Workflow in modalità ping-pong

A-Poc Able (brand del gruppo di Issey Miyake) e Atelier Oï presentano quest’anno un progetto a più mani. Che riflette in pieno l’approccio dello studio svizzero e l’esperienza tessile di una casa di moda fuori dall’ordinario

Atelier Oï + A-Poc Able

Negli ultimi anni le “collaborazioni” tra moda e design si sono moltiplicate: la massa di visitatori che ogni anno raggiunge Milano per la sua Design Week ne fa un momento di comunicazione perfetto, e i grandi brand hanno preso l’occasione per mettere in scena allestimenti spettacolari dove il contenuto di vero design però – talvolta – non era facilmente individuabile. Il caso della collaborazione tra A-Poc Able, che fa capo al brand Issey Miyake e che è stato lanciato nel 2023 proprio durante la MDW, e Atelier Oï è diverso.

Atelier Oï + A-Poc Able
Atelier Oï + A-Poc Able

«Ci siamo incontrati proprio a Milano, due anni fa», ci racconta Miyamae, il designer della linea, «e ci siamo piaciuti, abbiamo visto che il nostro approccio al design era molto simile. Da lì è partita una frequentazione, ma senza progetti in mente. Il nostro mondo è quello del tessuto, ma l’idea di Issey Miyake è sempre stata quella di andare oltre i nostri confini, collaborando con professionisti di altri campi».

O Series 3, TYPE-XIII Atelier Oï project by A-Poc Able Issey Miayke
O Series 3, TYPE-XIII Atelier Oï project by A-Poc Able Issey Miayke

Il progetto della lampada TYPE-XIII è nato da quello che i protagonisti di questa storia, insieme, definiscono come «una lunga partita di ping pong: noi lanciavamo un’idea, Miyamae rispondeva con un’altra», spiega Patrick Reymond, uno dei fondatori di Atelier Oï. Ha preso forma l’idea di un oggetto luminoso diverso, fluido, che può cambiare nel tempo. «Per noi è importante non completare il prodotto: è una cosa che spetta all’utente, quando decide dove posarlo. Vedo la potenzialità di lasciare la libertà al design. Abbiamo utilizzato un tessuto bianco, ma potrebbe essere anche di carta, o colorato; la struttura metallica potrebbe avere un’altra forma o essere in un altro materiale. Questo è un punto di partenza da cui potrebbero nascere ulteriori idee: delle sedie, altri prodotti, chissà», prosegue Miyamae.

Lavorare con/per la moda per un designer può essere un valore aggiunto?
«Con Miyake, di sicuro» afferma Reymond ridendo. «Per noi è stata un’esplorazione del suo mondo. Prima di studiare design ho fatto jazz. Già allora conoscevo il lavoro di Miyake, mi interessava il suo processo di esplorazione continua. Il design è importante ma lo è anche il modo in cui lo fai diventare realtà. Non è la prima volta che collaboriamo con importanti marchi di moda, ma questa volta ci siamo davvero “sporcati le mani” insieme. Una squadra senza gerarchie. Come nel jazz: è importante saper fare un passo indietro e lasciare gli altri suonare».
«Sono d’accordo con quello che dice Patrick. Voglio anche aggiungere che Issey Miyake voleva avere una piattaforma di designer per avere un approccio sempre diverso, questa collaborazione è un tassello in più», aggiunge Miyamae.

Ci sono altri progetti per il futuro?
«Ce ne sono tanti che vanno avanti in parallelo, con Atelier Oï e con altri» conclude Miyamae. «Sono punti che poi diventano una linea. È meglio non avere una meta dall’inizio, così magari la linea diventa più lunga. Steve Jobs ha fatto un discorso nel 2005 parlando proprio di “connecting the dots”, e cioè punti che diventano una linea e questa linea diventa qualcos’altro. Bisogna avere un approccio aperto, capace di cambiare. Jobs non si è mai laureato, però ha seguito un corso di grafica e calligrafia. Non pensava a una utilità nel futuro, lo faceva perché lo interessava. Poi da lì è nato il font che ha disegnato per Apple, ma all’inizio lui non lo sapeva. Lo stesso vale per questa nostro esperimento insieme: siamo partiti senza una meta, adesso c’è una lampada ma potrebbe esserci altro. È stato divertente lavorare con Atelier Oï. E spero che continueremo a farlo a lungo».

Atelier Oï + A-Poc Able
Atelier Oï + A-Poc Able
Atelier Oï + A-Poc Able
Atelier Oï + A-Poc Able

TYPE-XIII è stata sviluppata partendo da un concetto: l’interazione tra un filo metallico e un “abito” in tessuto. Esiste in due versioni: in quella da tavolo, portatile (O Series, sviluppata con Ambientec) la struttura metallica rimane all’esterno e a essa viene ancorata la parte in tessuto, con plissettature che ne disegnano la superficie. I punti di ancoraggio non sono fissi e possono essere fatti scorrere lungo il filo metallico, cambiando così la forma della lampada. Nella A Series, sviluppata con Parachilna anche in versione a sospensione, gli elementi sono gli stessi ma il processo è inverso: la struttura metallica è inserita nell’involucro tessile.