La vita nella società occidentale – largamente esportata in tutto il mondo – è incardinata, almeno per buona parte dell’esistenza dell’individuo, sull’alternanza lavoro/tempo libero: un elemento centrale che ha dato forma alle città e al modo di viverle. Con il COVID questo sistema è stato potenzialmente scardinato: da una ricerca condotta in Italia da Comin & Partners nell’aprile 2020 emergeva che il 37% degli intervistati era disponibile a rinunciare a parte del proprio stipendio pur di continuare a lavorare da casa (fonte: Fortune Italia). Di luoghi di lavoro e della loro evoluzione parla una delle principali fiere del settore dell’arredo, Orgatec (Colonia, 22-25 ottobre).
Le parole chiave oggi sono, anche alla luce dell‘esperienza della pandemia, “olistico”, “interdisciplinare”, “flessibile”. Sono le caratteristiche individuate per migliorare l’efficienza degli spazi di lavoro. E si traducono naturalmente nel modo in cui questi vengono progettati. A livello di arredo, per esempio, si nota un’attenzione in crescita per tutte le aree comuni (anche outdoor, considerato un vero plus). E per elementi di alto design capaci, da soli, di comunicare il tono dell’azienda: un pezzo d’autore si traduce nella percezione di una cultura aziendale profonda e strutturata.
Si parla anche di lusso, che si traduce in luce, volumi, materiali e finiture di grande pregio (come nella collezione Andromeda disegnata dallo studio USA LSM e presentata alla Milano Design Week 2024 da Unifor, non a caso disponibile anche per un uso residenziale). «Le aziende ora richiedono spazi che non solo appaiano straordinari, ma che migliorino anche la produttività e il benessere», ha dichiarato Steven Blaess del developer londinese Clivedale durante un convegno sull’argomento organizzato da Lualdi durante il London Design Festival, a settembre. Al tempo stesso si registra una polarizzazione: se le aree di rappresentanza crescono, spesso quelle destinate al lavoro quotidiano si riducono, con la frequente abolizione della postazione fissa in favore di modalità più fluide grazie a tecnologie sempre più portatili.
Tutto questo mi riporta in mente esperimenti di rango, dalla SC Johnson di Frank Lloyd Wright alla Mondadori di Oscar Niemeyer (dove ho lavorato, ed entrarci ogni mattina era emozionante). Il più coraggioso è stato quello di Jay Chiat che per la sede a New York della sua agenzia di pubblicità Chiat/Day aveva commissionato a Gaetano Pesce un “ambiente totale”. Era il 1994 e le immagini di quegli spazi fecero il giro del mondo. Però per chi ci lavorava tutta quella esuberanza era una distrazione, quindi vennero smantellati in favore di arredi più anonimi. Tutti i pezzi ideati da Pesce, porte comprese, sono poi arrivati sul mercato: gallerie, case d’asta. Il luogo di lavoro deve essere di ispirazione – ma senza esagerare, eh.