Addio a Ettore Mocchetti, l’inventore di AD

Architetto e giornalista, è stato per quasi quarant’anni alla guida della testata che aveva fondato, edizione italiana – la prima extra-USA – di Architectural Digest. Aveva 81 anni

Ettore Mocchetti – Photo © Federica Clari
Ettore Mocchetti – Photo © Federica Clari

Nella notte tra il 3 e il 4 aprile ci ha lasciati Ettore Mocchetti, l’uomo che forse più di chiunque altro ha portato il design a contatto con il grande pubblico. In Italia e non solo.

Architetto, per lui l’idea di progetto andava di pari passo con quella di stile dell’abitare. Forse anche da questo tratto – di professione e di sensibilità – era nata l’idea di creare l’edizione italiana di una rivista americana prestigiosa, Architectural Digest, le cui scelte editoriali andavano proprio in questa direzione. Adesso si chiama lifestyle; allora, e si parla del 1981, il concetto era ancora appannaggio di pochi.

Fu di Mocchetti l’intuizione di trasformare la testata in AD («Ce lo vedete il lettore italiano che in edicola chiede Architectural Digest?», ricordava con la sua caratteristica risata). La rivista ebbe un successo formidabile e cambiò il modo in cui gli italiani si rapportavano al design. Quel sottotitolo, Le case più belle del mondo, si trasformò in un criterio di riferimento. E la formula di AD diventò di ispirazione per tanti.

La copertina del primo numero di AD Italia – Photo @ Derry Moore

Per tutta la vita Mocchetti ha avuto il desiderio e l’abilità di comunicare con il grande pubblico. È stato un uomo di cultura vasta, aperta. Ha frequentato musei, gallerie, antiquari, librerie. E mercati delle pulci, che lo divertivano moltissimo e dove gli piaceva fare affari. Negli ultimi anni passava molte delle sue serate restaurando libri antichi.

Nel ritratto che Anatole France ha fatto di Vivant Denon (1747-1825), il primo direttore del Louvre, si legge: “A fianco dei vasi greci e dei marmi antichi, conservava porcellane cinesi e bronzi del Giappone. Non disdegnava nemmeno l’arte delle età barbare. Mostrava volentieri una figura di bronzo in stile carolingio, con pietre preziose incastonate nel cavo degli occhi e le mani d’oro (…). Denon si sforzava di classificare questi monumenti dell’arte secondo un ordine filosofico, e voleva pubblicarne la descrizione; saggio sino all’ultimo, ingannava l’età con nuovi progetti”.

Il Mocchetti che ho conosciuto negli anni in cui abbiamo lavorato insieme era un po’ così, enciclopedico e bon vivant. Ma anche uomo d’azione e di relazioni. A lui – e a tutte le persone per cui è stato una figura di riferimento – va il nostro saluto: mio, di Paolo Bleve, fondatore di IFDM, e di tutto il nostro gruppo di lavoro.