Altstadthotel Weisses Kreuz, Innsbruck
Altstadthotel Weisses Kreuz, Innsbruck
DATA SHEET

Client: Altstadthotel Weisses Kreuz
Architecture & Interior design: Noa* network of architecture
Furnishings: custom made by Norer Tischlerei
Lighting: Gubi; Custom lamps
Bathrooms: GSI, Paffoni
Upholstery & Textiles: Raumausstattung Wieland
Wall coverings: Inkiostro Bianco
Painting & coatings: Farben Holzbaur
Flooring: HTW-Design Carpet
Tiling: Equipe
Photo credits: Alex Filz

Noa* network of architecture riscrive la storia dell’Altstadthotel Weisses Kreuz, hotel secolare nel cuore di Innsbruck, sovvertendone i limiti temporali e, soprattutto, progettuali. Risalente al 1460 circa, il Weisses Kreuz è stato plasmato da elementi costruttivi di epoche diverse, andando a incastonarsi nella morfologia urbana della Herzog-Friedrich-Straße, quartiere storico della città, in totale continuità.

Nel progetto di ristrutturazione e ampliamento dell’hotel, Stefan Rier e Lukas Rungger (co-fondatoti dello studio Noa*) hanno trattato una materia tanto preziosa con un approccio assai contemporaneo, attingendo a una molteplicità di riferimenti culturali, cronologicamente distanti eppur armoniosamente amalgamati. Se varcare la soglia del Weisses Kreuz significa infatti compiere un viaggio nella storia, occorre altresì liberarsi da preconcetti e abbandonarsi alla progettualità visionaria dei Noa*.

L’effetto di estraniamento giunge fin dall’ingresso. L’edificio, stretto e sviluppato in lunghezza verso l’interno, si apre con un lungo corridoio, interrotto da due “paratie a specchio”, che conduce all’ascensore: le superfici riflettenti sui fianchi e sul soffitto dissolvono i confini della stanza e l’architettura si fa immateriale, mentre l’ospite incontra se stesso. La nuova dimensione temporale inizia qui. Dal pianterreno l’ascensore sale direttamente al sesto piano – nuovo attico aggiunto nel corso della riprogettazione, risultato di un lavoro attento alla tutela del patrimonio – spalancandosi sulla reception.

“Dall’analisi dello stato di fatto è stato chiaro fin da subito che la distribuzione degli spazi avrebbe dovuto subire un twist – spiega Stefan Rier – Precedentemente la lobby era al secondo piano, separata dall’area colazioni. L’entrata al piano terra era pertanto poco invitante. Abbiamo così optato per un approccio radicale: dalla passerella d’entrata al sesto piano, man a mano che si sale cresce il senso di anticipazione”.

Inattesa nell’ubicazione, ancor più inaspettata nella conformazione: la lobby è pura magia. A identificarla, un lungo tavolo di 13 metri – realizzato su misura in ottone con ornamenti barocchi – che traccia il percorso longitudinale della sala e si presta contemporaneamente alle attività di accoglienza dei clienti, colazione a buffet, bar e affascinante luogo di incontro per la sera, aperto al pubblico.

Le calde tonalità del blu scuro accrescono l’intensità suggestiva dell’atmosfera, abbinate al rovere fumigato del pavimento e in contrasto con la regalità dell’ottone di finiture e arredi; è a questa nuance cromatica che si deve il nome del locale “Blaue Brigitte” che qui prende vita (oltre che in onore dell’omonima proprietaria dell’edificio).

“La decisione di ribaltare i percorsi dell’hotel si è rivelata vincente sia sul piano concettuale che compositivo: da una parte crea un senso di sorpresa: non c’è incipit migliore per iniziare un viaggio nel tempo che una rottura rispetto alla vita che scorre nelle strade di Innsbruck – prosegue l’architetto – Dall’altra, ha ottimizzato la disposizione degli spazi in un edificio dai forti vincoli storici: avere la lobby e il bar al sesto piano, aggiunto rispetto alla volumetria originale, vuol dire avere uno spazio ben illuminato, funzionale e dal carattere urbano”.

Con le sue finestre a bovindo e le nicchie di vetro che illuminano confortevoli spazi relax da cui godere il panorama sulla città, l’attico è il tripudio dell’atemporalità: elementi di diverse epoche stilistiche creano un mix variegato, ma accuratamente coordinato dall’armonia cromatica, allontanando gli ospiti dal presente. È qui  che il tema del progetto “Chic Shock Baroque” esprime il suo volto più evidente: “ Il motto guarda con ironia al Barocco, a cui ci siamo ispirati per l’interior design, nel senso che è eccessivo, opulento, eclettico. Ma tutto è cromaticamente studiato fino al dettaglio, non c’è spazio per il minimalismo”. Neppure nelle stanze (a cui si accede dai piani inferiori), che proprio grazie al colore assumono una specifica identità.

Caratterizzate da soffitti gotici, archi e ambienti di altezze diverse, le camere sono state un’ulteriore terreno di sfida per Noa*, data la peculiare conformazione dell’edificio: “È stato un lavoro sartoriale, in cui, camera per camera, abbiamo esplorato le possibilità di riprogettazione e ridistribuzione degli spazi, senza danneggiare la struttura”.

Alcune camere affacciano su strada, altre (dotate di patio o balcone) sul cortile interno; ma per la parte centrale dell’edificio priva di finestre, Noa* ha ideato una soluzione per sfruttare lo spazio e permettere alla luce naturale di filtrare nelle stanze. Qui gli ambienti sono illuminati da un pozzo di luce tra il primo e il sesto piano e dispongono addirittura di una piccola terrazza privata con vegetazione. Sono, non caso, le stanze verdi, come la “Superpatio” allestita in stile giungla.

Ci sono poi quelle rosse (tra cui la “Mozart Suite” al secondo piano, in onore del compositore che qui soggiornò), un po’ più spaziose delle azzurre; quelle blu, dotate di balcone, e le camere grigie, allestite come stanze doppie. Il terzo piano custodisce la stanza più piccola in assoluto, ribattezzata “Il ripostiglio delle scope”, rimasta volutamente incompiuta, unico angolo “senza stile” della struttura.

Il quarto si estende con altre dieci stanze nell’edificio adiacente, la cosiddetta “Frank House”, che custodisce la “Golden Roof” con i suoi opulenti arredi dorati: un omaggio al Tettuccio d’oro, ben visibile dal bovindo. Tutto, allestimento e arredamento, dalla moquette alle piastrelle, dalla tinteggiatura alle tende, fino ai mobili, rispecchiano le medesime nuance. E il Barocco qui rivive nei dettagli: una gamba del lavabo o di una cassettiera, negli accessori o nelle fotografie alle pareti.

“Fin da subito ci siamo chiesti come far rivivere un passato che non esiste più. L’arte di Barry Kosky ci ha fornito la giusta ispirazione su come ricreare un mondo lontano. Kosky utilizza delle proiezioni per inscenare un teatro musicale vivente: allo stesso modo noi come architetti ed interior designer abbiamo utilizzato i mezzi in nostro possesso, tramite colori, luci, specchi, percorsi, per creare degli spazi surreali”.