Le interviste di IFDM: Marco Scapin

Incontriamo l’art director di Scapin Group all’indomani dell’inaugurazione della Marmo Arredo Stone Gallery, spazio espositivo e di lavoro. Una conversazione tra passato, presente e futuro

Marco Scapin, Art Director Scapin Group

Lo scorso ottobre Scapin Group, che con i brand Marmo Arredo e Quartzforms® è specialista nella lavorazione di marmi, graniti, materiali compositi e agglomerati destinati all’edilizia e all’arredamento, ha inaugurato a Tombolo, vicino a Padova, la Marmo Arredo Stone Gallery, un nuovo spazio dedicato al mondo delle superfici: oltre 6.000 mq di superficie, migliaia di lastre con più di 300 pietre provenienti da tutto il mondo, con un’ampia selezione di superfici minerali Quartzforms®, tra cui le lastre sostenibili Ecotone™, insieme alle superfici di Marmo Arredo. È stata l’occasione per incontrare Marco Scapin, giovane art director del gruppo.

Scapin Group, Marmo Arredo Stone Gallery

La Stone Gallery è un investimento importante. Cosa vi ha spinto a crearla?
Questa nuova entità che si presenta all’interno del nostro gruppo nasce per dare spazio – letteralmente – a un settore merceologico che è sempre stato nelle corde dell’azienda. Siamo nati come marmisti e poi ci siamo evoluti, anche esplorando materiali tecnici. La Stone Gallery è pensata per aiutare il progettista nella scelta dei materiali, non avevamo niente del genere. In passato lavoravamo in spazi più piccoli, mostrando dei campioni e spostando poi le lastre dal magazzino solo in un momento più avanzato. Diciamo che abbiamo messo un vestito addosso alla collezione di pietre naturali che abbiamo sempre avuto. Poi, come si dice, l’appetito viene mangiando: avendo lo spazio abbiamo anche ampliato di molto la proposta in stock del materiale.

Scapin Group, Marmo Arredo Stone Gallery

Come funziona la struttura?
È come un grande showroom, con una zona bar/hospitality dove il cliente (architetto, talvolta insieme al committente) viene accolto e può lavorare. È un servizio utile soprattutto per il cliente finale, che magari non è preparato e in questo modo riesce a “vedere” meglio il progetto. Anche per questo abbiamo dedicato un’attenzione particolare all’illuminazione, che abbiamo voluto ad alta resa e tarata sui 3.500 gradi Kelvin, che sono quelli dell’illuminazione per interni. Naturalmente tutto può anche essere portato all’esterno per vedere il materiale alla luce del sole. È un servizio in più che in genere è prerogativa di chi vende il materiale, non di chi lo lavora. Con questo investimento cerchiamo di rendere ancora più completo il servizio che diamo al cliente.

Quartzforms®, Ecotone™ New Era, Lasa

Facendo un passo indietro, com’è nato il vostro gruppo? Cosa vi differenzia dalle altre aziende che lavorano nel vostro settore?
Scapin Group nasce da una storia familiare insomma che racconta la trasformazione della pietra, materiale che abbiamo iniziato a trattare per l’edilizia. Poi ci siamo resi conto che c’era tutto un mercato inesplorato, quello dell’arredamento, che non aveva fornitori dedicati: secondo me è stato uno dei momenti principali dell’evoluzione aziendale. È stato allora che accanto a Scamar, la prima denominazione dell’azienda (Scapin Marmi) è nato Marmo Arredo. È un mondo diverso: nell’arredamento il prodotto – tavoli, piani cucina etc – è al massimo a 50 centimetri di distanza dal nostro corpo. Il nostro occhio percepisce maggiormente il dettaglio, la precisione deve essere massima. Per colmare questo buco di mercato però c’era una tecnologia da sviluppare e la nostra forza è stata quella di non smettere mai di fare ricerca, trovare macchinari e soluzioni.

Quartzforms®, Ecotone™ New Era, Poseidon
Quartzforms®, Ecotone™ New Era, Crono

Un altro elemento importante per noi è stato innovare la gestione del flusso di lavoro. Per esempio introducendo il concetto di “doppio banco”, dove poter lavorare in contemporanea sulla stessa lastra. Un’idea che ci ha permesso di tagliare i tempi, prima dell’introduzione delle macchine a controllo numerico. E di diventare leader sul mercato. Un’altra cosa di cui vado orgoglioso è la forza della mia famiglia: abbiamo sempre avuto voglia di reinvestire, tutto è sempre stato rimesso in azienda per crescere, per portare avanti e creare. Questo ci ha portato a innovare davvero, arrivando a brevetti come quello della “giunzione invisibile”, una precisione tale di lavorazione che permette di nascondere il punto di giunzione di due lastre. La usiamo sia per la engineered stone sia per i materiali naturali (in questo caso la chiamiamo giunzione perfetta”). Sono tutte storie che raccontano la nostra testardaggine.

