miei associati a pagare, sinceramente rispondo con un convinto no”. Staremo a vedere se il Governo sarà aperto ad una rettifica di tempi e rimborsi, oppure no. Quel che certo è che le imprese devono fare sentire la loro voce.

Prossimamente, sulle pagine virtuali di IFDM, porremo un’ulteriore lente d’ingrandimento sulle misure adottate dal decreto a sostegno delle imprese, in un filo diretto con FederlegnoArredo, prezioso punto d’osservazione, ora più che mai.