Vedere lo spazio

La fotografa Hélène Binet è stata uno dei protagonisti del Salone del Mobile.Milano (della rassegna Euroluce, per la precisione, di cui è stata uno degli ospiti speciali) con una mostra personale curata da Massimo Curzi e focalizzata sulla relazione tra luce naturale e architettura. Per noi ha scelto e commentato una serie di scatti che raccontano 40 anni di carriera

Zaha Hadid Architects, Glasgow Riverside Museum, UK, 2010
Zaha Hadid Architects, Glasgow Riverside Museum, UK, 2010

“Io fotografo spesso i dettagli. Perché delle architetture e dei luoghi che visito è impossibile raccontare una storia completa, sarebbe una follia. Cosa faccio con un’immagine? Cerco di suggerire qualcosa, lasciando però la possibilità, a chi la guarda, di aggiungere altro con l’immaginazione, come succede con un libro. L’immagine non deve essere troppo finita, ma darti la possibilità di incorporare la tua esperienza,” ci spiega Hélène Binet, fotografa di fama internazionale che in quasi quarant’anni di carriera ha immortalato sia l’architettura contemporanea sia quella storica, accompagnando il percorso di alcuni degli architetti più rilevanti del panorama globale. Una tra tutti, Zaha Hadid. Abbiamo scelto e discusso con lei dieci frammenti della sua carriera: dieci dettagli, dieci scatti che rappresentano il suo approccio e i momenti salienti della sua esperienza.

Sigurd Lewerentz, Markuskyrkan, Björkhagen, Sweden, 1989
Sigurd Lewerentz, Markuskyrkan, Björkhagen, Sweden, 1989

Sigurd Lewerentz è un architetto svedese allo stesso tempo razionale ed emotivo. Per il disegno di questa chiesa molte decisioni sono state prese in fase di progetto, ma poi c’è stato anche un grande lavoro in fase di cantiere. È stato lui stesso a dire agli operai come posizionare i mattoni e a definire vari dettagli della realizzazione, contestualmente anche al rapporto con la luce e con la natura circostante. Questo fattore di improvvisazione, cioè seguire la sensibilità del momento e reagire a quello che si vede, lo ritrovo molto anche nella mia pratica. Quando devo fotografare un edificio provo sempre a lasciarmi sorprendere, anche se arrivo preparata e con un’idea precisa.

Quarry, Carrara, Italy, 2013
Quarry, Carrara, Italy, 2013
Musmeci, Ponte sul Basento, Italy, 2015
Musmeci, Ponte sul Basento, Italy, 2015

Senza procedere in ordine cronologico, come seconda immagine ho scelto una mia foto delle cave di Carrara. Qui faccio una riflessione riguardante la violenza sulla natura che, purtroppo, è spesso propedeutica alla costruzione dell’architettura e in qualche modo alla creazione del bello. Con le mie immagini volevo raccontare l’umanità di chi lavora lì, inserendo alcuni dettagli che mostrano il lavoro e gli sforzi di chi vive questi spazi.

Il ponte dell’ingegnere Sergio Musmeci a Potenza è un progetto rivoluzionario e che ha ispirato molti architetti contemporanei, tra cui Zaha Hadid. Questa infrastruttura ha un aspetto animalesco, una forza brutale che richiama quella della natura. Contemporaneamente è però un’opera molto delicata, in cui si nota la mano dell’uomo. Ovviamente, negli anni Settanta non c’erano le tecnologie odierne, e per realizzare i casseri curvi Musmeci si è affidato a dei costruttori di barche napoletani. La brutalità del ponte, unita a questo aspetto artigianale rende il suo Ponte sul Basento un progetto unico.

Fog Oasis, Alto Patache, Atacama Desert, Chile, 2013
Fog Oasis, Alto Patache, Atacama Desert, Chile, 2013

Ho visitato il Patache, una zona in Cile sul deserto dell’Acatama. Qui si trova un’immensa oasi di nebbia, un luogo singolare in cui la vegetazione autoctona attinge solo all’acqua della nebbia, perché le precipitazioni annue sono in media inferiori a 1 millimetro. Per questo hanno inventato un sistema di raccolta d’acqua chiamato Cloud Catcher, attraverso a cui si riesce a fornire l’acqua agli abitanti di Chungungo, un villaggio di pescatori della zona. 

