Il blu è il colore della profondità, del sogno, dell’altrove. Nell’interior design è un alleato potente per evocare emozioni e trasformare gli spazi. Tinta profonda come gli abissi, una delle più basse lunghezze d’onda che l’occhio umano riesce a percepire.

Yves Klein, con i suoi celebri monocromi, ha esplorato le potenzialità spirituali e sensoriali del blu puro. Nel 1960 aveva addirittura brevettato un pigmento, l’IKB (International Klein Blue), vibrante, assoluto, quasi immateriale. Un colore/idea che malgrado il fatto di non essere mai stato prodotto su scala industriale è riuscito a influenzare l’estetica di un’epoca.


Non a caso nel 1970 un altro grande talento creativo, Verner Panton, rendeva il blu protagonista di Visiona II Fantasy Landscape, installazione (oggi diremmo “immersiva”) in cui forme organiche e psichedelia cromatica creavano un ambiente radicale. Come essere in un acquario, con lampi fucsia, rossi, gialli.

Nei Giardini Majorelle di Marrakech, il blu – una sfumatura speciale, intitolata al pittore francese Jacques Majorelle che qui visse dagli anni ’30 – dipinge pareti e fontane in contrasto con il verde lussureggiante ed evoca la frescura dell’ombra: un uso scenografico e identitario del colore, capace di definire un luogo.


Più intima è la camera da letto nella casa anni ’20 dell’architetto e urbanista Bruno Taut (1880-1938): un interno azzurro e celeste che rifletteva l’ideale espressionista di un luogo capace di elevare lo spirito.
Nel manifesto del Bauhaus, il colore è inteso come “mezzo architettonico essenziale”, in grado di “strutturare lo spazio e determinare l’atmosfera”, affermando così una funzione non solo decorativa ma progettuale. Oggi il blu ritorna in più sfumature: dal blu polvere, sofisticato e consapevolmente rétro, ai toni più vibranti ed elettrici. Mille personalità, tutte magnetiche e capaci di catturare.
Artwork by Maripina Cappelletti