Un’idea per sviluppare, promuovere e condividere l’arte, il design, la creatività, e farli arrivare a più persone possibili. Un obiettivo ambizioso: ampliare i confini di questi settori, portandoli (anche) lontano dai luoghi “fisici” e innescando processi di innovazione che uniscano realtà fisica, virtuale e aumentata.
Un nome, Particle, che rimanda a piccole porzioni di universo che acquisiscono senso solo se unite ad altre, proprio come fanno qui l’arte, l’economia, la scienza e il design. A garantire sull’eclettismo della società, che si divide tra l’Italia e Singapore, è il fondatore Bruno Bolfo, 38 anni, una famiglia di industriali alle spalle, una laurea in Economia alla Bocconi e una (più che) passione innata come collezionista d’arte.
“Un percorso di studi come il mio, unito all’esperienza imprenditoriale della mia famiglia, servono moltissimo. Specialmente oggi, l’arte deve essere economicamente sostenibile, i due mondi hanno necessità di parlarsi”.
Finora non era stato così?
“Adesso ancor di più, perché nessun museo o galleria può sopravvivere solo con ticket, caffetteria e book-shop. Per godere appieno dell’arte esperienziale vanno fatti investimenti importanti, non c’è più solo l’artista che dipinge una tela e la espone per vedere se vende. Ormai gli allestimenti e la tecnologia hanno costi molto alti”.
E voi cosa proponete?
“Qualcosa in apparenza molto semplice: utilizzare il digitale nello spazio fisico per accrescerne la fruizione e l’emozione del visitatore. Proponiamo un’esperienza diversa, che abbiamo soprannominato “phygital”, in cui fisico e digitale si completano a vicenda e l’atmosfera di un evento si mantiene viva anche dopo la fine dell’evento. Nessun contenuto viene racchiuso e chiuso in un catalogo, ma continua a evolversi, a vivere e a comunicare alle persone.
Mi faccia un esempio.
“Per trattare il tema della sostenibilità abbiamo chiesto al duo creativo Lanzavecchia + Wai di creare qualcosa di tangibile che raccontasse alle persone i veleni presenti nell’acqua. Loro hanno realizzato oggetti da tavola divertenti e colorati, come bottiglie di vetro di Murano contenenti plastiche, detergenti e gomme; oppure bicchieri di Martini dove il detergente, se agitato, entrava e contaminava il cocktail”.
L’aspetto digitale qui qual era?
“Nell’ambito di Curio Design Miami (13-19 giugno 2022), a Basilea, abbiamo organizzato tre interazioni: una con la realtà aumentata, dove si vedevano nuotare pesci in mezzo alle particelle tossiche e poi mangiarle; una ‘materiale’, in cui sopra alle persone a un certo punto cadevano pillole e medicinali, anch’essi presenti nelle acque; infine, abbiamo girato un video che raccontasse il modo con cui il pubblico interagiva con l’allestimento, c’erano ragazze che venivano inondate dalle pillole, bambini che cercano di prendere i pesci… ed è andata benissimo: i vicini di stand alla fine ci hanno chiesto se distribuissimo droga visto che la gente continuava ad avvicinarsi e passava da noi un sacco di tempo, divertendosi”.
Alla base c’è un po’ l’idea della gamification, anche.
“Precisamente, ma sempre collegata a un’esperienza dal vivo. Alla Design Miami, per esempio, abbiamo distribuito a ogni visitatore un token, un po’ come si fa con gli stamps per i passaporti dei pellegrini. Solo che noi poi diamo qualcosa in più: una volta raccolti i token, si potrà essere invitati a una cena esclusiva con designer o a qualche mostra particolare. Questo è un modo molto efficace per creare una “esperienza circolare”.