(Ri)mettere a fuoco

La Milano Design Week 2025 è stata una maratona che ha reso evidente, a tutti quelli che amano il design, il bisogno di tornare a parlarne in modo semplice, efficace. E concreto

Mission Aldebaran by Marc-Antoine Barrois, design Antoine Bouillot – Milano Design Week 2025
Mission Aldebaran by Marc-Antoine Barrois, design Antoine Bouillot – Milano Design Week 2025

Con 1066 eventi distribuiti lungo l’arco di una sola settimana, la Milano Design Week 2025 ha confermato il suo status di maratona creativa globale. Ma ha anche acceso i riflettori su un problema: l’eccesso di offerta. Più di 150 appuntamenti al giorno, una sfida logistica e mentale. A rimarcarlo non sono stati solo i visitatori comuni, ma anche professionisti e giornalisti, che sui social hanno spesso denunciato sovraffollamento e una generale difficoltà nel dare senso alla propria esperienza.

Si sono viste tante aziende extra settore: moda, automotive, tecnologia. Alcune hanno saputo dire cose interessanti. Altre, pur con budget milionari, hanno fatto del “design washing”, usando il design come pretesto per validare la rilevanza del brand, spesso senza un vero contributo progettuale. File chilometriche per accedere a spazi belli da postare ma poveri di contenuto. Oppure per accaparrarsi un gadget (in limited edition?) da rivendere subito sulle piattaforme online. Tutto questo crea confusione, perché il design è altre cose.

La MDW era molto attesa anche perché era un test sullo stato di salute del Salone del Mobile.Milano, che di questo super-evento è l’epicentro naturale. Già da fine 2024 avevano fatto rumore le notizie di defezioni importanti. Con 302.548 presenze, la fiera è stata in linea con l’edizione 2023, quella di Euroluce, con una percentuale record – 68% – di operatori esteri. I numeri, come mostra il grafico, sono lievemente inferiori al pre-Covid. Ma va detto che i 434.000 e passa del 2018 erano un’anomalia. I motivi di questo calo possono essere “fisiologici” ma anche dettati da fattori esterni: per esempio, come lamentano tutti, l’aumento vertiginoso – limitato alla settimana di fiera – del prezzo degli alberghi. Si viene ancora a Milano ma con gruppi meno numerosi, e per un periodo più breve.

Tornando al Salone: se alcuni grandi nomi decidono di non esserci, per tutti gli altri continua a essere un momento utile, organizzato, funzionale. La domanda che tutti si pongono è: l’assenza dei big si tradurrà, sul medio-lungo periodo, in un calo del potere di attrazione sugli operatori del settore? La domanda di sicuro se l’è posta anche la fiera stessa se Maria Porro, presidente del Salone, ha dichiarato a conclusione della manifestazione: «La nostra promessa è lavorare a un format ancora più inclusivo, con focus su PMI e mercati emergenti. Lo faremo insieme alla filiera con l’obiettivo di trasformare le difficoltà in opportunità».

Making the Invisible Visible by Google - Photo © Lachlan Turczan.jpeg
Making the Invisible Visible by Google – Photo © Lachlan Turczan.jpeg

Ha anche aggiunto: «Penso sia arrivato il momento che tutti, a livello territoriale e nazionale, mettano in campo tutte le azioni necessarie perché Milano possa continuare ad alimentare il successo di questo evento unico al mondo, puntando sulla qualità dell’offerta e sul contenimento delle distorsioni che ne mettono a repentaglio la tenuta, nell’ambito dell’ospitalità, dei servizi, dell’impatto sulla cittadinanza». La sfida è doppia: da un lato ripensare la sostenibilità e l’accessibilità della Design Week, evitando la bulimia di eventi e l’effetto “vetrina fine a sé stessa”; dall’altro, valorizzarne il ruolo di hub internazionale, in grado di accogliere al meglio il flusso di visitatori, aumentato del 10% rispetto al 2024. La città, il Salone e l’intero sistema sono chiamati a trovare un nuovo equilibrio per non disperdere un patrimonio costruito in decenni. E per far sì che il design torni davvero a essere il centro del discorso.