Dopo il presente dell’architettura, The State of the art of Architecture, tema scelto da Joseph Grima e Sarah Herda per la prima edizione del 2015, quest’anno la Chicago Architecture Biennial affronta il passato per individuare le nuove vie nel futuro dell’architettura. L’invito dei curatori Sharon Johnston e Mark Lee agli oltre 140 partecipanti era di “Make New History”, proponendo attraverso diversi media idee e paradigmi, che ruotassero attorno a quattro approcci fondamentali per leggere la storia: quella degli edifici, dei materiali usati, dell’immagine, e quindi della rappresentazione dell’architettura, e delle storie civiche, intese come significato dell’architettura nella collettività e nella città.
“Che siano disegni, installazioni, ambienti o performance, i progetti rivelano il valore del passato, e i moltissimi modi in cui la storia viene evocata nella produzione di nuove forme di pensiero architettonico”. Nello ‘statement’ i direttori artistici sottolineano che, “in un momento in cui una generale amnesia collettiva produce uno stato di eterno presente, è di estrema importanza comprendere attraverso quali canali si muove la storia e si dà forma all’architettura”.
La selezione di questa Biennale privilegia e mette in mostra quindi il lavoro di una generazione di architetti da tutto il mondo per indurre a riflettere sul rinnovato interesse per i ‘precedenti’ in architettura.
Due le mostre collettive allestite nelle sale del Chicago Cultural Centre. Una Vertical City nella Yates Hall in cui 15 studi propongono una ‘late entry’ allo storico concorso indetto nel 1920 per la progettazione della sede del Chicago Tribune, realizzata poi nel 1925 da Raymond Hood e John Mead Howells. Le proposte di 6A Architects, Barbas Lopes, Christ & Gantenbein, Ensamble Studio, Eric Lapierre, Barozzi Veiga, Go Hasegawa, Kéré Architecture, Kuehn Malvezzi, MOS, OFFICE Kersten Geers David Van Severen, PRODUCTORA, Sam Jacob Studio, Sergison Bates, Serie Architects e Tatiana Bilbao si materializzano in modelli giganti di grattacieli alti quasi 5 metri a cui fanno da termine di paragone i due modelli realizzati da Adolf Loos e da Ludwig Hilbersheimer nel 1922 per la loro partecipazione al concorso.
A questa città verticale si oppone l’Horizontal City della seconda collettiva installata nella GAR Hall con le proposte di Karamuk * Kuo Architects, Urban Lab, MAIO, First Office, Sauter von Moos, fala atelier, DRDH Architects, Besler & Sons LLC, Norman Kelley, Andrew Kovacs, REAL Foundation, Formlessfinder, The Los Angeles Design Group, Diego Arraigada Arquitectos, Lütjens Padmanabhan Architekten, WELCOMEPROJECTS, June14 Meyer-Grohbrügge & Chermayeff, The Living, Adamo-Faiden, Thomas Baeker Bettina Kraus, Angela Deuber Architect, Tham & Videgård Arkitekter, Charlap Hyman & Herrero, BUREAU SPECTACULAR. I modelli prodotti dai 24 studi coinvolti riproducono e reinterpretano in scala ridotta gli interni degli edifici più iconici nella storia dell’architettura internazionale.
La storia della città diventa essa stessa tema della Biennale, che si espande con ulteriori mostre ed eventi oltre Downtown in sei diverse istituzioni culturali, che diventano le Community Anchor di una iniziativa che intende coinvolgere l’intera città: The Beverly Arts Center, DePaul Art Museum, DuSable Museum of African American History, Hyde Park Art Center, the National Museum of Mexican Art, e the National Museum of Puerto Rican Arts and Culture. Con installazioni, performance, incontri, conferenze, film e progetti speciali sono più di 100 i partner culturali che quest’anno partecipano con un programma pubblico denso e articolato.