Follia nordica

Due stelle Michelin, quattro volte miglior ristorante del mondo, sette aperture pop up disseminate in vari Paesi, tutte sold out. Ora, il Noma di Copenhagen cambia volto, zona, approccio e diventa ‘fattoria sperimentale’ grazie alla passione per i salti nel buio del suo fondatore, lo chef René Redzepi, e alla stoffa creativa di Bjarke Ingels (BIG) e David Thulstrup

Che René Redzepi, chef e proprietario del Noma di Copenhagen, non fosse mai appagato a sufficienza degli alti traguardi di successo raggiunti, ma al contrario desideroso di varare sempre nuove mete e orizzonti inesplorati, lo si poteva facilmente intuire. Non è facile continuare a stupire.

Noma resturant, Copenaghen
Noma resturant, Copenaghen

Proprio come Bjarke Ingels e il suo studio di progettazione BIG – mai acronimo è stato più azzeccato – che ha fatto di avanguardia e sperimentazione la propria bandiera.
È forse questa comunanza di impetuosa ‘insoddisfazione’ ad avere scritto il loro incontro nei rispettivi destini. E anche in quello del terzo cavallo di razza David Thulstrup, designer e architetto fuori dagli schemi.
Questo trio recentemente è riuscito a condensare modernità e passato, genio e bellezza in un insieme assolutamente originale e innovativo da lasciare a bocca aperta.

Noma resturant, Copenaghen
Noma resturant, Copenaghen

La sfida è stata quella di chiudere un ristorante pluripremiato e riaprirlo in una zona periferica della città, vicino Christiania, a ridosso di mura fortificate del ‘600, per dare vita a quello che lo stesso Redzepi ama chiamare ‘villaggio’: un complesso di circa 1.290 metri quadrati dove poter introdurre maggior biodiversità del territorio, accentuare la tradizione nordica nei piatti, esplorare anche in modo radicale i confini culinari della regione.

Noma 2.0 è costituito da 11 diversi edifici, progettati dallo Studio BIG ognuno con una personalità propria, caratterizzata da un materiale e da una precisa destinazione d’uso – sala da pranzo, entrata, sala d’attesa, area privata… Qui, un corpo esistente in cemento, ex deposito per le munizioni, è stato convertito in cucina, laboratorio di fermentazione e stanza per lo staff. Tutte le porzioni architettoniche hanno espressioni individuali forti che diventano ancora più potenti perché parte di un tutt’uno.

Un agglomerato che ricorda le classiche fattorie del Paese, circondato da una vegetazione rigogliosa con vista sul lago, che lo Studio David Thulstrup, col suo progetto d’interni, ha saputo ‘trattare’ con onestà, semplicità e modernità, proprio per dare eco alle strutture senza snaturarle. “Gli interni, come l’architettura, devono rispettare il luogo in cui si trovano”, è stato l’input di Redzepi.
E il risultato del lavoro congiunto di BIG+Thulstrup parla un linguaggio estremamente scandinavo ma senza nessuno dei cliché estetici nordici. I materiali sono i veri protagonisti, tanto che elementi strutturali e d’arredo arrivano a fondersi, come i cassetti contenitivi perfettamente mimetizzati nella parete interamente rivestita in mattoncini di legno di quercia, tenuta insieme da ben 250.000 viti invisibili.

Sala da pranzo, Noma resturant, Copenaghen
Sala da pranzo, Noma resturant, Copenaghen

Nella sala da pranzo principale ha una presenza scenica la trave bicentenaria naturalmente scurita, ritrovata nell’area circostante del porto, che, così com’è, fa da bancone centrale. Come anche i tavolini in granito svedese rifiniti a grezzo nella lounge. Persino la cucina, voluta dallo chef ben in vista “perché l’energia possa raggiungere i commensali”, è un capolavoro di ebanisteria, interamente rivestita in legno di quercia (pomoli compresi) anziché nel consueto acciaio, disegnata da Thulstrup e prodotta da Maes Inox.

Noma resturant, Copenaghen
Sala da pranzo, Noma resturant, Copenaghen

La maggior parte degli elementi d’arredo è stata appositamente pensata e realizzata su misura, grazie all’ausilio di un folto numero di artigiani e aziende, soprattutto locali, come Dinesen specializzata in rivestimenti in legno. Tavoli e sedie sono il prodotto di una consulenza tra lo chef e il designer d’interni, una rivisitazione contemporanea della tradizione scandinava, questa volta con seduta e schienale in corda intrecciata, realizzata dall’azienda a conduzione familiare Brdr. Krüger.
Mentre il sistema di illuminazione, essenziale nelle linee, è stato sviluppato dallo Studio David Thulstrup con l’australiana XAL. Cura e personalizzazione anche per le stoviglie.

Noma resturant, Copenaghen
Noma resturant, Copenaghen

L’artista del vetro Nina Nørgaard ha disegnato e realizzato 2.000 bicchieri soffiati a mano, e una squadra di 5 ceramisti si è occupata di forgiare sempre a mano diversi servizi di piatti (oltre 6.000 pezzi), da cambiare secondo le stagioni. Se si vuole varcare la rudimentale e affascinante entrata di Noma 2.0, che fa venire voglia di togliersi le scarpe e mettersi a proprio agio, conviene già prenotare. La lista d’attesa è lunga.

Noma resturant, Copenaghen
Noma resturant, Copenaghen
Noma resturant, Copenaghen
Noma resturant, Copenaghen