Ha già stravolto l’industria dell’ospitalità più di 25 anni fa, scardinando canoni e modalità cementati. Ora torna a cambiare le carte da gioco su un tavolo che è gremito, fiutando lifestyle e necessità sul nascere. A Ian Schrager, radicale e visionario proprietario alberghiero inventore dei boutique hotel, piace dettare le regole tanto quanto sovvertirle. Lo ha rifatto con Public, l’hotel newyorkese con un solo must: lusso per tutti. “Ho voluto creare un luogo d’accoglienza adatto al contesto in cui viviamo – sentenzia Schrager –, qualcosa che rispecchi il mio gusto e sensibilità come anche la cultura popolare del tempo”.

È il lusso democratico l’onda cavalcata ora dall’imprenditore statunitense, che per il suo Public – un nome che la dice già lunga – ha stabilito 4 pilastri: servizio, stile, unicità, valore. E cioè, il gusto pieno di un’esperienza come poche nel suo genere che non passa attraverso i codici dell’identificazione (business, costo…) ma delle sensazioni.
Per questo, servizio e comfort, cuore pulsante della struttura, sono stati completamente ripensati valorizzando al massimo le necessità reali degli ospiti: “Al pubblico importa dormire in un letto confortevole, meno del tipo di filo delle lenzuola; bere un caffè di qualità, servito caldo e senza attese, piuttosto che nella porcellana cinese” – continua Schrager.



Qui l’interazione umana è centrale, tanto da concepire una nuova figura professionale, quella del Public Advisor che dovrà personalizzare al millimetro ogni esigenza del cliente come farebbe con un ospite a casa propria.
Anche l’atmosfera deve essere coinvolgente e anche in questo caso Schrager conferma l’intuito nella scelta di un design accattivante, già dimostrato con gli hotel affidati in passato a Philippe Starck. Public porta, infatti, due firme autorevoli, quella di Herzog & de Meuron e di John Pawson. Di nuovo, compare un’estetica ripensata e studiata con precisione, questa volta universalmente attraente: non è shabby chic, rétro, industriale, riciclato e nemmeno l’ennesimo ‘look Brooklyn’… “è la semplicità come forma più alta della sofisticatezza – sottolinea il tycoon –. Lo stile è personale, provocatorio, esuberante, ma sempre raffinato e sobrio. Qualcosa che si potrebbe definire ‘cozy radical chic’ capace di interfacciarsi con tutte le generazioni”.



Non ci sono rappresentazioni scenografiche, in effetti, ma design introdotto con discrezione, onestà, convinzione, amore, passione. Un aspetto immediatamente percepibile che rilascia vibrazioni distensive e atmosfere familiari che fanno sentire ‘a casa’. Un ‘feel good’ diffuso a cominciare dal progetto illuminotecnico – fondamentale – curato appositamente a seconda degli spazi, per proseguire nella scelta precisa di finiture e arredo, un mix difficilmente identificabile in uno stile particolare.


La linea seguita è quella di non riempire oltremisura ma, anzi, di eliminare l’eccedente: le aree pubbliche disegnate per aggregare e connettere lavoro, piacere, divertimento, cultura; le 367 stanze dotate di ogni comfort senza eccessi, in perfetta armonia con la funzionalità e arredate con letti e sedute ergonomiche progettate su misura da Herzog & de Meuron e prodotte da Molteni&C; nei bagni, i lavabi in lastra di pietra disegnati appositamente sempre dagli architetti e realizzati da Laufen. Un accudimento personalizzato che va dritto al punto, insomma. Diretto e immediato come chi lo ha concepito. Provare per credere.



