«La tradizione del fare… e non strafare»

Interazione con l’oggetto e risposta a problemi reali. L’approccio progettuale pragmatico e senza mezzi termini di Antonio Citterio conduce verso i 50 anni la collaborazione con Flexform. Una unione rinsaldata dal recente concept per il nuovo showroom milanese dell’azienda ad opera dello studio di architettura ed interior design ACPV ARCHITECTS Antonio Citterio Patricia Viel

Flexform, flagship store, Milan
Flexform, flagship store, Milan

Per Flexform è risultato decisamente naturale affidare allo studio ACPV ARCHITECTS Antonio Citterio Patricia Viel il progetto del proprio flagship store, inaugurato a Milano durante la design week. Un sodalizio, quello con Antonio Citterio, che sta per varcare la soglia dei 50 anni e che vede andare a braccetto, senza alcun cedimento, cultura del progetto imprenditoriale e un linguaggio creativo ieratico che non ammette sbavature, fondato su bellezza essenziale e funzionalità. Lo stesso riconoscibile nel nuovo spazio su due livelli di via Moscova, flessibile e riconfigurabile, in cui materiali come la pietra di Vicenza in grande formato, proveniente dalle cave del Laboratorio Morseletto, o la lamiera stirata di acciaio verniciato dei controsoffitti creano un fondale scenico d’eccezione per gli arredi e lo stile Flexform. Una raffinatezza di pensiero, prima, e di azione, dopo, che approfondiamo con lo stesso Citterio.

Antonio Citterio - Photo © Gianluca Di Ioia
Antonio Citterio – Photo © Gianluca Di Ioia

In una collaborazione azienda/designer, qual è l’ingrediente fondamentale per durare nel tempo?
La fiducia. Considero i clienti dei partner: in genere, scelgo di lavorare con persone che condividono la mia visione e il mio linguaggio progettuale. Credo che questo infonda loro una grande fiducia. Ho iniziato a lavorare con Flexform quasi 50 anni fa. Era il 1979, in quegli anni il mio ufficio era ancora a Monza, in provincia di Milano e mi ero laureato in Architettura al Politecnico di Milano appena tre anni prima. Con loro ho condiviso da subito le strategie complessive e la determinazione a riportare in produzione oggetti di architetti razionalisti come Mario Asnago, Claudio Vender e Gabriele Mucchi, in quello che può essere considerato un omaggio ai maestri della regione.

Che peso hanno visione imprenditoriale e capacità interpretativa del progettista?
Sono fondamentali per la riuscita di un progetto. Un designer che non ha visione imprenditoriale non può creare oggetti o spazi che funzionano nel mercato.

Come è riuscito a rinnovare questa relazione nel tempo, a realizzare collezioni con contenuti nuovi rimanendo fedele ad uno stile preciso e riconoscibile?
Penso sia la capacità di creare oggetti timeless, che rispondono a domande concrete, senza che vi sia overdesign. Il mio lavoro si lega alla tradizione del fare e non strafare: cioè un oggetto è un oggetto. Un divano è un divano: se non è comodo, non è neanche un divano.

Come ha concepito il nuovo flagship store Flexform? Qual è il punto cardine di tutto il progetto?
Lo showroom, progettato dallo Studio ACPV ARCHITECTS Antonio Citterio Patricia Viel per Flexform, crea un’esperienza simile a quella in una galleria d’arte: è pensato per far vivere appieno gli elementi di arredo e apprezzarne la ricercatezza dei dettagli. Un passo aggiuntivo nella collaborazione che mi unisce all’azienda.

Cosa si aspetta venga recepito nell’immediato dal visitatore?
Una scena di vita. Con questo negozio, abbiamo voluto creare uno spazio coerente con l’esposizione, che è sempre un insieme. Non la rappresentazione statica di un oggetto che dice “guardami”, ma una scena di vita vissuta.

Secondo la sua esperienza, in che modo è cambiato il design nel tempo?
È la società, con i suoi bisogni e le sue abitudini, ad essere cambiata. Il design, per me, deve rispondere a questi cambiamenti: ad esempio, i divani che disegno rappresentano la trasformazione della nostra società. Negli anni ’70 il divano non era un elemento normale in casa. Se ne avevi uno, era un divano letto, qualcosa su cui dormire. La mia idea era che un divano potesse essere un posto dove mangiare e lavorare, oltre che per rilassarsi, e oggi è così.

Che direzione stanno prendendo design e progettualità?
C’è sempre più consapevolezza su quelle che sono le sfide di oggi, come la difesa dell’ambiente, c’è un reale impegno verso la sostenibilità al 100%.

Cosa desidera veramente la gente? E che rapporto ha con il design?
Un design che risponda ai propri bisogni. Quasi sempre il mio design è legato al comportamento, al modo in cui le persone vivono e interagiscono con gli oggetti. Ho sempre lavorato in questo modo, anche nell’architettura accade la stessa cosa: quando progettiamo, ci immaginiamo sempre le persone, come arrivano, come entrano, come si muovono all’interno dello spazio, cosa faranno. In sostanza, il modo in cui le persone si relazionano con lo spazio diventa uno degli elementi guida del progetto.

Qual è il compito del designer di oggi per il futuro?
Offrire soluzioni e domande concrete e reali. Progetto prodotti che personalmente ritengo carenti nella vita di tutti i giorni, o oggetti le cui prestazioni potrebbero essere migliorate. Quasi sempre, il mio approccio si basa sullo studio del comportamento delle persone, del modo in cui interagiscono con gli oggetti. Progetto oggetti che non vogliono essere mera espressione di qualcosa, ma mirano a rispondere a bisogni reali.

Quali le prossime tappe con Flexform?
Continuare a creare oggetti senza tempo.