Uno dei punti di forza di una fiera come il Salone del Mobile.Milano è che è un formidabile momento di incontro con personaggi importanti nel mondo del design. Molto spesso a tu per tu, come è molto difficile avere nel resto dell’anno. L’occasione per parlare con Ronan Bouroullec ce l’ha fornita Kettal, che con il designer francese ha presentato quest‘anno la seduta Passage: un progetto in/outdoor, adatto per spazi pubblici o per abitazioni, con struttura e schienale in alluminio e seduta che può essere in alluminio, legno, tessuto, paglia intrecciata, fettuccia, corda.

Buongiorno Ronan, come sta andando questo Salone?
Direi bene: sono già stato al Bar Basso due volte, domenica e lunedì (sorride).
Un’ottima strategia. Su un fronte meno mondano: cosa presenta quest’anno?
Oltre a questo progetto per Kettal ci sono dei rivestimenti in ceramica (fatti con Mutina), dei tappeti per Kvadrat, alcune modifiche/estensioni a progetti fatti per Magis. Mi piace fare le cose diverse tra loro: ceramica tradizionale oppure industriale, televisori, mobili. Passage è qualcosa che volevo fare da tempo: un pezzo versatile, capace di funzionare sia indoor che outdoor. Credo che ci siamo riusciti, perché tutte le versioni mi sembrano molto belle. Non succede quasi mai, ce n’è sempre una migliore delle altre. Ma stavolta tutto sembra avere una sua ragion d’essere. Ci sono differenze tecniche: c’è quella tutta in alluminio, per durare 50 anni in un giardino in Bretagna. Ma anche quella imbottita, da mettere attorno a un tavolo in salotto, dove si cerca il comfort. È una sedia piuttosto ricercata, credo, con dettagli precisi.

È stato questo il punto di partenza?
Il tema era abbastanza semplice, basilare: disegnare qualcosa che permettesse di sedersi in modo corretto e con una certa eleganza.
Parlando di cose semplici: cos’è il “buon design” oggi, secondo lei?
È complicato da definire. Per me, un buon design è la risposta giusta nel contesto giusto. Quello che mi piace dell’essere un designer è che sei un generalista che lavora con degli specialisti. La questione è trovare le risposte giuste, giuste per l’azienda e giuste per l’uso che se ne farà. Non è difficile avere un’idea. È più difficile avere l’idea buona per il contesto che te la chiede.


E cosa, secondo lei, rende moderno un oggetto?
Sono le differenze, che possono essere semplicemente nei dettagli. Il design riguarda grandi questioni, nuovi problemi e invenzioni. Ma, come nella letteratura o nella poesia, spesso si risolve in cose apparentemente di poco conto. È questione di di giustapposizione di idee, di ritmo, di punteggiatura. Per un designer, sono le associazioni di materiali o di colori, una certa delicatezza.
È una definizione molto raffinata. Secondo lei, in che direzione sta andando il design?
Difficile dirlo. Siamo in un mondo totalmente frammentato, e questo secondo me vale anche per il design. Qualche decennio fa, la questione della modernità era abbastanza chiara. C’erano diversi orientamenti, ma non molti. Oggi possiamo accedere a cose diverse e nuove. Un’esplosione totale. Proprio come nell’informazione, nel bene e nel male: ci sono le fake news ma c’è anche il fake design. Il problema oggi è soprattutto la sostenibilità delle cose, a tutti i livelli: se sono costruite bene, se i lavoratori sono trattati correttamente. Il buon design è anche questo. Quando progetto un oggetto, me lo immagino anche tra 50 anni, al mercato delle pulci. E spero, come per un vecchio paio di jeans, che la patina, la vernice un po’ sbiadita, i graffi gli diano un’anima e una poesia interessante.
Il mondo delle manifestazioni di design sta cambiando. Secondo lei Milano ha ancora una sua rilevanza?
Vengo qui da circa 30 anni, e ogni volta è come avere un’istantanea del momento (storico, creativo) che stiamo vivendo. Mi piacciono molto le fiere, sono come mondi. Ti concentri sulle cose che ti interessano. Quando la Fiera era in città, il legame con tutto quello che le sta attorno – le mostre degli studenti, la Triennale, le installazioni – era ancora più organico. Oggi, è vero, ci sono altre manifestazioni che stanno emergendo. Penso che sia positivo: è interessante avere dei concorrenti. È quello che ci costringe a fare le cose meglio.
