Patrick Norguet: progettare, scrivere, cucinare

Conversazione con il designer francese su cosa vuol dire, oggi, lavorare come progettista. Tra scenari di un futuro molto vicino, strapotere della decorazione e definizioni originali di design

Patrick Norguet
Patrick Norguet

Cos’è il design oggi?
È una parola difficile. Potrebbe anche essere in via di sparizione. Un mestiere incompreso, sempre di più. Oggi la gente si interessa principalmente alla decorazione. Per anni il design era parlare di prodotto, dell’oggetto, della sua qualità. Oggi si parla di stile. Noi designer restiamo concentrati sui dettagli ma non basta. Certo, ci vuole qualità in un oggetto. Ma bisogna anche pensare l’immagine che lo circonda. È un’evoluzione nel nostro mestiere. Ma non la sola: un buon progettista oggi tiene è chiamato a elaborare un concetto globale, in cui rientrano anche la distribuzione, l’immagine, il prezzo, la qualità dei materiali, il loro riciclaggio, il posizionamento dell’oggetto nell’ecosistema della marca. È un lavoro complesso che spesso non è capito. Per questo ci si concentra sullo stile. È una scorciatoia.

“Jeff” by Pedrali

A proposito di ecosistema: uno degli argomenti di maggiore attualità è senz’altro quello dell’ambiente. Come gestire questo aspetto?
Non si può fare una rivoluzione, bisogna parlare di evoluzione. Dell’intero sistema industriale, ma anche dell’artigianato. La vera rivoluzione sarebbe smettere di produrre. Ma sarebbe un disastro. Preferisco parlare di buonsenso. Oggi per esempio quando fabbrichiamo degli imbottiti ci poniamo il problema di come il prodotto arriverà al fine vita – cosa che prima non facevamo. Separare, per esempio, la schiuma dal metallo è complicato. Quindi pensare un oggetto implica la progettazione di come domani separeremo i materiali che lo compongono. Bisogna distendersi e concedersi il tempo di usare l’intelligenza.

Sedia “Nana” by Natuzzi – disegno di studio per la scocca
Sedia “Nana” by Natuzzi

Quando dice che la parola “design” potrebbe sparire intende anche la professione?
L’intelligenza artificiale non è uno scherzo, è un argomento di grande attualità. Anche se la gente non ne parla ancora molto. Un domani, le aziende che vorranno fare business in modo rapido utilizzeranno questi strumenti: basterà specificare qualche parametro e in un attimo avranno una collezione pronta. Mentre per me la base del nostro lavoro – come lei per lei la scrittura – è coltivare la cultura. Educare il pubblico. È necessario. La carenza di cultura è uno dei problemi del nostro tempo. 

Lounge chair “Sova” by Zanat

La cultura quindi è la soluzione?
Oggi il mercato è polarizzato, il pubblico sceglie i grandi marchi low cost globalizzati oppure il lusso. E non prende in considerazione quello che c’è in mezzo. In tutti i settori. Ma sapere cosa differenzia un prodotto fatto in Italia, poniamo, da uno fatto in Cina (perché ci sono delle competenze che sono legate al territorio) può far capire la differenza di prezzo. Per questo secondo me bisogna lavorare sulla qualità e spiegarla alla gente. Bisogna ristabilire un set i valori. Ma qui il discorso diventa politico e rischiamo di uscire dal tema… Ieri ho ricevuto una mail da un’azienda cinese enorme, 350 showroom in tutto il Paese. Mi hanno chiamato per disegnare dei pezzi: nessuna royalty, giusto un compenso una tantum. In questo modo diventiamo i cinesi dei cinesi. Bisogna ridare un po’ di senso a tutto, tutelare le competenze (e salvare posti di lavoro), mantenere una cultura e farla crescere. In tutti i settori: nella scrittura, per esempio, nel cibo, in tutto.

“Ace Collection” by Ethimo
“Ace Collection” by Ethimo

Bello accostare il design al cibo…
Mi piace confrontare il design con altri mestieri come la scrittura o la cucina. Sono attività in cui si mettono insieme elementi preesistenti per creare qualcosa di nuovo. Anche il mio mestiere è di assemblare, come uno chef che mette insieme i sapori per crearne uno che prima non esisteva. Il mio lavoro è questo.

Tutte le immagini courtesy Patrick Norguet