Appuntamento alle 4pm. Chi si collega da Amsterdam, chi da New York, io da Milano. Fin da subito si percepisce l’essenza di Controvento: un’anima cosmopolita, un design innovativo, un approccio smart. Lo studio, fondato da Gabriele Chiave e Verdiana Vannini, va oltre il concetto tradizionale di studio creativo interdisciplinare: è un vero “collettivo 2.0”. Un team di progettisti con background diversi, esperienze vissute in angoli opposti del mondo, uniti dalla capacità di fondere idee e culture in una visione comune. Controvento ridefinisce il ruolo del designer: più fluido, contemporaneo, sempre in ascolto dei cambiamenti globali. Ogni intuizione diventa un’opportunità, ogni ispirazione si trasforma in creazioni che lasciano il segno.

Come è nata l’idea di Controvento e della sua realtà “diffusa”?
Verdiana Vannini: Controvento nasce nel 2022, dopo anni di esperienza nello studio di Marcel Wanders, dove Gabriele era direttore creativo e io mi occupavo dei dipartimenti di prodotto e grafica. Quando lo studio ha chiuso, abbiamo sentito il bisogno di dare continuità al team e al talento che lo rendeva unico. Gabriele era però in partenza per New York, mentre io sarei rimasta ad Amsterdam. Quella distanza, invece di essere un ostacolo, è diventata un’opportunità. Abbiamo trasformato la geografia in un punto di forza, costruendo una rete globale di talenti. Ogni progetto prende vita grazie alle migliori professionalità, scelte in base al loro background e alla loro visione. Così è iniziato il viaggio di Controvento.

Quali sono i vantaggi di avere uno studio nomade?
VV: Siamo uno studio giovane, ma in rapida crescita. Oggi collaboriamo con professionisti da Italia, Parigi, Polonia, Portogallo, Londra e Amsterdam. La bellezza di questo modello è poter lavorare ovunque si preferisce, senza sacrificare la vita privata, anzi, integrandola nel processo creativo. Essere immersi in contesti diversi ci espone a nuovi stimoli e influenze culturali, arricchendo ogni progetto con visioni fresche e prospettive nuove. Questo approccio ci permette di selezionare il designer giusto per ogni sfida, non solo in base al background, ma anche alla posizione geografica. E poi, ci piace sperimentare: mescoliamo competenze, mettiamo insieme menti con esperienze tecniche, creative e culturali differenti. È questa flessibilità a rendere il nostro modo di lavorare dinamico.
L’esperienza stessa di Gabriele a New York si inserisce in questa visione?
Gabriele Chiave: Per oltre due anni sono stato Vice President e direttore della creatività, del design e dell’innovazione del Gruppo Estée Lauder, lavorando sull’innovazione nel beauty di lusso a livello globale, all’interno di un colosso da 18 miliardi. È questa apertura all’innovazione che intendo trasmettere insieme a Controvento al mondo del design.


Cosa significa per voi “innovazione”?
GC: Parlare di innovazione è semplice, realizzarla davvero è tutta un’altra storia. L’innovazione è essenziale per l’evoluzione umana, ma in un mondo sempre più frenetico e pieno di distrazioni, diventa sempre più complesso concretizzarla. Anche nel design, i progetti vengono sviluppati e lanciati sul mercato con tempistiche impossibili, spesso poco etiche per la qualità di un prodotto. Ma innovare richiede tempo, investimenti, risorse e soprattutto pensiero. Per creare qualcosa di davvero duraturo, servirebbe un ciclo di progettazione di almeno un anno e mezzo, se non due. L’innovazione, poi, non è un concetto unico: esistono molteplici forme di innovazione, e più livelli si combinano, più il prodotto acquista valore. Oltre a quella tecnica e tecnologica, c’è l’innovazione sostenibile, culturale, sociale, funzionale ed emotiva. Non basta più pensare solo alla performance, oggi innovare significa intrecciare funzione, estetica, emozione e rilevanza culturale. Solo così si creano progetti che durano e lasciano il segno.

Oggi l’innovazione passa anche attraverso la tecnologia e l’AI: cosa ne pensate?
GC: L’intelligenza artificiale è uno strumento che integriamo spesso nel nostro lavoro, ma sempre come supporto, mai come sostituto della creatività. La vediamo come un mezzo per affinare un’idea, per dare forma e pulire una gemma grezza, senza mai toccare l’essenza più autentica: l’intuizione umana. Oggi si parla molto di nuove tecnologie e del loro impatto sul design. L’AI è ormai parte integrante del processo creativo, ma il suo ruolo resta quello di amplificare, non di sostituire. Per noi, la vera innovazione nasce sempre dalla sensibilità e dalla visione delle persone.

Facciamo allora un passo indietro. Su cosa si fonda la vostra ricerca?
GC: Dipende tutto dal contesto. Esiste una ricerca di base, ma quando si lavora per un cliente, il processo diventa molto più approfondito. Prima di progettare qualsiasi cosa, bisogna comprenderne ogni sfumatura: non solo il prodotto in sé, ma anche la brand identity, la distribuzione, la produzione, il posizionamento rispetto alla concorrenza. E poi ci sono collaborazioni speciali, come con Barovier&Toso o Baccarat, dove la storia diventa parte integrante del progetto. Sfogliare archivi secolari, scoprire schizzi fatti a mano 400 anni fa… in quei momenti l’innovazione digitale scompare, lasciando spazio alla pura manualità e all’artigianalità. Questo ci fa capire che non inventiamo nulla dal nulla. Siamo connettori di idee, di materiali, di storie e tradizioni.
Il nostro lavoro parte dallo studio del cliente, ma anche dal mondo che lo circonda. A livello personale, la mia ricerca si nutre di tutto ciò che non è direttamente legato al prodotto: arte e fotografia, eventi come la Biennale di Venezia, Miami, Basel. Ma soprattutto, osservo come cambiano le nuove generazioni, i loro desideri e il loro modo di vivere il lusso. I codici stanno cambiando, il consumo accelera, e la vera sfida è questa: interpretare la velocità con un pensiero progettuale che non insegua il consumo, ma lo renda più etico e consapevole.

A cosa state lavorando dunque, in vista anche della MDW?
VV: Non possiamo ancora svelare tutto, ma possiamo anticipare che stiamo lavorando a una collezione ampia e completa per la casa, dai pavimenti agli accessori, fino agli imbottiti. Abbiamo realizzato nuove collezioni per Fendi Casa, un brand che ha sempre creduto in noi, e avviato inedite collaborazioni, come quella con Busnelli e Contardi, per cui abbiamo disegnato una collezione di lampade. ci saranno poi altri lanci nel corso dell’anno. Possiamo anche già svelare che stiamo esplorando l’idea di creare limited edition autoprodotte, sfruttando le tecnologie e le connessioni che abbiamo per progettare, produrre e portare sul mercato prodotti firmati direttamente da noi.