Marmo Arredo, texture Botanic Wave
Marmo Arredo texture Botanic Wave

Poi avete iniziato a occuparvi anche di materiali ingegnerizzati…
Un’altra pietra miliare nel nostro percorso: all’inizio era marmo cemento, poi è diventato marmoresina, poi è diventato quarzoresina. Ci abbiamo creduto perché, conoscendo bene la pietra naturale, conoscevamo i suoi limiti in una possibile industrializzazione. Questi nuovi materiali invece offrivano uso e manutenzione più facili, oltre a permetterci di lavorare con movimentazioni automatiche. E alla fine hanno “bucato” il mercato. Questo ha portato a un modo diverso di progettare la cucina, per esempio: all’inizio i piani proposti dalle aziende produttrici erano quasi sempre in laminato. Oggi, lo vediamo dappertutto, non più. E per il cliente è una differenza fondamentale. Avevamo iniziato a importare in Italia due marchi di engineered stone, Technistone e Caesarstone. Poi nel 2010 abbiamo acquisito Quartzforms, azienda tedesca: da distributori e trasformatori e siamo diventati produttori, sempre in un processo di verticalizzazione. E tra il 2015 e il 2016 abbiamo sviluppato internamente  una tecnologia che ci ha permesso di creare in questo materiale una vena passante, originale e innanzitutto tenendo conto delle tempistiche di produzione.

Marmo Arredo, Invisible Line
Marmo Arredo, Invisible Line

Piani per il futuro?
Del gruppo adesso fa parte anche un’altra azienda, Eulithe, che realizza un materiale per supportare i piani alleggeriti, le cosiddette costruzioni scatolari. Ci siamo inventati un prodotto, perché a suo tempo si utilizzavano legno o elementi metallici, ma tutti avevano alcuni aspetti negativi. Quindi ci siamo inventati un poliuretano espanso ad alta densità con una formulazione dedicata, che non fa polvere ma truciolo e quindi va a preservare anche la macchina che lo lavora. Oltre alla salute degli operai. Così siamo entrati in un business che riguarda la nautica, la modellistica e l’arredamento in genere, e che ha preso un po’ la sua direzione. In parallelo, naturalmente, c’è il fattore sostenibilità: un tema da affrontare non pensandolo in termini di marketing – metto “eco” davanti a qualcosa, compro delle quote di foresta e cose del genere – ma cercando di vederla in maniera trasversale. Innanzitutto nell’approvvigionamento energetico: in Germania il nostro prodotto è fatto principalmente con energia eolica, qui in Italia a fine dell’anno arriviamo a quasi 2 gigawatt di impianti fotovoltaici, quindi andiamo praticamente a saturare la necessità energetica con fonti rinnovabili. Poi naturalmente ricicliamo tutta l’acqua utilizzata nei processi industriali, e nello specifico nelle formulazioni dell’engineered stone abbiamo puntato alla riduzione delle emissioni di CO2, lavorando su resine biologiche, sottoprodotti della produzione di biodiesel (quindi non impatta sulla produzione di cibo). Inoltre stiamo lavorando a 360 gradi sul riutilizzo di materiali riciclati. Terza cosa importantissima per noi è la sostenibilità sociale: la nostra engineered stone ha basso contenuto di silice cristallina quindi è più salubre da lavorare. Tra l’altro siamo stati i primi a utilizzare tutto il processo con acqua, quindi a eliminare le polveri.

Quartzforms®, Ecotone New Era™, Mahal

Sempre parlando di futuro: secondo lei è possibile orientare l’evoluzione del gusto, del mercato?
In parte sì, ma non completamente. Anche chi ci investe molto più lavoro intellettuale (e anche pecunia) alla fine non ci riesce mai davvero. Diciamo che si può essere proattivi in un sistema complesso, ma affermare di poterlo influenzare secondo me è un’esagerazione. Alla base di tutto c’è un humus complesso che poi si esplode in una nuova richiesta, una nuova necessità, una nuova moda. Adesso, per esempio, nessuno vuole più il granito. Noi sappiamo di essere parte di una catena che riusciamo in parte a influenzare, però allo stesso tempo non c’è nessun decision maker che dice da oggi a domani questo è bello e questo è brutto. È qualcosa che accade un po’ influenzata e un po’ per dinamiche prettamente aleatorie e sociologiche. Ma qui il discorso si allargherebbe a dismisura…