.Wonder Book by IFDM è una pubblicazione – print & digital – che esce quattro volte l’anno, una rassegna di progetti di interior design e di architettura provenienti da tutto il mondo. In questo nuovo numero Spring raccontiamo spazi ed edifici da Norvegia, Cina, Svezia, Spagna, Italia, Francia, USA (e l’elenco potrebbe continuare) per 192 pagine che raccontano con immagini, testi e interviste l’evoluzione del pensiero creativo e del gusto. Con un focus sul rapporto arte/decorazione, supportato da tre di voci importanti.
Fare insieme…
by Ruben Modigliani – Editor-in-Chief
I progetti di un collettivo di architetti messicani, ognuno dei quali è anche un professionista autonomo, mostrano un modo di lavorare collaborativo e aperto. Un approccio di successo che offre molteplici insegnamenti. Tra tutti i progetti che pubblichiamo in questo numero, ce n’è uno che ha catturato particolarmente la mia attenzione.

Si trova in una delle nostre pagine Wonder: siamo a San Blas, in Messico, e il progetto in questione è la trasformazione di un complesso doganale del XVIII secolo, abbandonato da anni, in un museo e centro culturale. Il lavoro svolto è interessante e coraggioso, perché riesce a mettere in dialogo l’antico e il moderno con leggerezza e coraggio. Ma ciò che più mi ha colpito è che si tratta del lavoro di un collettivo, il Colectivo C733. Un gruppo di professionisti, ognuno con il proprio studio, che ha deciso di lavorare insieme. Non è una cosa scontata, soprattutto in un’epoca come la nostra in cui si pensa in termini di “io” piuttosto che di “noi”. L’acronimo scelto ha un significato: c733 sta per Cosmica (cosmica), Logica (logica), 3conomica (economica) e 3ficiente (efficiente). Un manifesto di architettura in quattro parole.
Il collettivo si è fatto notare per aver vinto lo scorso anno l’Obel Prize, un premio internazionale che promuove l’architettura al servizio delle persone e del pianeta. Hanno essenzialmente firmato progetti pubblici e sono estremamente efficienti nella loro realizzazione: 36 opere completate in tutto il Messico in tre anni, una al mese. La chiave sta nel loro processo di lavoro, in cui l’attenzione si sposta dall’ego di un individuo a un sistema, a un gruppo le cui decisioni sono negoziate e discusse; un gruppo aperto che permette, quando necessario, l’intervento di altre voci (insegnanti, biologi, artigiani). Con un obiettivo: non dare spazio a tutte le idee, ma trovare quella che meglio interpreta le esigenze del progetto. Winston Churchill ha osservato: “è stato detto che la democrazia è la peggiore forma di governo, ad eccezione di tutte le altre forme che sono state provate di volta in volta”. Mi sembra che un discorso analogo possa essere fatto per l’architettura. Questo potrebbe essere l’inizio di qualcosa di veramente nuovo.
…andare oltre
by Alessandra Bergamini – Deputy Editor of .Wonder Book
Uno dei numerosi progetti di ricerca del Penn Center for Neuroaesthetics, University of Pennsylvania, diretto da Anjan Chatterjee, Professor of Neurology, Psychology, and Architecture, è dedicato al benessere nell’ambiente costruito (Built Environment and Wellness). Secondo questo studio sembra che le reazioni estetiche derivino da tre fondamentali dimensioni fra loro correlate: il fascino generato dal contesto, la coerenza organizzativa e costruttiva, e il senso di familiarità con il luogo.

Ovvero quel necessario senso di appartenenza di cui parla anche Francesco Conserva, Vicepresidente dello studio di architettura Open Project, nell’intervista che pubblichiamo in questa Spring Issue del .Wonder Book insieme a quelle con Martin Goddard e Jo Littlefair dell’omonimo studio, e con Silvia Prandelli, Senior Principal and General Manager di Populous Italia. Oltre lo spazio fisico, che certo risponde a requisiti funzionali e caratteri estetici, “il senso di appartenenza a un luogo viene dalla storia e dalla bellezza” intrinseche, siano essi architetture di varia tipologia o spazi urbani di diversa funzione.
E come sottolinea Maurizio Cilli, architetto e artista, nella pagina White Box, “una chiave per comprendere la reciprocità che unisce indissolubilmente una comunità a un luogo è il risultato di un processo di prossimità”. Ed è ugualmente, “determinante la qualità delle relazioni e dello scambio”. Qualità che diventa essenziale anche come autogratificazione ed elisir di longevità. Oltre lo spazio fisico, oltre l’individualità, è importante creare senso di comunità, vere relazioni umane e legami sociali condivisi per migliorare la qualità dei luoghi – dell’abitare, del lavoro, dell’apprendimento – e della propria vita. Oltre l’attualissimo concetto di longevità, progettare “luoghi” di bellezza, di relazione ed empatia genera benessere e spesso anche più o meno fuggevoli momenti di sorpresa e meraviglia. Quelli che abbiamo percepito nei diversi progetti di architettura e interior design qui proposti e firmati da (in ordine alfabetico) Anna Covre and Frederic Tubau de Cristo, Bluegame, Cheng Chung Design, Debonademeo Studio, Flaviano Capriotti Architetti, Isern Serra, Jean-Michel Gathy, Julie Hillman, KURZ architects, LaiBE Architettura, Laura Gonzalez, Lemay, Malfinio, Maria Adele Savioli Architettura, Neri&Hu, Norm Architects, Our Habitas, Peter Pichler Architecture, Philippe and Antonie Bertherat-Kioes, Snøhetta, Sou Fujimoto and Gwenaël Nicolas, The Ritz Carlton Yacht Collection, Yabu Pushelberg.