La sostenibilità secondo Rubelli: una sfida da vincere insieme

L’azienda pubblica il suo primo Bilancio di sostenibilità. Una tappa fondamentale nel suo progetto di economia circolare. Molto è stato fatto, ma altrettanto è in programma attraverso iniziative corporate e più allargate, in una visione omnicomprensiva del settore tessile

Rubelli, Vibrations
Rubelli, Vibrations

Sostenibilità è un termine entrato a buon diritto nel vocabolario delle aziende del design. Se ne legge, se ne parla e se ne discute. Talvolta attardandosi al livello del marketing e della sola comunicazione, ma fortunatamente, molto più spesso, avanzando con azioni concrete per trasformare i buoni propositi in benefici reali per l’ambiente e per il benessere delle persone.
Dall’incontro con Andrea Favaretto Rubelli e Massimo Forliti, rispettivamente Amministratore e Direttore Generale di Rubelli, emerge evidente che “essere sostenibili” è molto più che un trend. È un ideale che da tempo sta plasmando ogni aspetto dell’azienda, oggi alla quinta generazione, e che favorisce sempre più iniziative a vantaggio dell’intera filiera del tessile e dei territori in cui l’azienda opera. È una presa di coscienza che indirizza a una meta ben precisa: “creare un’economia puramente circolare, dove si produce a impatto ambientale zero, con prodotti che durano il più possibile”.

Fissato l’obiettivo, il percorso per arrivarci non è immediato – l’azienda ne è consapevole – ma molti sono i passi già compiuti nella strategia e nella cultura aziendali. Da anni, infatti, Rubelli ha attuato notevoli investimenti per migliorare il proprio modus operandi in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) 2030 delle Nazioni Unite. E una tappa fondamentale in questo processo è la recente pubblicazione del primo Bilancio di sostenibilità dell’anno 2021, un significativo passo avanti verso una maggiore trasparenza e consapevolezza rispetto alle proprie responsabilità. Il bilancio è stato redatto insieme a Deloitte, con la collaborazione di un team interno di giovani risorse, in una fusione proficua di competenze e stimoli sul tema.

Andrea Favaretto Rubelli
Andrea Favaretto Rubelli

Se la ricerca, l’elevata qualità, l’eleganza dei prodotti Rubelli è rimasta immutata nel corso dei suoi tre secoli di storia, molto diversa è l’attenzione verso l’impatto ambientale che tale produzione genera. «C’è un documento del 1706 in cui si attesta che il mio avo Cesare Rubelli tingeva di rosso le vele della Serenissima; e nel farlo colorava altrettanto di rosso di canali di Venezia. Tanto che la Repubblica decise poi di spostare tutte le tintorie ai confini della città – ci racconta Andrea Favaretto Rubelli – Certamente, queste sono le origini e per fortuna oggi i tempi sono cambiati. Noi stessi abbiamo delocalizzato la produzione nel primo distretto in Europa per qualità e quantità nel campo della tessitura, ossia il distretto serico comasco, che guarda all’eccellenza anche in termini di sostenibilità. Abbiamo così tracciato l’inizio di un lungo percorso fissandoci una meta importante e oggi a noi ben chiara: creare un’economia puramente circolare. E il Bilancio di sostenibilità è il risultato di tutti questi anni di lavoro». Il documento (consultabile anche sul sito corporate) è una fotografia dello status quo dell’azienda e delle pratiche messe in atto, nonché un impegno nero su bianco a un miglioramento costante.

Materie prime sostenibili, riduzione dei consumi energetici, installazione di macchinari moderni, una gestione sostenibile della catena di fornitura sono tra le iniziative adottate da Rubelli. «Un aspetto su cui però stiamo investendo molto è il sistema informatico aziendale e questo riguarderà anche il 2023 – spiega Massimo Forliti – Crediamo infatti che il digitale ci aiuterà molto in futuro (si pensi solo alla maggiore efficienza e tempestività che può offrire nella catena logistica), coniugando così un’economia dei consumi con le necessità ambientali che saranno sempre più stringenti, sia dal punto di vista normativo che per richieste dei consumatori. Ma un altro ambiento importante di investimento è la formazione del personale, tramite workshop che intendiamo organizzare sull’evoluzione del futuro e sulle misure applicabili per ridurre i consumi». Accanto a quella ambientale, la sostenibilità sociale è altrettanto importante per Rubelli, che si traduce in progetti di valorizzazione del patrimonio artistico e culturale a Venezia e in Italia.

Massimo Forliti
Massimo Forliti

Numeri, dati, fatti verificati permettono altresì di “mettere una tacca” sulla linea dell’evoluzione sostenibile di Rubelli, assolvendo (almeno in parte) a una problematica dell’intero settore: «Pur conoscendo i nostri risultati e il nostro fine ultimo, non ci è dato sapere quanto manca al suo raggiungimento, perché mancano gli strumenti di misura. Non esiste infatti una metrica internazionalmente riconosciuta per la sostenibilità ambientale: questo fa sì che ognuno si muova in autonomia e si crei una ‘Babele’ di strumenti e certificazioni, non coordinati fra loro. Un’altra sfida che dovremo affrontare, oltra alla misurazione, è poi il problema della tracciabilità, dal momento che nel tessile la filiera è molto lunga e spesso tocca più continenti». Rubelli stessa offre due certificazioni (Standard 100 by Oeko-Tex, che garantisce l’assenza di emissione di sostanze pericolose per la salute dell’uomo attraverso controlli durante l’intera filiera di produzione dei tessuti, e GreenGuard Gold che certifica il soddisfacimento dei più rigidi criteri a livello mondiale sulle basse emissioni di prodotti chimici nell’ambiente); così come si avvale di oltre 20 partner nel distretto, creando una rete di imprese fidate e affidabili a chilometro 0, per materiali e produzione.

Ma non basta. «Se vogliamo vincere la sfida della sostenibilità, occorre farlo insieme, lavorando fianco a fianco di tutte le aziende del comparto, fra distretti italiani ed europei. Perché le regole si fanno a Bruxelles». Un monito già messo favorevolmente in pratica da Favaretto Rubelli in qualità di Presidente della Sezione industrie tessili, dell’abbigliamento e accessori di Confindustria Venezia, tramite la quale è fautore del Venice Sustainable Fashion Forum, il primo summit internazionale dedicato alla transizione sostenibile del settore Moda, che riunisce la Camera Nazionale della Moda Italiana e Sistema Moda Italia.

«Abbiamo un DNA unico, siamo veneziani, e Venezia è la città fragile per eccellenza, ma che è candidata a capitale mondiale della sostenibilità – conclude Andrea Favaretto Rubelli – Questo nostro essere veneziani, oltre che tessitori italiani, ci ha portato a capire che abbiamo un ruolo di forte responsabilità per la sostenibilità e dobbiamo perseguirlo».