Anemos by Pedrali, design Pio & Tito Toso, Art direction Studio FM, Styling Studio Salaris, Photo © Andrea Garuti
Anemos by Pedrali, design Pio & Tito Toso, Art direction Studio FM, Styling Studio Salaris, Photo © Andrea Garuti

Tra i progetti che Pedrali ha presentato come novità 2023 c’è un tavolo affascinante, Anemos: un piano tondo od ovale che posa su una base in cemento scultorea e visivamente leggera, due fogli appena incurvati. A firmarlo sono Pio (1973) & Tito (1971) Toso, fratelli veneziani la cui ricerca nasce da riflessioni estremamente articolate su forma, funzione e materiale. Li abbiamo incontrati per una chiacchierata a tre su questo progetto.

Anemos, “vento” in greco: qual è stato il punto di partenza?
Pio Toso: L’idea di fare un basamento in cemento nasce da una nostra ricerca, ci sembrava interessante utilizzare questo materiale in modo leggero, sfruttando la sua resistenza alla compressione. Questi due archi che si incrociano nella base riescono a distribuire molto bene lo sforzo, di conseguenza il basamento funziona molto bene.

Tito Toso: Abbiamo proposto il cemento anche per il piano, nella stessa finitura: il progetto nasce da questa materia che è acqua e sabbia, è inerte, è liquido alla nascita, era importante che questo si sentisse. Per questo ha una linea fluida, è nel Dna della materia. Abbiamo pensato agli studi di Pier Luigi Nervi, architetto-ingegnere geniale, uno dei primi a pensare al cemento non più come pilastro o come trave ma come membrana.

È stato complesso ottenere forme – la base, il piano – così perfette?
Tito: Per realizzarlo non servono accorgimenti specifici, funziona per colaggio.
Pio: Adesso ci sono degli additivi che controllano il ritiro e tutti i movimenti che potrebbero esserci in fase di asciugatura. In più, al contrario della ceramica, il cemento non viene portato nei forni, fase che spesso “muove” il materiale. Quindi si riesce ad avere una linearità eccezionale unita a una matericità molto naturale.
Tito: È da notare che si tratta di un processo a freddo, quindi molto sostenibile a livello di energia. A noi interessa anche partire da considerazioni come queste nel pensare un nuovo prodotto.

È solo cemento o c’è qualcosa in più?
Tito: È un impasto particolare, un’alchimia che nasce da una ricerca anche personale. La sfida è stata lo spessore, che volevamo sottile, come una vela mossa dal vento. L’abbiamo vinta lavorando a quattro mani con l’azienda.

Lo studio di questa base è stato fatto “a mano” o utilizzando programmi di calcolo?
Pio: Avendo studiato architettura abbiamo un’idea chiara di come si distribuiscono le tensioni. È stata una cosa abbastanza istintiva. Poi è arrivato tutto il lavoro sui dettagli, per esempio su come nascondere le boccole per il fissaggio del piano. Per noi un tavolo è sempre una piccola architettura che non si deve imporre, deve armonizzarsi in uno spazio. Nasce da un processo di sintesi, di riduzione degli elementi. È il nostro percorso: arrivare a creare degli oggetti che parlano un linguaggio universale, comprensibile da tutti.
Tito: Un procedimento di riduzione che non è una castrazione ma paradossalmente diventa liberatorio, quando riesci ad arrivarci. Non è un minimalismo freddo, piatto, ma è la materia che inizia a parlare da sola. Non sembra neanche disegnato: ha un movimento naturale, come un’alga nel mare mossa dalla corrente. Questo fa sentire l’oggetto familiare, a tutti e non solo a chi ha una certa cultura.

Come si inserisce Anemos nel vostro percorso con l’azienda?
Pio: Come gli altri progetti che abbiamo fatto per loro anche questo nasce da un gesto spontaneo. Noi crediamo in questo tipo di design. Non legato a uno stile, che può diventare “corto” nel tempo, poco vero.
Tito: È una ricerca di sintesi che ci porta a vedere l’essenza. Ci interessano le relazioni tra un oggetto, i suoi utilizzatori, lo spazio in cui si inserisce. Vogliamo che i nostri progetti siano sentiti come amici.

Pio & Tito Toso

Pio & Tito Toso

Cos’è che fa la verità del design?
Tito: Un progetto che non nasce da uno stile, da un disegno, ma dall’osservare la vita di tutti i giorni: come la gente si siede attorno a un tavolo, come lo utilizza. Cercare di capire che tipo di relazioni un progetto instaura con l’utilizzatore, come si armonizza nello spazio. Un’attenzione molto umana.
Pio: È un atteggiamento verso il prodotto, che non è legato a una moda. Non c’è un approccio unico, si può essere ironici o seri ma se il modo di progettare è preciso e profondo allora qualcosa di buono probabilmente viene fuori. E poi bisogna seguire i propri sensi: per esempio, in un tavolo è importante dare molta attenzione ai bordi, che sono l’elemento che maggiormente dialoga con la persona. È lì che tocchi l’oggetto. Nel buon design c’è qualcosa che ti parla direttamente, senza per forza passare per il cervello.

Art direction Studio FM, Styling Studio Salaris, Photo © Andrea Garuti