Il caso Visionnaire: da azienda familiare ai Fondi d’investimento fino al nuovo management

La letteratura economica è ricca di case history di aziende con un susseguirsi di generazioni al timone: qual è la storia di Visionnaire in questo senso?
Avevo 20 anni quando maturai la convinzione di voler entrare nell’ azienda di famiglia, rappresentavo la terza generazione, avevo idee che puntavano sull’innovazione.
I comandamenti delle aziende del settore sembravano fissati su sacre tavole. Arredamento, un affair per soli specialisti. Visionnaire ha scardinato questo paradigma: un linguaggio complessivo, un insieme di piattaforme produttive nei distretti italiani dell’eccellenza artigiana, un nuovo lusso, fatto di memoria e riferimenti consapevoli, interpretato con un linguaggio moderno, contemporaneo e glam. Una rivoluzione concettuale, che si rivelò da subito un successo commerciale travolgente. L’azienda è cresciuta guadagnando e generando abbondante cassa: questo ha interessato i fondi di private equity che, per loro natura, sono sempre alla ricerca di aziende con un tasso di crescita importante e con un robusto cash flow. Ho avuto quindi l’opportunità di incontrare l’imprenditore Daniele Selleri e il fondo Alto Partners che dal 2009 hanno condiviso il progetto di crescita con la mia famiglia. Crescita che soprattutto negli ultimi 6 anni, è stata importante. L’azienda infatti è passata da 17 milioni di fatturato con 3,5 milioni di margine operativo, agli oltre 42 milioni di giro d’affari e 9 milioni di margine registrati nel 2016, con l’obiettivo di raggiungere quota 50 milioni quest’anno superando gli 11 ml di EBITDA.

La scelta di un manager esterno per Visionnaire: quali sono stati i motivi che hanno spinto lei e la sua famiglia a intraprendere questa strada?
Dal 2009 abbiamo inserito nuovi manager in azienda, anche esterni alla famiglia, in tutti i ruoli chiave delle operations. Oggi contiamo su 6 dirigenti interni, oltre a molti consulenti esperti che provengono della nautica di lusso, dal mondo della moda o dal mondo dell’alta finanza, che ci danno un grosso contributo nella definizione delle strategie.
Era il 2014 quando il fondo Ergon (gruppo Bruxelles Lambert) decide di entrare come forte azionista in Visionnaire e insieme decidemmo di condividere un percorso che arrivasse a completare la squadra di management fino alla posizione di CEO, ricercando il profilo giusto proveniente da aziende di grandi dimensioni e fortemente organizzate. Abbiamo trovato le giuste caratteristiche in Andrea Gentilini, con cui è nato subito un ottimo feeling.

Fino a due anni fa si parlava dell’ingresso dei Fondi nelle aziende di arredamento come condizione necessaria per poter mantenere
competitività soprattutto all’estero; adesso l’aspetto strategico legato alla crescita sembra aver assunto molta importanza. Cosa ne pensa?

La competitività e la presenza sui mercati esteri la può trovare solo l’azienda, il fondo di private equity difficilmente può aiutare in questo. Direi che il contributo maggiore è in chiave strategica, di medio lungo periodo.
Il vantaggio per l’azienda è quello di avere un socio finanziario che non appartiene alla famiglia e che sposta il focus tutto sulla crescita e sulla marginalità, sui programmi, sui progetti di medio lungo termine, con un’attenzione al controllo dei numeri e dell’organizzazione.
Proprio perché non operativi e spesso con competenze non specialistiche sul design, i progetti aziendali per essere accolti dal socio finanziario in sede di budget vanno spiegati, dimostrati con la giusta logica e con il supporto dei numeri. Si tende quindi ad “alzare la testa” molto più spesso, a prendere decisioni più ponderate, a commettere meno errori.

 

FONDI E INVESTIMENTI PRIVATI PER IL COMPARTO ITALIANO DELL’ARREDAMENTO
In un settore che conta solo circa 20 realtà che superano i 100 milioni di fatturato, l’arrivo dei Fondi di Investimento e degli investitori privati ha consentito di aggregare aziende sinergiche tra di loro e soprattutto creare le condizioni per lanciare a livello globale il Made in Italy di alta gamma, tra retail e contract.

