Le interviste di IFDM: Odo Fioravanti

Incontro con il designer romano (ma milanese di adozione) per parlare di design, di sostenibilità e di desideri

Odo Fioravanti - photo © Diego Alto

Domani a Bergamo parte l’edizione 2024 del landscape festival Maestri del Paesaggio, che dal 2011 invita filosofi, scrittori, fotografi, studi di architettura e di progettazione paesaggistica, ricercatori e botanici, a condividere le proprie visioni sull’integrazione tra uomo e Natura.

Il cuore dell’evento diffuso è Piazza Vecchia, che quest’anno ospita un’installazione progettata dallo studio parigino Mosbach Paysagistes. Lo spazio inoltre sarà arredato grazie alla collaborazione con Pedrali, azienda che per il decimo anno sostiene la manifestazione e che ha scelto le sedute della collezione Philía, disegnata da Odo Fioravanti, e i tavolini Elliot di Patrick Jouin.

Rendering Piazza Vecchia, Bergamo

Incontriamo Fioravanti, che per Pedrali ha in passato disegnato anche la sedia Frida, Compasso d’Oro nel 2011, per parlare di questo ultimo progetto. Ma anche di sostenibilità, di design e di sogni nel cassetto.

Da cosa nasce il progetto di Philía? Guardandola si ha un’immagine molto estiva, è una percezione corretta?
Esatto. Anche la scelta di questo intreccio che si incrocia a metà viene da questo mood da vacanza. Anch’io del resto sono come le lucertole, esco quando fuori fa caldo. Tutte le immagini che avevo in testa nella fase preliminare di disegno erano attorno a questo tema: soli, i luoghi belli della nostra penisola. Un aperitivo ma non nell’accezione milanese di oggi, più come si usava al Sud: qualcosa di dissetante dopo la messa e poi a casa a mangiare le lasagne. Di solito non lavoro partendo da una sensazione, ma stavolta volevo fare un prodotto che stesse in maniera confortevole in questa immagine.

Philía by Pedrali, design Odo Fioravanti – photo © Andrea Garuti
Philía by Pedrali, design Odo Fioravanti – photo © Andrea Garuti

Sei partito da uno stato d’animo, quindi.
Sì, ed è stato molto presente mentre abbiamo sviluppato il progetto. Philía alla fine è come un infuso, un distillato di queste sensazioni. Sono contento perché anche dal punto di vista delle forme sono riuscito a lavorare proprio bene. Ho avuto tempo, sono riusciti a raffinare le forme. Non c’è una linea fuori posto.

Qual è il dettaglio di questo progetto che ti soddisfa di più?
Direi la linea del bracciolo della poltroncina, perché siamo riusciti a fare una specie di arco che ha qualcosa di orientale. Vedere come basti cambiare minimamente una curva per avere una percezione immediatamente diversa è una cosa che non smette di emozionarmi. Sono molto contento anche di tutto lo studio che sta dietro a questo progetto: la versione sedia è un po’ più verticale perché è quella che tendenzialmente si usa per consumare un pasto o bere qualcosa; mentre la poltroncina è legata a un momento più di relax quindi è un filo più inclinata. Sono delicatezze che io immagino sempre che in qualche maniera carezzino l’utilizzatore finale, sono attenzioni che attraverso l’oggetto che stai progettando tu destini a chi lo utilizzerà. È come trasferire un messaggio.

Frida by Pedrali, design Odo Fioravanti

Il design è anche questo, no? Visto che siamo in tema: cos’è il buon design per te oggi?
Per me il design oggi deve tornare a mostrare che il designer ha preso una posizione, ha deciso di comunicare un segno, un senso, un contenuto. È quello che ha fatto grande il design italiano, perché l’abbiamo trasformato in un medium al pari di cinema, poesia o musica. Abbiamo cercato di veicolare del senso negli oggetti. Non dobbiamo perdere questo spirito.

Ormai è diventato design anche pensare alle materie prime, a come vengono ottenute, a come vengono smaltite, a cosa succede alla fine del prodotto, eccetera. Come vedi questo aspetto?
La verità è che su questi temi a livello legislativo non c’è ancora niente, sta alle aziende di essere oneste. E le aziende – anche quelle che riescono ad avere ricadute culturali o antropologiche – nascono tutte per realizzare profitti. Così ci sono aziende che si impegnano davvero come Pedrali (lo vedo con i miei occhi) e altre che lo fanno in misura molto minore. In più, gli enti certificatori sono tutti privati e nessun giornalista fa fact-checking, quello che viene scritto in un comunicato stampa diventa la realtà. In campi diversi da quello del design questo non sarebbe accettabile, penso che ci sia bisogno di definire delle regole per avviare davvero questo percorso. La sostenibilità è una strada che non finisce, e prima iniziamo il cammino prima smettiamo di intaccare il patrimonio del nostro pianeta.

Babila Twist by Pedrali, design Odo Fioravanti – photo © Andrea Garuti, art direction Studio FM Milano, styling Studio Salaris

Su quali altri progetti stai lavorando?
Un lavoro molto bello che sto facendo è una advisory per LG Electronics: mi mostrano tutte le loro nuove linee di prodotto e io do il mio pensiero in un confronto con il design campus della LG In Corea. È un lavoro bellissimo che va avanti da due anni. Poi stiamo disegnando delle macchine da mettere sopra i palazzi per controbilanciare le scosse sismiche o le oscillazioni dovute al vento. Un lavoro bellissimo perché è super tecnico ma ha anche un suo portato estetico. Mi piace lavorare su temi che i designer di solito non guardano, e mi dà molta ispirazione l’idea di avere a che fare con le scosse della terra. È emozionante. In più lavorare con gente giovanissima – perché è una start-up – mi diverte un sacco.

Per finire: qual, da designer, è il tuo sogno nel cassetto?
Disegnare una ruspa. Mi piacerebbe tantissimo, da quando ero bambino. Da sempre.

Philía by Pedrali, design Odo Fioravanti – photo © Ottavio Tomasini