Social network e design, è finalmente amore

Dopo anni di diffidenza, le aziende italiane del design diventano sempre più 2.0 e approdano anche su TikTok, il più giovane dei social in circolazione. Abbiamo parlato con due di loro, Lago e Seletti, e anche con un esperto di comunicazione digitale, Riccardo Crenna di Simple Flair. Ecco alcuni esempi virtuosi e consigli

Instagram, Seletti profile
Instagram, Seletti profile

Non è stato “amore a prima vista”, ma oggi qualcosa è cambiato. O meglio: sta cambiando. Mondo del design e social network sembrerebbero un binomio “scontato”, in virtù di quella innata passione per l’immagine, la condivisione e la creatività che li accomuna. Invece, “soprattutto all’inizio ci sono state incomprensioni e diffidenze, ma oggi abbondano esempi virtuosi improntati alla contemporaneità”, commenta Riccardo Crenna, cofondatore e direttore creativo di Simple Flair, società di consulenza digitale destinata proprio alle aziende di design.

L’architetto Riccardo Crenna, fondatore e direttore creativo insieme a Simona Flacco della società di consulenza digitale Simple Flair

Il perché di questo ritardo lui se lo spiega così: “Un tempo il settore era gestito per la maggior parte da creativi, aveva un’impronta più sperimentale; oggi chi guida le aziende di design spesso viene da ambienti di economia e finanza e se è vero che le aziende fatturano dieci volte di più, è altrettanto vero che sono diventate più conservative, a differenza per esempio di quelle della moda e del food”.

Sebbene in ritardo, però, la situazione pare essersi definitivamente sbloccata, come dimostrano importanti marchi italiani approdati di recente anche su TikTok, il più giovane dei social in circolazione (“giovane” in tutti i sensi). “Su TikTok il nostro obiettivo non è solo mostrare il prodotto ma anche raccontare la storia del brand”, ci racconta Alessandro Davolio, Digital Marketing Manager di Seletti, azienda che per il lancio del canale si è avvalsa della collaborazione di Defhouse, vera e propria casa creativa di tiktokkers.

In effetti, utilizzare i social network dovrebbe mirare proprio a questo, osserva Crenna. “Non a mostrare grandezza, numeri, prodotti, ma a condividere i propri valori e a relazionarsi con la propria community o – per essere più pragmatici – con i proprio ‘clienti’”. L’esempio è chiaro: “Un’azienda che produce Land Rover non vende solo una macchina con sospensioni e ruote incredibili, ma anche il sogno di esplorare il mondo su quattro ruote, l’avventura. Per distinguersi davvero, ogni azienda dovrebbe imparare a rappresentare il suo sistema di valori e condividerlo, creando empatia con i propri prodotti”.

“I social Non servono a mostrare grandezza, numeri, prodotti, ma a condividere i propri valori e a relazionarsi con la community”

I social però ormai sono tanti e mai come in questo momento è necessario differenziarli. “Ognuno ha le sue peculiarità e scopi diversi”, racconta Simone Goffo, Marketing Coordinator di LAGO Spa, una delle prime aziende italiane di design a fare il debutto nel web 2.0. “La galassia Meta è il nostro zoccolo duro, negli anni abbiamo costruito una community di oltre un milione di fan che ci segue e ci ama. Tuttavia, TikTok è il nuovo canale che parla a una generazione completamente diversa, LinkedIn ci aiuta per le comunicazioni più istituzionali e per ricercare talenti, su Pinterest interagiamo con nicchie attente e interessate al design”.

Un Reel di Lago

Per risultare efficace su tutti i fronti, l’azienda deve avere una strategia a monte, e non può permettersi di improvvisare. Ne è convinto Crenna: “Già domani potrebbe uscire un social nuovo e bisogna essere pronti, già strutturati. I social devono essere considerati solo l’ultimo miglio, quello che ci permette di dialogare con la community”.

Ne sono ben consapevoli in Lago, dove, dice Goffo, “ogni social viene considerato come un ecosistema che usa regole e linguaggi propri”, ma dove, in generale, “è l’ascolto a essere fondamentale”. Il loro obiettivo è “attrarre persone che condividono i nostri stessi valori e che si sentono realizzati attraverso i nostri prodotti”.

Secondo Crenna, dietro a ogni oggetto – che sia un tavolo, una lampada o una sedia – deve esserci un racconto, una narrazione, sin dal processo creativo. E questo produce anche riscontri pragmatici: “Raccontare la storia di un prodotto permette alle persone di capire il perché quel prodotto costi tanto, che cosa c’è dietro. Ed è questa la motivazione che ci spinge a comprare una macchina piuttosto che un’altra, andare in un hotel anziché in un altro”.

Facebook, Instagram e TikTok sono i social più importanti del momento, ma si rivolgono a tre target anagrafici diversi e, di conseguenza, con diverso potere d’acquisto. A priori si potrebbe già fare una selezione, suggerisce Crenna, ma se si sceglie di presidiare anche il social della Generazione Z, allora bisogna essere pronti a “mettersi a nudo” e, soprattutto, “a non prendersi troppo sul serio”.

Per quanto su TikTok abbondino anche video di divulgazione scientifica, infatti, il comun denominatore è il divertimento, e nessuno se ne può sentire esentato. “Soprattutto ai marchi con un nome forte mostrare di non prendersi troppo sul serio aiuta tantissimo, serve a umanizzare. Se persino un’istituzione come la Galleria degli Uffizi è scesa a compromessi, significa che è davvero la strada vincente: nessuno oggi pensa che gli Uffizi valgano meno perché fanno i meme su TikTok”.

Una Stories di Seletti

Altro punto strategico nella comunicazione social è la “contemporaneità tra online e offline”, dice Crenna. “Ormai non c’è più confine: ogni spazio deve funzionare sia per le attività sui social sia per gli eventi dal vivo”.

A questo proposito, Davolio di Seletti racconta che a Natale 2021 hanno coinvolto giovani e popolari tiktokkers in un evento nello showroom di Milano in corso Garibaldi. “Sappiamo che per ingaggiare maggiormente la Generazione Z serve uno storytelling sempre più ironico e dinamico dei nostri prodotti, ma è anche importante incontrare fisicamente questo target”.

 

Sia Lago sia Seletti hanno un dipartimento interno che gestisce la comunicazione digitale. “Il motivo è semplice”, dicono da Lago, “nessuna agenzia riuscirebbe al 100% dentro al cuore pulsante di un’azienda”.

“Questo è vero”, osserva Riccardo Crenna. “Infatti, noi come società di consulenza affianchiamo l’azienda, non ci sostituiamo al team interno. Esternalizzare tutto non ha senso, i social devono raccontare il Dna del gruppo e solo chi ci lavora dentro può farlo. Il nostro metodo prevede la formazione o il reperimento di risorse. È un’operazione ‘a due mani’, creativa da fuori, operativa dall’interno”.

L’errore più comune, tuttavia, resta quello di rivolgersi ad un’agenzia di pubblicità che si occupa anche di altri settori. Architetto proprio come l’altra fondatrice di Simple Flair, Simona Facco, Crenna sostiene che “il mondo del design è peculiare, e non ci puoi mettere a lavorare chi si occupa di motori. Sempre di più, infatti, sui social saremo chiamati a parlare di cose che dobbiamo conoscere. Questo fa già la differenza e la farà sempre di più. Rispetto agli inizi, oggi è davvero la qualità che conta”.