La forza delle idee: Bologna celebra Dino Gavina

Cento % Dino, una mostra diffusa a Bologna per il centenario della nascita dell'imprenditore più sovversivo di tutti

Dino Gavina – Photo © Margherita Cecchini
Dino Gavina – Photo © Margherita Cecchini

La creatività, che si nutre d’immaginazione e di audacia non è solo una dote che può essere coltivata, può anche contagiare. Erano gli Anni Sessanta, e a migliaia di chilometri di distanza dai fasti delle avanguardie d’oltreoceano, nella piccola e un po’ provinciale Bologna si stava scrivendo un’importante pagina di storia, forse oggi in parte dimenticata, ma non per questo meno rivoluzionaria.

Dino Gavina, l’imprenditore “sovversivo” (così si presentava sul suo biglietto da visita), stava ponendo le basi della sua straordinaria epopea. “Il più emotivo e impulsivo costruttore di mobili del mondo” per usare la definizione che ne fece l’architetto Marcel Breuer, che grazie a lui rispolverò dagli archivi del Bauhaus la sua mitica sedia Wassily per rimetterla sul mercato, stava preparando la sua “squadra” per giocare la prima partita del design.

Il negozio/galleria di Gavina a Bologna, progettato da Carlo Scarpa – Photo © Lorenzo Pennati

A distanza di anni, quella piccola città torna alla cronaca per ripercorre quel sogno e per celebrare a cent’anni dalla nascita uno dei suoi personaggi più illustri e controversi.

Fino al 7 novembre (data del compleanno) una mostra diffusa dal titolo Cento % Dino racconta l’uomo, la sua anima più intima, grazie anche alle straordinarie foto scattate da Margherita Cecchini, che ha avuto la fortuna, lei poco più che ragazzina, di seguire per un’intera giornata l’imprenditore. Lui mai in posa, seduto sulla Catilina di Luigi Caccia Dominioni e sulla Margarita di Roberto Matta, con gli occhi vispi che sanno guardare oltre per sfidare il presente.

Dino Gavina seduto sulla Tulu chair di Kazuhide Takahama – Photo © Margherita Cecchini
Interno dell’appartamento di Gavina a Bologna – Photo © Margherita Cecchini

Per vederle basta andare alla galleria Paradisoterrestre in pieno centro, proprio accanto a Piazza Maggiore, dove Gherardo Tonelli, titolare oltre che della galleria anche del brand che ha rieditato molti pezzi dell’imprenditore bolognese, ha preparato per i visitatori una sfilata degli arredi ad alto tasso poetico tutti appartenenti alla collezione Ultramobile del 1971.

Una capsule, diremmo noi oggi, un’“operazione” ci avrebbe corretto Gavina, che, come si usava fare ai tempi dell’avanguardia, aveva anche un manifesto programmatico che recitava così: “la tua casa è abitata dagli oggetti… sono per te dei torpidi animali imprevedibili che una consuetudine di forme e di coabitazione ha reso opachi, statici, senza vita… ma noi vogliamo che ogni oggetto della casa dell’uomo ritagli nello spazio una sua meraviglia primordiale, che ogni oggetto emerga in fondo ai corridoi…”.

La “casa nella casa” che ancora è installata nell’appartamento di Gavina (replica)

E se a farlo è l’occhio, il famoso Le Témoin di Man Ray, che capovolto diventa una seduta, subito si intuisce la valenza poetica di questo progetto che, oltre al maestro surrealista, ha coinvolto anche artisti del calibro di Alan Irvine, Marion Baruch, Roberto Matta, Constantin Brancusi e Novello Finotti.

All’interno della galleria gli arredi disposti su fondo rigorosamente bianco riproducono dal vivo la copertina del catalogo degli Anni ’70. La mostra a lui dedicata è anche un’occasione per visitare la città e di entrare nella prestigiosa sede istituzionale della Sala d’Ercole a Palazzo d’Accursio, in Piazza Maggiore, dove all’interno della sala di gusto neoclassico, si cela un altro tesoro: la riproduzione in scala 1:1 della “casa nella casa”, il rifugio privato che Gavina realizzò all’interno della propria abitazione (e che ancora esiste).

Stravagante e spregiudicato nel privato come nel pubblico, aveva un sogno assolutamente ambizioso: voleva dimostrare come la produzione industriale potesse essere meglio di quella artigianale, in un’epoca in cui quando si voleva un divano si andava direttamente dal tappezziere.

Alcuni dei pezzi prodotti da Gavina, all’intersezione tra arte e design

Era caparbio e ostinato, ma aveva ragione, in fondo partiva da alcuni assunti molto semplici, ancora oggi condivisibili: la fabbrica garantisce qualità, rende riproducibile la bellezza in modo che sia accessibile al maggior numero di persone e realizza i sogni, anche quelli impossibili, dei grandi designer, artisti e architetti.

Negli Anni Sessanta con la complicità dei fratelli Castiglioni che ne firmano il disegno, produce rigorosamente in fabbrica la famosa poltrona San Luca. Tanti designer, da Scarpa a Takahama, lo seguono. Anche qualche imprenditore, visto che insieme a Cesare Cassina fonda Flos.

Nella sua “factory” si compie il destino del design, si scrive la storia perché è da lì che provengono alcuni pezzi indimenticabili come i tavoli Doge e Orseolo di Carlo Scarpa, il divano Bastiano e la sedia Pigreco di Tobia Scarpa, i contenitori Bramante di Kazuhide Takahama e la Digamma di Ignazio Gardella per citarne solo alcuni. Perché come diceva Gavina: «Moderno è ciò che è degno di diventare antico. Moderno è lo spirito dei tempi, ma la forma vera non può che essere classica».