La MetaBohème non ha nulla a che vedere con la “gelida manina” di Mimì, la fioraia di pucciniana memoria (anche se visto il caro bollette che incombe sul nostro futuro prossimo, chissà). Niente assenzio prima e dopo cena: siamo ben lontani dalla vita piena di sofferenze di Baudelaire.
Per seguire questa tendenza basta rompere con i soliti principi e volare liberi seguendo poche ma essenziali direttive: come nel nostro moodboard, che ricrea un living aperto e fuori dai canoni, con arredi che accostano stili di epoche diverse e dai gusti lontanissimi. Per imparare a mescolare senza pregiudizi, stando solo attenti a non esagerare per non scivolare nell’accozzaglia e nel Kitsch.
Gusti, regole, divieti: tutto cambia, ma combattere contro la “dittatura morale” del nero è quasi impossibile. Per questo abbiamo deciso di lasciarlo come base, come principio del tutto. Una sfumatura opaca e profonda che abbiamo abbinato a due carte da paratI: una dipinta a mano e a una dall’effetto architettonico che crea una scenografia evocativa. E che rimanda ai toni del blu, quelli più introspettivi dell’intera gamma cromatica.
Per completare la cornice, un tappeto che risalta con una nuance verde-azzurro che ricorda l’assenzio, bevanda “maledetta” amata da tutti i veri bohémien: Proust, Baudelaire, Van Gogh, Wilde.
Una volta definita la “stanza”, l’abbiamo arredata. La seduta principale è una poltrona con pouf che anche nel nome – Twiggy – che ci porta diritti alla Swinging London: la bohème pop. Accanto, un cabinet che con il suo volume minimale e prezioso gioca a contrasto con il tavolo, un chiaro riferimento all’oriente come la leggerezza del lampadario, nato dalla torsione di un pezzo di carta.
Per i libri, che il vero MetaBohémien possiede in grande quantità, la scelta è inevitabilmente caduta su una libreria che scompare di fronte al peso della cultura. Anche per le sedute niente regole precise, tranne una: devono essere scombinate per rompere la monotonia.