Le interviste di IFDM: Patrick Jouin

Il progettista francese spiega la sua idea di design, tra cultura materiale e approccio edonistico alla vita

Patrick Jouin – Photo © Thomas Duval
Patrick Jouin – Photo © Thomas Duval

Nato a Nantes nel 1967 e diplomato alla scuola Ensci-les Ateliers nel 1992, Patrick Jouin ha fondato il suo studio di design, architettura e urbanistica nel 1998. Il suo nome è stato portato alla ribalta internazionale anche grazie alla lunga collaborazione con lo chef stellato Alain Ducasse, per il quale ha progettato l’architettura di interni e l’arredamento per numerosi locali (più una linea di pentole, prodotta da Alessi). Oggi il suo lavoro lo porta a confrontarsi – insieme al socio Sanjit Manku, architetto – con ambiti molto diversi tra loro: residenziale, Ho.Re.Ca, retail, luoghi di lavoro e di servizio (come la Gare Montparnasse a Parigi). Una varietà che lo ha portato a sviluppare un approccio preciso, analitico al mestiere di designer.

Come sta cambiando il modo di vivere gli spazi? E il design come accompagna questa evoluzione?
I confini tra i mondi sono sempre più fuori fuoco. Soprattutto quelli tra ufficio, ospitalità e casa: lavoriamo praticamente ovunque, ci rilassiamo praticamente ovunque. Quindi il designer deve creare oggetti capaci di attraversare più universi. In parallelo, noto anche un interesse crescente nei confronti della provenienza di progetti e prodotti. È un discorso culturale, un lasciarsi gradualmente alle spalle un mondo in cui non si conosce la provenienza delle cose.

Opale by Pedrali, design Patrick Jouin - Photo © Ottavio Tomasini
Opale by Pedrali, design Patrick Jouin – Photo © Ottavio Tomasini

Il pubblico ha davvero questa competenza?
Credo che quando si vede qualcosa fatto, per esempio, in Francia o in Italia questo sia in qualche modo percepibile. È un tipo di comfort. Ma è anche il saper coniugare industria e artigianato, due know-how diversi che però si incontrano. È una delle chiavi del successo italiano. Lo potrei definire un rapporto culturale con il comfort, una cosa che trovo molto interessante.

Opale by Pedrali, design Patrick Jouin - Photo Omar Sartor
Opale by Pedrali, design Patrick Jouin – Photo © Omar Sartor, set design & styling Studio Milo
Ester by Pedrali - © Raffles Hotel Singapore
Ester by Pedrali, design Patrick Jouin, al ristorante di Alain Ducasse Osteria BBR (Raffles Hotel, Singapore)

Cosa distingue l’Italia da altri Paesi europei?
In Italia c’è un allineamento unico tra cultura, industria e saper prendere rischi. Le aziende non hanno paura dei designer. Non ci sono molti Paesi al mondo, anzi non ce ne sono, che l’abbiano capito su scala collettiva. In Francia, per esempio, abbiamo una grande competenza nei beni di lusso. Oppure esprimiamo la nostra modernità con manufatti altamente tecnici: treni, automobili, ponti. Sull’arredamento però siamo più tradizionali. Ma questo sta cambiando. Per esempio, i genitori per fortuna vivono a lungo quindi non ereditiamo più i loro mobili quando mettiamo su casa. Quindi si va all’Ikea o altro: un’ondata di stile internazionale e moderno, che ha educato i francesi al design. E i grandi nomi – per esempio Louis Vuitton, con cui abbiamo lavorato sulla loro nuova collezione casa – stanno investendo in questo settore.

Ester by Pedrali, design Patrick Jouin - Photo © Jérôme Galland
Ester by Pedrali, design Patrick Jouin, alla Air France Lounge dell’aeroporto Paris/CDG – Photo © Jérôme Galland
Ester by Pedrali, design Patrick Jouin - Photo © Andrea Garuti
Ester by Pedrali, design Patrick Jouin – Photo © Andrea Garuti, art direction Studio FM, styling Studio Salaris

Credo che questa sia la principale differenza tra Europa e Asia, per esempio.
È diverso l’approccio, che si basa sul piacere di vivere. Nella nostra società c’è edonismo ovunque, materia in cui la Francia è campione del mondo. Questo si traduce in progetto di vita familiare e poi sociale, che poi diventa desiderio di rendere bello ogni momento della vita. Credo che il rapporto con la famiglia sia molto importante, ed è strettamente legato al rapporto con la casa. Forse la forza del design italiano è anche la forza dell’idea italiana di famiglia.

Ester by Pedrali, design Patrick Jouin - Photo © pmonetta
Ester by Pedrali, design Patrick Jouin, al ristorante Blue by Alain Ducasse (Bangkok) – Photo © Pierre Monetta

Tra i suoi progetti 2025 c’è anche una dining chair (Opale, per Pedrali) che sembra nascere da questo concetto di “bellezza generale”. È così?
Sono passati undici anni da quando abbiamo disegnato la poltrona Ester, che per Pedrali è diventata una linea completa. Pensavamo di creare una nuova storia, una seduta che combinasse legno, evidenziato in modo importante, e una parte tessile imbottita in schiuma. Il vero comfort è spesso un po’ pesante, è difficile essere leggeri e comodi allo stesso tempo. Per questo ho dotato Opale di un’impugnatura discreta che – ad esempio in un ristorante – facilita al cameriere il compito di far accomodare l’ospite, gesto che diventa un piccolo rituale di eleganza. Per me il punto di partenza per il design è capire prima di tutto l’uso che si farà di un determinato oggetto. Disegnare un gesto è disegnare la vita. Ed è l’aspetto più interessante del mio mestiere.