Per comprenderlo, bisogna alzare lo sguardo e posarlo sui palazzi velati dalla fuliggine dello smog e dal tempo. Avventurandosi poi per le strade meno turistiche ma più vissute del suo cuore pulsante e più meridionale, Colaba, affollata e affaccendata di giorno, malinconica di notte. La Mumbai che conosciamo oggi, un tempo era infatti un agglomerato di isole, sette per l’esattezza, governate da sovrani locali fino all’ingresso in scena dei portoghesi prima e degli inglesi poi, i quali iniziarono a connettere tra loro queste isolette – quella più a sud si chiamava proprio Colaba.

Colaba
Si tratta del quartiere dove oggi sono concentrati alcuni tra i monumenti e i palazzi che hanno reso celebre la città, come il Gate of India e il Taj Mahal Hotel: soprattutto, però, è il regno dell’Art Deco indiano. Pochi mesi fa è uscita la riedizione del celebre Bombay Deco, opera della storica (purtroppo scomparsa) Sharada Dwivedi e del grande architetto Rahul Mehrotra. Sostengono che l’ascesa del movimento in città, avvenuta appena dopo il termine della prima guerra mondiale, sia coincisa con un periodo in cui le imprese locali avevano iniziato a fiorire, e i proprietari volevano ostentare i loro palazzi, in grado di fare invidia alle sontuose abitazioni che, in quegli stessi anni, sorgevano per ospitare sia le residenze cittadine delle varie famiglie reali indiane, sia la nuova nobiltà: quella cinematografica, prodotto glamour della galoppante industria cinematografica hindi.


Ecco allora che, accanto al gotico-vittoriano Chhatrapati Shivaji Maharaj Terminus, la stazione che il mondo ancor oggi ricorda per il balletto finale di Slumdog Millionaire, sorgono centinaia di palazzi Art Deco, condensati tra SP Mukherjee Chowk, Oval Maidan e Marine Drive. Un gruppo così numeroso da rendere quella di Mumbai la seconda più grande collezione di edifici Art Déco dopo Miami: per scovarle, basta passeggiare il viale Marine Drive (cercate villa Riviera, Chateau Marine, Soona Mahal) o costeggiare in taxi il fianco occidentale del grande parco e campo di cricket di Oval Maidan (Green Fields, o Empress Court).

Residenze dall’aspetto monolitico, ingentilite dai soffitti alti e balconi ondulati, aperti sull’esterno. E poi i decori: simboli nautici, flora e fauna tropicali, fontane stilizzate e pattern geometrici in terracotta, stucco, cemento, pietra liscia e vetro opaco. All’interno, le tradizionali piastrelle geometriche della storica Bharat Tiles, che oggi sopravvivono nel Laxmi Insurance Building a Chandni Chowk Sono ricomparse anche nel Garden Chalet, che ospita il ristorante più amato del momento, il Neuma, a pochi passi dalle bancarelle di Colaba Causeway e dal più antico cinema della città, altra perla Art Déco: il Regal.

I quartieri d’arte
Se nel settore da tempo s’attende il boom del mercato d’arte indiano, è certo merito di Mumbai. Movimenti artistici, inaugurazioni, nuovi spazi museali e innovazioni nella stessa fruizione d’arte sono stati e sono tutt’ora all’ordine del giorno. Qui si raccoglie l’eredità artistica di MF Husain, Raza e FN Souza che, negli anni ’40, diedero vita al Progressive Artists’ Group, ma anche di gallerie nate pochi anni dopo l’Indipendenza, come la storica Jehangir Art Gallery, fondata nel 1952, insieme a spazi che oggi ridisegnano la mappa cittadina, come 47-A oppure il Nmacc. Si parte nuovamente da Colaba e dintorni, dove il calendario è un susseguirsi di festival a tema: Art Mumbai, Mumbai Gallery Weekend, Kala Ghoda Arts Festival. Non è un caso: le principali gallerie d’arte cittadine si condensa nel giro di pochi chilometri.

