Nel continuo evolvere della Storia ci sono momenti di relativa stasi e altri invece in cui le cose cambiano più in fretta. In questi ultimi anni si ha l’impressione di essere in uno di questi periodi. Prima la pandemia, in seguito il conflitto tra Russia e Ucraina: eventi inattesi e polarizzanti che hanno dato una spinta in avanti a molti aspetti della nostra società. Con ampie ricadute in tutti i settori. Anche l’industria del design avverte questi cambiamenti, specialmente per quello che riguarda le strategie di distribuzione. Ne parliamo con Giuliano Galimberti, Export Sales Director di Flexform.
Come sta cambiando il mondo, dal vostro punto di vista? Quali sono oggi i mercati maggiormente interessanti e perché?
Ci sono stati eventi – prima la pandemia e poi la guerra – che in qualche maniera hanno modificato alcune dinamiche. Però la fotografia generale non è così sconvolta rispetto al passato. È in Oriente che ci sono stati i cambiamenti più significativi: principalmente per la Cina, dove si è registrato un rallentamento rispetto alla crescita vertiginosa che eravamo soliti vedere in passato, con nuove aperture, nuovi spazi. Una crescita di volumi ma anche di distribuzione. Per il resto, e non credo sia in relazione né alla pandemia né alla guerra, abbiamo assistito a un interessante sviluppo dei Paesi del Golfo, per esempio: lì ci sono ragioni di altra natura, per esempio le prospettive di sviluppo dell’Arabia Saudita, il cambio di approccio nei confronti della conduzione del paese, l’apertura verso il turismo. Questo ha dato la spinta a progetti avveniristici e investimenti importanti. Ma tutta l’area è interessante: gli Emirati, il Qatar dove che sta per ospitare i Mondiali di calcio.
Questo sta ridisegnando la geografia dell’export?
Proprio l’area degli Emirati Arabi è diventata – e questo è un po’ una conseguenza di quanto sta accadendo nel mondo – una destinazione più stanziale rispetto a prima, dove si registrava un turismo di passaggio. Adesso ci sono molte persone (ovviamente quelle che hanno i mezzi necessari) che cominciano a stabilirsi lì. E quindi di conseguenza investono nelle case e nell’arredamento. Per quello che riguarda Russia e Ucraina non c’è stata l’interruzione totale che si temeva all’inizio. Piuttosto, si è registrato un certo movimento nelle ex repubbliche sovietiche, probabilmente dovuti a spostamenti dalla Russia. Per il resto, gli Stati Uniti vanno bene e in Europa vediamo una certa stabilità. La fotografia generale del mondo non è così sconvolta rispetto al passato. Stiamo dando attenzione a tutti i Paesi che avevamo già messo in target di sviluppo nel periodo pre-Covid. Andiamo avanti così.
Può fare degli esempi?
L’America Latina, che può offrire delle opportunità nel futuro vicino. È un’area non ancora ben sviluppata per quanto riguarda la distribuzione del mobile, c’è ancora molto da fare. Sono tanti Paesi da cui può uscire qualcosa. Poi ci sono delle prospettive interessanti per il Vietnam, in fase ancora progettuale: di tutto il Far East è quello in cui al momento abbiamo meno sviluppo.
Ogni mercato ha una sua specificità. Quali sono le strategie di gestione del brand che utilizzate a livello globale?
A noi piace affrontare ogni nuovo mercato, ma anche quelli dove siamo presenti, usando gli stessi tipi di approccio, gli stessi codici, le stesse idee. Non cerchiamo mai di adeguare il nostro modo di lavorare, di esporre, di produrre, di proporre in base a quello che si pensa siano le esigenze specifiche del singolo paese. Quando in passato ci siamo approcciati a nuovi mercati ci dicevano cose tipo – faccio due esempi banali – “in Giappone le case sono tutte piccole quindi bisogna proporre dei divani di dimensioni ridotte”, oppure “nei paesi orientali i cotoni e tutti i tessuti che appaiono semplici non funzioneranno mai”. Noi abbiamo sempre avuto il coraggio di mostrarci per quello che siamo a livello progettuale e stilistico. Penso che sia doveroso per un marchio come il nostro che ha una sua identità, che si riconosce per il suo stile e per il suo modo di proporsi, di ambientare il prodotto. La nostra idea è di replicare tutto questo in ogni luogo dove Flexform si può presentare. Non scendiamo mai a compromessi. Poi, certo, ogni mercato va affrontato nella maniera in cui è abituato a lavorare. Ma dal punto di vista del nostro approccio cambia poco.
Quali sono i vostri piani sull’estero per il futuro?
L’azienda programma degli investimenti generali per il suo sviluppo e la sua crescita e per incrementare la presenza nella distribuzione. Ovviamente l’estero è una parte predominante di questi investimenti, anche per ragioni di superficie, per noi come per gran parte del settore del design di alto livello. Stiamo molto attenti a preservare quello che abbiamo costruito negli ultimi decenni, perché non è facile avere una distribuzione consolidata fatta di rivenditori selezionati, affidabili, fedeli – nel senso che si impegnano a condividere il nostro progetto, a presentare le nuove collezioni, a rimanere aggiornati. Preservare il costruito è un dovere, ovviamente con un occhio puntato verso lo sviluppo, a un’implementazione della presenza all’estero e magari anche alla conquista di nuove realtà che potrebbero emergere nei prossimi mesi o anni.
Tutte le immagini courtesy Flexform