Creare un circuito virtuoso attorno alle manifestazioni fieristiche, portando qualità e innovazione, è possibile. E auspicabile. Lo dimostra il percorso intrapreso da Messe Frankfurt. Donald Wich, da 26 anni CEO della branch italiana del colosso tedesco, racconta a IFDM asset e anima di un’organizzazione che naviga con consapevolezza ed energia e che con la prossima edizione di Heimtextil (14-17 gennaio) ne dà una dimostrazione tangibile.
Il mondo delle fiere è cambiato profondamente, il Covid ha ridisegnato le abitudini di molti settori merceologici, i conflitti hanno ridimensionato i canali con l’Est Europeo e con il Golfo, numerose fiere non esistono più o si sono fortemente indebolite: quale scenario vedi per i prossimi anni e qual è il Messe Frankfurt-Pensiero?
Messe Frankfurt vede il mondo con positività e, pur tenendo ben presenti i conflitti, il Covid e post Covid e le congiunture economiche, prende spunto dai risultati preliminari del 2024 che vedono fatturato e utili record di tutti i tempi (in 780 e oltre anni di attività).
Consideriamo questo risultato come un riconoscimento della bontà della strategia a medio e lungo termine che, nonostante l’interruzione delle attività legata al Covid, ha riconosciuto la lungimiranza e la costanza del progetto e l’ha premiato ben oltre le nostre aspettative e con un anticipo di tre anni. L’economia mondiale cresce in maniera eterogenea e con modalità locali, il Covid ha evidenziato pregi e difetti delle organizzazioni fieristiche, la nostra strategia ha tre pilastri: i nostri brand internazionali (Ambiente, Heimtextil, Light+Building e molti altri), il quartiere fieristico di Francoforte che ha puntato sull’internazionalità e si è dotato di infrastrutture moderne e il processo di internazionalizzazione: oggi Messe Frankfurt è tra le poche organizzazioni fieristiche a essere uscita dai propri confini e ad avere strutture proprie nei principali mercati mondiali.
Il mondo digitale avanza inesorabilmente, il consumatore e i progettisti hanno infiniti strumenti di valutazione senza muoversi da casa, l’intelligenza artificiale rischia di confondere le carte con azioni simili alla realtà. Come vedi la situazione e quali idee Messe Frankfurt ha messo in moto a proposito?
Sicuramente ci sono grandi cambiamenti legati alla digitalizzazione: quella che è stata una conferma dell’emotività legata al periodo Covid e immediato post Covid ha (ri)lasciato il posto all’importanza degli incontri in presenza e quindi alle fiere. Il digitale, in questo momento e con le attuali tecnologie, non è in grado di sostituire l’incontro fisico. Messe Frankfurt ha un piano quadriennale di 80 milioni di euro di investimenti destinati alla digitalizzazione destinati soprattutto ai processi interni, non visibile all’esterno quindi, ma che costituirà un’accelerazione dei processi e quindi un miglioramento del servizio. Una quota significativa è destinata a quegli strumenti digitali rivolti direttamente ai mercati focus delle nostre fiere, soprattutto per quanto riguarda le manifestazioni biennali che hanno più bisogno di contenitori attuali e aggiornati. Attualmente il nostro fatturato è composto da un 95% che deriva dall’attività classica fieristica e un 5% (comunque in crescita) dal digitale: volendo fare un esercizio statistico possiamo ipotizzare che un pareggio di quote – 50% fisico e 50% digitale – sia realizzabile non prima di 15/20 anni e la velocità di avvicinamento dipende soprattutto dalla tecnologia.
C’è un programma di diversificazione della presenza di Messe Frankfurt nel mondo?
Assolutamente sì. Attualmente registriamo una forte ripresa della Cina e per affrancarci da una dipendenza che era diventata importante ci siamo orientati verso altre geografie dell’Asia Pacific come Indonesia e Vietnam. Abbiamo dovuto chiudere l’attività in Russia, ma abbiamo siglato una joint venture in Uzbekistan. Il Middle East è sotto la nostra lente di ingrandimento: gli Emirati viaggiano a ritmi notevoli e consideriamo l’Arabia Saudita la prossima frontiera in cui concentrare i nostri interessi, attualmente abbiamo una partnership ma prevediamo di creare una struttura diretta.
C’è qualche evento, iniziativa o fiera che quest’anno ti ha particolarmente e sorpreso per creatività o innovazione o altro?
Nell’ambito strettamente fieristico non abbiamo registrato particolari novità. La grande innovazione la vediamo con i nostri clienti italiani: nei settori della tecnologia per la casa (a ottobre a Bologna arriverà il nuovo progetto Fesi, la fiera dell’edificio sostenibile integrato), della tecnologia per l’industria, dell’automazione industriale, le aziende italiane sono ai primi posti per sostenibilità, design e digitalizzazione e hanno collezionato numerosi premi. Oggi se il visitatore di una fiera desidera toccare un alto livello di professionalità e innovazione sicuramente si recherà a visitare gli italiani.
Heimtextil ha scelto per l’edizione 2025 due attori molto differenti tra di loro: Alcova per i Trend e Patricia Urquiola per un’installazione. La prima è una scelta molto coraggiosa e di nicchia, una nuova specie nella fauna del design, la seconda abbraccia il mondo del design degli ultimi 15 anni e i top brand. Come si è arrivati a queste scelte?
Le scelte sono state motivate fondamentalmente da una strategia di supporto e rinforzo del brand Heimtextil, per renderlo sempre attuale, fortemente visibile e innovativo. Due scelte complementari tra di loro ma che rispondono al desiderio di cavalcare l’impronta italiana che è, come dicevamo prima, molto forte e riconoscibile. Alcova rappresenta la sperimentazione e l’innovazione che è quello che noi cerchiamo in un trend setter, Patricia Urquiola rappresenta il successo nei piani alti del mondo del design e va a colpire un target differente e per come la vediamo noi è come se fosse una brand extension di Heimtextil.