A Kala Ghoda, ecco la sempre affollatissima Jehangir Art Gallery, mentre nel quartiere Fort, in un iconico palazzo di mattoni rossi, s’è spostata l’esclusiva TARQ: a pochi passi, un’altra istituzione dell’arte di Mumbai, la Chemould Prescott Road. Tornando indietro, di fronte al Regal s’aprono le porte di Akara, che a Colaba ha ben due spazi, uno (Akara Modern) dedicato appunto all’arte moderna e l’altro (Akara Contemporary) votato alle nuove generazioni. Sul lato opposto, affacciate sull’hotel Taj, ci sono Jhaveri Contemporary, il cui programma abbraccia la diaspora del Sud Asia, e aequo, prima galleria di collectible design d’India, mentre dentro l’iconico albergo si trova DAG, con il suo occhio di riguardo per il modernismo indiano. Proseguendo verso sud s’incontrano Experimenter, filiale di una delle gallerie più importanti di Calcutta, poi Gallery XXL, specializzata in street art, e Sakshi Gallery, dove scovare emergenti di valore. Infine, Nature Morte, la galleria più celebre della capitale Delhi (e forse dell’intera nazione), che a Mumbai ha aperto appena un anno fa.

Kotachiwadi
Sono proprio i nuovi spazi d’arte ad aver ridefinito, nell’ultima manciata di anni, il tessuto urbano cittadino. Partiamo da Khotachiwadi e dall’uomo che la incarna, il fashion designer James Ferreira. Parliamo di un quartiere vicino alla vivace spiaggia di Chowpatty, ma inglobato da un tale reticolato di viuzze da preservarne l’ingresso alle auto. Quando vi ci si addentra, si entra in un altro spazio, in un altro tempo: nato come un villaggio di pescatori Koli, qui si raccolsero le prime comunità cristiane dell’India orientale, che costruirono le loro case nel caratteristico stile portoghese, tutto colori pastello, tettorie spioventi, verande di legno – a memoria del passato coloniale pre inglese. Ferreira qui ha dato vita al suo atelier, wunderkammer di tessuti e artigianato, e dato nuovo vigore al quartiere grazie all’apertura, in un bungalow dalle facciate blu cobalto, di 47-A, galleria dedicata al design voluta dai fondatori di un’altra icona cittadina, la galleria di Colaba Chatterjee & Lal.

Bandra Kurla Complex
Tra i tanti sobborghi di Mumbai, Bandra è sempre stato il più posh. Se Colaba raccoglie a sud l’elite storica, nella più hipster Brandra, tra localini trendy e palazzoni residenziali, gravita la creatività emergente: qui vivono scrittori e designer, personalità di Bollywood e startupper. Fuori dai suoi confini glam, in direzione della vicina area di Kurla, arriva la sorpresa. Lì dove fino a poche decine di anni fa non c’era altro che palude, è nato a tavolino il Bandra Kurla Complex, per ospitare multinazionali, hotel, gruppi bancari e centri commerciali. Sorto al confine con la periferia cittadina, è amato dalla middle class metropolitana, che oggi vive pienamente il Jio World Drive, complesso che racchiude solo ristoranti, boutique di fascia alta e il Nmacc, il Centro Culturale Nita Mukesh Ambani (prende il nome dalla potente famiglia industriale che lo ha creato), spazio per promuovere il patrimonio nazionale in fatto di arte, cinema, musica, danza e teatro, oggi considerato una delle piattaforme più interessanti d’Asia.

Design urbano
A cavallo dei due poli di Mumbai, quello più a sud (Colaba) e quello nel centro-nord (BKC), si sono posizionati strategicamente anche i brand più rappresentativi del design italiano. Partendo da quest’ultimo, nell’area limitrofa di Lower Parel sono presenti Molteni e Porro. Appena poco distante, a Worli, ha invece trovato casa Rimadesio, non distante da Poliform. Tra i vicoli dal sapore retrò dell’area di Fort, a ridosso di Kala Ghoda, ecco invece gli store di Poltrona Frau e di Minotti. Non esiste infatti un vero e proprio distretto del design in città – le ultime edizioni delle principali fiere d’arredamento cittadine sono state per lo più ospitate negli spazi creati ad hoc nel Jio Center. Ma i brand dell’arredamento hanno seguito il trend cittadino, presidiando i luoghi che negli ultimi anni hanno assistito ad una più vivace sviluppo del tessuto urbano.