Jørn Utzon, Can Lis, Majorca, Spain, 2019
Jørn Utzon, Can Lis, Majorca, Spain, 2019
Jørn Utzon, Can Lis, Majorca, Spain, 2019
Jørn Utzon, Can Lis, Majorca, Spain, 2019

Questa è una residenza a Mallorca in cui Jørn Utzon si è ritirato in tarda età. Non è una casa di villeggiatura, comoda e bella, ma un luogo aspro, volontariamente esposto alle intemperie, in cui l’architetto si isolava dal mondo. Dalle mie foto si evince la relazione tra l’architettura, il vento e il mare. Sembra sia stata progettata appositamente per ricevere questi elementi.

Zaha Hadid Architects, Heydar Aliyev Centre, Baku, Azerbaijan, 2011
Zaha Hadid Architects, Heydar Aliyev Centre, Baku, Azerbaijan, 2011

Zaha Hadid è stata un’architetta che ha rivoluzionato il modo di concepire lo spazio. L’ho conosciuta che ero molto giovane e ha avuto una grande influenza su di me. La cosa che mi ha sempre affascinato della sua pratica è questa sensazione che ci si può sempre spingere oltre. Lei ha veramente combattuto con la gravità durante tutta la sua carriera, e nelle mie foto percepisco questa sua energia. Grazie a Zaha Hadid non sono mai soddisfatta del mio lavoro e mi chiedo costantemente se sono riuscita ad arrivare all’essenza di un’architettura tramite le immagini.

Soswaewon, Korea, 2019
Soswaewon, Korea, 2019
Byeongsan Seowon, Korea, 2019
Byeongsan Seowon, Korea, 2019

The Intimacy of Making è un libro sull’architettura tradizionale coreana a cui ho lavorato per più di quattro anni. Si parla spesso dell’architettura storica in Cina e Giappone, mentre quello coreano è un pensiero ancora poco conosciuto in occidente, ma che si avvicina molto al mio: non si cerca la perfezione ma con movimenti naturali si accostano elementi semplici. Il vuoto e il non finito sono elementi fondamentali per l’architettura coreana, perché costituiscono un invito a prenderne parte.

Lingering Garden, Suzhou Gardens, China, 2018
Lingering Garden, Suzhou Gardens, China, 2018

Guardando questi muri di giardini in Cina possiamo immaginarne la stratificazione di eventi, storie e leggende. Umidità, muschio e vegetazione creano dei nuovi paesaggi che lasciano ampio spazio all’immaginazione. 

Atelier Peter Zumthor, Therme Vals, Graubünden, Switzerland, 2006
Atelier Peter Zumthor, Therme Vals, Graubünden, Switzerland, 2006

La collaborazione con Peter Zumthor è stata molto importante per la mia carriera. Anche con lui ho iniziato a lavorare che ero molto giovane. È una persona che ha una grande disciplina e il cui lavoro è estremamente in relazione con gli elementi naturali. Mentre fotografare Zaha Hadid è estremamente difficile, con quella di Zumthor si ha sempre la sensazione di essere ancorati in un momento e di riuscire con astrazione a rappresentare tutto. L’architettura di Zumthor dà pace. Inoltre, lui ama e capisce bene la fotografia, quindi è una figura ideale con cui dialogare.

Le Corbusier, Couvent Sainte Marie de la Tourette, Eveux, France, 2002
Le Corbusier, Couvent Sainte Marie de la Tourette, Eveux, France, 2002
Le Corbusier, Canons de Lumiere, La Tourette, France, 2007
Le Corbusier, Canons de Lumiere, Couvent Sainte Marie de la Tourette, Eveux, 2007

Nel 2002 il Museo DAM di Francoforte mi ha commissionato un essay fotografico sull’ombra e la luce in architettura. Ho pensato subito a Le Corbusier, che è un maestro nel controllo della luce, e al Convento di Santa Maria de La Tourette. Ho trovato un microcosmo di persone che qui abitano, si confrontano con la sacralità, hanno momenti privati e di vita in comune. Volevo studiare come le ombre accompagnano i preti nella loro quotidianità, come Le Corbusier ha orchestrato la loro vita quotidiana. Qui ho capito quanto è difficile fotografare l’ombra, che senza luce non si vede. Solitamente abbiamo l’istinto di inquadrare la luce. Ne siamo attratti più di ogni altra cosa. Fotografare l’ombra invece è come ritrarre il vuoto, il nulla. È stato per me un momento di contemplazione e riflessione molto importante. Vabbè, avevo davanti a me un capolavoro.