La creatività scolpita nella luce. Intervista a Tom Dixon

Lei si definisce un designer autodidatta. Quali sono i punti di forza di questa formazione non accademica?

Ho frequentato solo per cinque mesi la scuola d’arte, abbandonandola appena ho sentito che non stavo imparando nulla. La mia energia deriva ancora dalla percezione del processo di progettazione come un hobby, oppure un passatempo divertente dal quale traggo un vero piacere.

Una delle esperienze più significative all’inizio della sua carriera è stata la collaborazione con Cappellini nei primi anni ‘90. Che ricordi ha di quel periodo?

Giulio Cappellini si è assunto molti rischi e aveva una visione unica di respiro internazionale. Ha consentito infatti a molti designer di esprimersi in un ambiente molto favorevole alla creatività. Questa collaborazione è stata affascinante, soprattutto per la forte inclinazione verso la manifattura, l’industria e il design. Gli artigiani e gli industriali italiani rispettano profondamente il design come componente intrinseca della vita e del lavoro. Credono nella qualità come valore imprescindibile e per questo motivo sono molto propensi all’innovazione.

Proprio per Cappellini ha disegnato S-Chair, che è diventata una delle icone del design contemporaneo. Come questo successo ha influenzato o cambiato la sua carriera?

La S-Chair mi ha offerto un’opportunità alternativa all’auto produzione, e molte visite a Milano…

Nel corso degli anni ha sperimentato nuove forme di espressione, che combinano arte contemporanea, design e artigianato. Qual è il rapporto tra creatività e funzionalità nel suo lavoro?

Cerco di evitare categorizzazioni o dividere il mio lavoro nella classica contrapposizione tra forma e funzione. Ogni pezzo ha una storia diversa e un punto di partenza particolare. A volte è più scultoreo a volte più utile o funzionale, a volte più definito da una tecnica di fabbricazione o da un materiale.

Da Jack ai più recenti Copper Shade e Beat, lei ha progettato molti sistemi di illuminazione. Cosa la affascina in questo settore del design?

Mi piace progettare luci perché è un campo in cui vi è una costante innovazione tecnica – nuove lampadine, sorgenti luminose… Ed è un contesto nel quale i clienti si sentono felici di sperimentare e portare la modernità nelle loro case.

Quali sono le differenze nei processi di progettazione di sistemi di illuminazione e mobili?

In linea di principio sono tecnicamente molto diversi.  Con i mobili si ha più a che fare con le strutture e l’ergonomia, mentre con l’illuminazione ci si confronta con l’ingegneria elettrica e la creazione di luminosità. Entrambe offrono opportunità scultoree molto interessanti.

Quali nuovi prodotti presenterà durante la Design Week milanese?

The cinema è uno spettacolo di intrattenimento nel quale presentiamo i nostri ultimi prodotti attraverso una serie di installazioni ambientate in un cinema abbandonato di  400 mq nel cuore di Milano. Le persone che partecipano alla Milano Design Week sono assalite da mostre e nuovi prodotti, ma nel nostro cinema è ShowTime! Ci sarà la possibilità di sedersi, rilassarsi e vedere alcuni Entertainment Design.

Il designer-imprenditore non si deve impegnare unicamente nella creazione di un manufatto, ma anche nella comunicazione, contestualizzazione e commercializzazione delle idee. L’ultima novità non è più solo un prototipo su un piedistallo, ma innovazione a disposizione istantaneamente – che può essere acquistata subito oppure consegnata ovunque.

Tra i nuovi prodotti mi piace citare Melt, nato dalla collaborazione con il collettivo di design radicale Front. Si tratta di un globo d’illuminazione distorta che crea un affascinante effetto “ipnotizzante” del vetro soffiato a caldo. Lo presentiamo in rame, cromo e oro.

Per quali motivi è ancora importante partecipare a un evento come il Salone del Mobile di Milano?

Perché, in virtù della stretta connessione con l’industria del mobile nella regione e la sua importanza internazionale, è diventato il Carnevale globale del design.