Italian Creation Group va controcorrente
Fondata nel 2013 da Giovanni Perissinotto (ex Genarali) e Stefano Core (ex Telecom), ICG ha scelto un modello di sviluppo di tipo industriale, diverso nella forma e nella sostanza da quello dei fondi di private equity. Il gruppo è sostenuto da investitori privati italiani ed esteri e in alcuni casi anche da coloro che l’azienda l’hanno venduta a ICG (vedi Laura Buoro, fondatrice di Nice Group, che ora è anche nel CdA di Icg). Sinergie tra le aziende, strategie di internazionalizzazione, sviluppo del contract, ma anche del trade con il progetto di 5 showroom di gruppo “Icg Worldwide”, per chiudere il cerchio e creare l’indispensabile triangolo strategico annunciato dall’AD Core che ritiene il successo possibile se si hanno prodotto di qualità, brand riconoscibile e selezionata distribuzione. Il Gruppo oggi ha un fatturato che si attesta tra i 70 e 100 milioni, l’obiettivo è quello di arrivare a 200 milioni con una significativa crescita dell’export (dall’attuale 50% al 60%).

Il management nella governance
Pep (Private Equity Partners) nel 2015 ha acquisito il pacchetto azionario di Gervasoni, Very Wood e Letti&Co (i fratelli Gervasoni detengono il 30% del nuovo fondo) e nel 2016 la proprietà di Meridiani. Creazione di un polo italiano del design in grado di competere a livello internazionale sia nel retail che nel contract e crescita sui mercati internazionali per arrivare a un fatturato di 150 milioni entro 5-6 anni. «Dopo un anno esatto dall’annuncio dell’acquisizione – afferma Renato Crosti – posso dirmi soddisfatto della mia scelta. Non ci sono stati veri e propri cambiamenti nella gestione anzi, nel pieno rispetto del DNA aziendale sono state introdotte nuove iniziative volte a un’ulteriore crescita del marchio, con un completo senso di continuità rispetto a quanto fatto in precedenza; ci sono infatti novità soprattutto per quanto riguarda il digitale: stiamo creando nuovi processi che porteranno gradualmente a una maggiore visibilità e riconoscibilità, oltre a rendere possibili ulteriori strategie di gruppo».

Flos, B&B Italia e Arclinea: i fiori all’occhiello di Investindustrial
Investindustrial è una società d’investimento indipendente leader in Europa con 5,6 miliardi di euro di capitale raccolto tramite i suoi fondi. L’attenzione del Fondo di Andrea Bonomi per l’arredamento si è concretizzata già dal 2003 (fino al 2006) con l’acquisizione della Castaldi ed è proseguita poi con l’acquisto nel settembre del 2014 dell’80% delle quote di Flos (seguita da quelle di Ares, Lukas Lighting e la recente KKDC France, tutte nel settore dell’illuminazione) per poi entrare (nel giugno 2015) in B&B Italia (a sua volta già passata dal Fondo Opera) che a sua volta rileva nel settembre 2016 Arclinea. Grazie a questo accordo Investindustrial crea un player nell’arredo di design da oltre 200 milioni di euro di fatturato, con una quota di export di circa l’85% e una presenza globale in oltre 80 Paesi nel mondo.

La crescita di Flos
Fondata nel 1962 e ancora guidata da Carlo Gandini, oggi arriva a un giro d’affari di 208,4 milioni di euro con una crescita che nel 2016 è stata del 4,7%. Lo scorso anno l’indice di redditività EBITDA è salito del 6,3% a 53,8 milioni.

L’esperienza positiva di Poltrona Frau Group, da azienda indipendente a Haworth passando per il Fondo Charme
Nel 2004 il Fondo Charme acquisisce il 75% delle quote di PFG, subito dopo acquista Cappellini e Cassina.
Le acquisizioni hanno anche generato significative sinergie a livello distributivo e produttivo che hanno comportato una rapida crescita dell’EBITDA. Charme ha quotato PFG nel 2006, con la vendita del 23% in una IPO che ha registrato una domanda 20 volte superiore all’offerta. Nonostante la crisi finanziaria partita nel 2007, Charme e PFG acquisirono un nuovo management e svilupparono un nuovo piano industriale quinquennale incentrato sulla rapida internazionalizzazione dei marchi, con l’apertura di 23 negozi diretti Poltrona Frau nelle capitali del lusso mondiale. Il Fondo Charme nel febbraio 2014 ha ceduto per 271 milioni di euro PFG all’americana Haworth, leader mondiale nel mercato degli arredi per l’ufficio e già partner distributivo nel mercato nord-americano. Durante il periodo d’investimento del Fondo Charme la crescita dell’EBITDA è stata del 420%.