Tutto ruota attorno al racconto, parola che nel 1999 non era certo sovraesposta come lo è oggi, ma è il racconto che ha portato Cesare Chichi e Stefano Maestri – i fondatori di 967arch – a suggerire con coraggio e lucidità una chiave di lettura dell’architettura non solo come un necessario contenitore, ma come un reale valore.
Il vostro settore è assai affollato: perché grandi clienti come Google, HP o Petronas hanno scelto voi? O, se ci sono state delle gare, come spiegate le vostre vittorie?
I tre citati sono arrivati dopo gare internazionali su invito. A quel tempo noi lavoravamo con Selenia, nel frattempo acquistata da Petronas, multinazionale malesiana che si è sempre occupata di energia, entrata poi nel motorsport anche come partner tecnologico. Da lì è nata l’esigenza di avere un proprio centro ricerche. Il nostro referente in Selenia suggerì al board di invitare anche noi. Un classico sliding door: nonostante fossimo arrivati a gara iniziata loro ci hanno coinvolto. Abbiamo vinto il contest inserendo arditamente nel progetto anche l’architettura, cosa che normalmente per quella destinazione d’uso non veniva considerata. Noi parlavamo solo con tecnici che avevano la necessità di far funzionare l’officina e le celle prova, dell’architettura non importava nulla.
Poi succede che il marketing di Petronas ha letto la potenzialità del progetto in termini di comunicazione e a quel punto l’architettura ha sovrastato l’ingegneria. Il nuovo centro ricerche è stato utilizzato per spettacolari presentazioni di auto e moto, è diventato un landmark vero e proprio. Da Petronas in avanti abbiamo sempre cercato di inserire uno storytelling che comunicasse la cultura del cliente. Poi il passaparola ha fatto il resto: Piaggio è arrivata tramite una visita in Petronas, Campari arriva tramite Amplifon, da Campari va l’HR di Saint Laurent e ci chiamano anche lì, così ha funzionato.
Google è il progetto che vi ha formalmente lanciato?
Google (gara con sette studi internazionali) lo abbiamo vinto, anche qui, per lo storytelling che abbiamo creato. Il brief diceva di non replicare layout di sedi esistenti o di altro e occorreva valorizzare l’italianità di Google: edificio a sei piani, ogni piano diverso dall’altro. Noi abbiamo deciso di rappresentare il Made in Italy presentando su ogni piano un valore differente: la moda, il cibo, l’arte, la cultura, lo sport, il cinema, eccetera. Il vero problema con Google era che l’azienda, nei suoi spazi, venisse letta con un taglio ludico, il rischio progettuale era quello di cadere nella trappola del banale e del pittoresco.
Loro passano la giornata in call o a ricevere persone, abbiamo pensato che creare ambienti non consueti potesse far aumentare l’interesse e la sorpresa degli interlocutori, in modo che fossero loro stessi a fare domande, come se interrogassero Google. In una stanza abbiamo messo una grande immagine dello stadio di San Siro all’opposto della telecamera per la call, a chi si collegava sembrava che i referenti di Google parlassero dallo stadio. Con la stessa logica abbiamo inserito anche immagini di film di Benigni, Paolo Villaggio e Amici Miei, la gente rimaneva stupita e chiedeva chi o cosa fosse quello che vedevano.
Come sono cambiate le richieste dei clienti nel settore office negli ultimi anni?
Sono cambiate perché sono cambiate le professionalità di coloro che formulano la richiesta e costruiscono il brief, sono cambiati gli interlocutori: quando abbiamo iniziato avevamo a che fare con i Facility Manager, nel corso degli anni siamo passati ai Responsabili Marketing e Comunicazione fino ad arrivare recentemente ai Responsabili delle Risorse Umane. Campari e Saint Laurent sono gli esempi più recenti. Questo significa che le aziende hanno iniziato a comprendere il valore della qualità del lavoro e la qualità del lavoro dipende molto dall’interior che crei e dai servizi interni che offri. Questo era già capitato, pur con un percorso differente ma forse ancor più visionario, con Amplifon molti anni prima. È evidente che creare un bel posto dove lavorare ha oggi un impatto sulle scelte dei potenziali candidati e diventa un attore nell negoziare un contratto.
Nell’incipit del vostro sito affermate che “Design è percezione”, apparentemente il contrario di quello che di solito si dice in proposito.
Noi abbiamo avuto la fortuna di incontrare dei maestri e uno su tutti è stato Vico Magistretti di cui ricordiamo una frase: «Un progetto che funziona lo puoi raccontare per telefono». La percezione va intesa come intuizione o verso qualcosa di ancora non esplorato o verso una possibile tendenza in arrivo, ma sempre semplice da spiegare. Sempre Magistretti diceva «Subito dopo l’intuizione ci deve essere un progetto di concetto, altrimenti il design rimane un esercizio di stile». In questa grande sintesi c’è il nostro pensiero sul design.
Qual è il progetto che vi ha fatto percepire un salto di qualità anche nella considerazione dei clienti?
Sono quattro le realizzazioni che, secondo noi, ci rappresentano al meglio. Innanzitutto Google, un tassello importante, progetto poliedrico: il nome altisonante ha creato un certo riflesso e attivato il passaparola. Sicuramente Petronas, era la prima volta per noi con un edificio da zero e in un ambito dove non avevamo mai progettato. WPP, ex area Richard Ginori, immobile grande e vincolato, molto complesso e si lavorava durante il Covid. Amplifon, il più piccolo rispetto agli altri, ma per noi antesignano di un modo di progettare che infatti è andato avanti per sei anni. Ma ce n’è una che probabilmente corrisponde di più alla domanda: Campari. Ne abbiamo avuto la percezione quando alle riunioni importanti partecipava l’AD, persona di grande cultura, invidiabile preparazione e intelligenza. Se una persona così, abituato a frequentare il mondo della finanza, dello sport e dello spettacolo, passa ore e ore con te seduto a un tavolo significa che ha considerazione del tuo lavoro. Campari probabilmente ci ha dato il senso della correttezza del lavoro fatto e della bontà della strada intrapresa.
Come nasce la collaborazione con MDF Italia?
Con MDF abbiamo iniziato la collaborazione utilizzando i loro prodotti e, come è successo con Davide Groppi anni fa, abbiamo utilizzato nei progetti di uffici alcuni loro prodotti che non nascevano per l’ufficio. Loro, che lavorano soprattutto nel mondo home tramite i rivenditori, ci hanno visto come un canale nuovo e alternativo. Per loro abbiamo disegnato il sistema 20.Venti e quando c’è stato il passaggio generazionale in azienda il rapporto – soprattutto con Marco Cassina – è cresciuto. Hanno diviso home e contract e a noi hanno dato la direzione creativa di quest’ultimo. Abbiamo fatto un lavoro piuttosto elaborato. Abbiamo ipotizzato un edificio con destinazione office pensando che potesse essere un mondo tutto MDF Italia, loro hanno creato un sito dedicato con tanto di configuratore e adesso stiamo facendo la medesima cosa per l’hospitality. Obiettivo Salone.